Tagmarx

La natura della critica del capitalismo di Marx

L

La critica del capitalismo di Marx è una delle forme concrete storiche della critica del capitalismo. Essa è una condizione necessaria, ma non sufficiente per lo sviluppo della critica contemporanea del capitalismo. La crisi ecologica e sociale sempre più drammatica, creata dal capitalismo, impone la necessità di un nuovo pensiero rivoluzionario basato non soltanto sull’umanesimo essenziale, ma innanzitutto su quello esistenziale. Si tratta, infatti, della creazione di una  coscienza contemporanea della classe del proletariato, dove si mettono in questione anche quelle idee di Marx sulle quali si fonda la sua concezione della rivoluzione socialista e del futuro, che sono considerate l’inviolabile punto di partenza  della critica del capitalismo della sinistra.

Il pensiero di Marx “ricopre” la totalità della vita dell’uomo quale essere sociale e storico ed offre la possibilità di cercare risposte a numerose domande cruciali poste dall’essere umano contemporaneo. Esso non contiene il punto più importante: l’analisi dello sviluppo del capitalismo come ordinamento distruttivo e, in questo contesto, la considerazione di un futuro possibile dell’umanità. La questione non è “se Marx sapeva” oppure “se poteva sapere” che il capitalismo è un ordinamento distruttivo (poiché a suo tempo la distruzione capitalistica della natura e dell’essere umano non aveva proporzioni drammatiche come lo è oggigiorno), ma che la sua critica del capitalismo trascura la sua essenza – il che mette in dubbio la sua esattezza, la dottrina politica basata su di essa e l’idea del futuro che ne consegue. Il pensiero di Marx ha portato la critica del capitalismo dalla sfera esistenziale (Fourier) in quella essenziale ed in questo modo ha contribuito alla mutilazione della (auto)coscienza di classe di lavoratori  come anche alla mutilazione della critica del capitalismo e, quindi, alla mutilazione della lotta politica contro il capitalismo. Nella sua critica Marx ha trascurato il punto più importante: la lotta contro il capitalismo non è soltanto la lotta per la libertà dell’essere umano ma è, allo stesso tempo, la lotta per l’esistenza dell’umanità.

Riguardo all’affermazione che il pensiero di Marx indica la natura distruttiva del capitalismo, sorge la questione:  perché Marx nel suo scritto più importante Il manifesto del partito comunista, come pure in altri testi nei quali invita lavoratori alla lotta contro il capitalismo, non indica la natura distruttiva del capitalismo e non invita lavoratori alla lotta per prevenire la distruzione della vita sulla Terra? Se Marx fosse arrivato alla conclusione che il capitalismo è un ordinamento distruttivo della vita, non dovrebbe essere logico che l’invito alla lotta per preservare la vita sarebbe stato, se non il contenuto più importante (che per sua natura dovrebbe esserlo), ma certamente uno dei più importanti del suo programma rivoluzionario? In tal caso, l’essere storico (sociale) della classe operaia non sarebbe stato  altrettanto condizionato dalla natura ecocida del capitalismo e non avrebbe la trasformazione di operai dalla classe in se nella classe per se implicato lo sviluppo di una coscienza emancipata ecologica? Non avrebbe, dunque, l’operaio quale essere di classe ed umano avuto il “compito” non solo di fare i conti con la società di classe e liberare l’umanità dall’oppressione, ma altrettanto di prevenire la sua distruzione?

La vera natura della critica del capitalismo di Marx può essere vista dagli scritti dei suoi seguaci, rimasti fedelissimi al suo pensiero. La distruzione capitalistica della vita e dell’uomo quale essere biologico ed umano non è stato, fino ai giorni nostri, il soggetto di un’analisi seria di teoretici marxisti. Nemmeno i teoretici marxisti più radicali del capitalismo hanno dato un’importanza particolare alla verità che il capitalismo nella sua essenza è un ordinamento distruttivo. Se Marx a suo tempo non ha messo in rilievo le tendenze distruttive dello sviluppo del capitalismo, perché non lo hanno fatto i suoi seguaci quando è diventato evidente che il capitalismo distrugge la natura e l’essere umano? La risposta è semplice: loro non sviluppavano la critica del capitalismo partendo dalle tendenze del suo sviluppo, ma piuttosto si occupavano dell’interpretazione della critica di Marx insistendo ostinatamente sulle nozioni già superate dal capitalismo. Gli scritti di Marx sono diventati una Bibbia peculiare dalla quale si estraggono “verità” nella forma di “giuste” citazioni la cui veridicità viene provata mediante una ciarlataneria verbale tautologica. Essi non contengono la più importante verità: il capitalismo distrugge la natura come un tutto vivificante e l’ uomo quale essere biologico ed umano e, quindi, distrugge la possibilità stessa del futuro, che vuol dire non solo la possibilità della trasformazione del mondo in un mondo umano, bensì la possibilità della sua esistenza. Il lato peggiore è che “difendere” Marx diventa una lotta contro il tentativo di voler indicare la vera natura del capitalismo e tutta la drammaticità della crisi esistenziale creata dal “progresso” capitalistico e, dunque, la lotta col pensiero critico e conflitto politico  basata sulla verità che  il capitalismo è un ordinamento totalitario distruttivo.

Considerando che per  Marx l’unica vera scienza è la storia e che l’idea della storicità della società umana è la pietra fondamentale della sua idea rivoluzionaria, diventa più ovvio perché il capitalismo non può essere un ordinamento distruttivo. Secondo Marx, il capitalismo è un ordinamento storico. Ciò fa la sua essenza concreta ed è la base della sua persistenza. Il capitalismo è un ordinamento storico in due modi: come risultato e come condizione dello sviluppo storico di società. In ambo i casi esso è una inevitabilità storica. In altre parole, il capitalismo secondo la sua essenza storica non può essere un ordinamento con il quale finisce la storia, soprattutto non un ordinamento che annulla la storia. La storia ha le sue salite e discese, ma nessuna forza è in grado di fermare per sempre la ruota dello sviluppo storico. La teoria della storia di Marx ha una forma metaforica e un carattere antropologico. Parlando della  storia, Marx parla in realtà di essere umano e della sua indistruttibile necessità di libertà  e della sua capacità di creare, mediante lo sviluppo delle sue creatività universali e con la lotta contro l’ingiustizia, un mondo umano. Periodi storici nello sviluppo d’umanità sono dei scalini per i quali  l’essere umano sale e dai quali cade per raggiungere, nonostante tutti gli ostacoli e le cadute, quelle elevatezze che aprono l’orizzonte ad una libertà incondizionata. La libertà è lo “spirito” che dà il senso alla vita umana e come tale è il tessuto connettivo della storia. La concezione di Marx di storicità della società è basata su un ottimismo libertario: il comunismo è una necessità perché la libertà dell’ essere umano è una necessità. L’ottimismo libertario presuppone l’ottimismo esistenziale basato sullo sviluppo di forze produttive mediante le quali l’essere umano si rende  indipendente dagli elementi naturali e sviluppa le proprie forze creative. Poiché la libertà è il punto essenziale della concezione di Marx della storicità della società e la condizione inviolabile del futuro, la concezione della storia di Marx si basa, naturalmente, su apriorismo esistenziale.

Sul piano metodologico, il pensiero di Marx offre la possibilità per lo sviluppo della critica contemporanea del capitalismo. Partendo dal più importante postulato metodologico di Marx che “l’anatomia dell’ essere umano è la chiave per capire l’anatomia di una scimmia”, è necessario sviluppare una tale critica del capitalismo che prende in considerazione il capitalismo monopolistico nella sua ultima (“consumistica”) fase di evoluzione nella quale si sono sviluppate totalmente le contraddizioni del capitalismo come un ordinamento distruttivo che sempre più drammaticamente minaccia l’esistenza dell’umanità. Le forme più sviluppate della critica del capitalismo, le quali corrispondono alla fase più alta del suo sviluppo, rappresentano  il punto di partenza per capire le forme precedenti della critica del capitalismo: alla luce delle forme più sviluppate della critica, le forme precedenti acquistano una legittimità storica concreta. I postulati più importanti di Marx ottengono riconoscimento storico concreto ed un valore politico (variato) soltanto nel contesto di una critica sviluppata del capitalismo come ordinamento che mette in pericolo l’esistenza dell’essere umano e della vita sul Pianeta. Senza ciò, questi vengono ridotti ad una retorica umanistica astratta che allontana la mente critica-variata dalle questioni esistenziali fondamentali. Nel mondo contemporaneo, la critica  di Marx al capitalismo quale ordinamento di sfruttamento non ha perso il suo significato. Tuttavia, essa acquista un concreto senso storico nel contesto nel diventare del capitalismo un ordinamento totalitario distruttivo. La lotta contro il capitalismo non è soltanto una questione libertaria ed economica dei lavoratori, ma è piuttosto diventata la questione  basilare esistenziale di umanità.

Malgrado l’uso di metodi scientifici e dei risultati scientifici ottenuti, il pensiero di Marx non è di natura scientifica, bensì politica. Marx non è interessato all’ “obiettivismo” scientifico e filosofico, bensì alla prassi rivoluzionaria degli oppressi. Il suo pensiero è una critica libertaria del capitalismo che tende ad  invitare i lavoratori a fare finalmente i conti con la società di classe. La sua non è soltanto una critica del capitalismo, ma è il senso della rivoluzione proletaria. La critica del capitalismo di Marx ha per obiettivo di sviluppare nel proletariato una coscienza critica-variata senza compromessi e non di indirizzare la mente verso discussioni teoretiche. Essa riconosce se stessa come una “coscienza di prassi che cambia il mondo”, cioè come uno strumento nella lotta di classe. L’essenza umana non si raggiunge mediante futili contemplazioni, ma mediante la lotta per la libertà che implica lo sviluppo creativo e libertario dell’ essere umano. La scienza e la filosofia non hanno una dimensione obiettiva, ma sono uno strumento nella lotta di classe. Questo è l’atteggiamento di Begnamin e Brecht quando si tratta d’arte, e di Bloch quando si tratta di sport e di cultura fisica. La prassi rivoluzionaria degli oppressi è la forza che deve trasformare le possibilità oggettive della libertà nelle possibilità reali della liberazione dell’essere umano.

Per Marx, la verità è un sinonimo della libertà. Essa non è di carattere relativo, ma assoluto e si basa sulla natura dell’essere umano quale essere universale creatore di libertà, e sullo sviluppo storico della società. La verità non si raggiunge mediante discussioni teoretiche, ma mediante la lotta per la libertà che comprende la realizzazione delle possibilità umane vere, e la trasformazione della società in una comunità di persone libere. La verità ha una natura storica-concreta, vale a dire che la sua essenza è determinata da possibilità concrete di ottenimento della libertà in un epoca storica concreta. Per Marx, la rivoluzione non è un principio basilare ontologico, gnoseologico ed assiologico, ma un principio fondamentale libertario. Non è la coscienza teoretica che deve essere una guida dei lavoratori nella loro lotta contro l’ordine dominante e per il futuro, bensì la loro esistenza sociale concreta, il loro stato di lavoratore salariato totalmente subordinato, l’incertezza esistenziale, l’umiliazione quotidiana… La coscienza rivoluzionaria dei lavoratori esprime il loro bisogno di libertà e di giustizia sociale. Allo stesso tempo, l’approccio scientifico nella teoria di Marx non serve soltanto ad indicare la natura inumana del capitalismo, come anche la sua temporaneità e, dunque, il suo inevitabile fallimento, ma per creare barriere al determinismo (fatalismo) natural-scientifico ed al mero volontarismo rivoluzionario che può portare alla precocità della rivoluzione socialista e, quindi, al suo fallimento (da lì il suo atteggiamento critico riguardo alla “Comune di

Parigi” ancora prima della sua formazione) che può avere conseguenze negative sullo sviluppo del movimento operaio. Anche questo “particolare” indica quale importanza Marx dà all’entusiasmo rivoluzionario dei lavoratori, ma altrettanto alla loro autocoscienza basata sulla valutazione oggettiva delle condizioni sociali (storiche) concrete per unapossibile rivoluzione. Marx era cosciente che una rivoluzione socialista sarebbe riuscita, cioè, che avrebbe aperto la strada ad una società comunista, soltanto se fosse eseguita al posto giusto (paesi capitalistici più sviluppati d’Europa) e nel momento giusto (al punto culminante di una crisi economica e, su questa base, di una crisi sociale generale).

Il pensiero di Marx offre la possibilità di stabilire la differenza del principio tra un’insurrezione di lavoratori ed una rivoluzione socialista. Un’insurrezione di lavoratori non è di per se una rivoluzione socialista; essa diventa una rivoluzione socialista soltanto se abolisce il capitalismo in modo da stabilire un ordine (socialista) che supera il capitalismo ed apre la strada per creare una società comunista. In altre parole, una rivoluzione socialista è possibile soltanto sulla base di una crisi economica, cioè sociale-generale che implica le contraddizioni capitalistiche completamente sviluppate. Soltanto sulla base di una rivoluzione socialista autentica è possibile creare una società vera, in  quanto tale da presupporre il superamento definitivo del capitalismo. Se è creata  una vera società socialista, il capitalismo non è più possibile. Il vero segnale del superamento finale del capitalismo è quando una società socialista diventa comunista.

La teoria di Marx non tratta le forme possibili dello sviluppo del capitalismo ( ed, in questo contesto, le forme possibili della lotta politica di classe sia quella borghese che quella del mondo operaio), ma riguarda la sua abolizione (il suo superamento) ed, in questo contesto, parte dal mito strumentalizzato politico dell’imminente fallimento del capitalismo. Il punto essenziale della XI Tesi su Feuerbach è di dare l’importanza primaria alla prassi variata poiché, secondo Marx, nei paesi capitalistici più sviluppati d’Europa sono già state create possibilità oggettive per i cambiamenti rivoluzionari. Non è questione soltanto della critica della filosofia borghese, ma del fatto che il mondo ragionevole sul quale insistono Kant e Hegel, non può essere il risultato della  riflessione di filosofi, ma il risultato della lotta politica di ceti sociali privati dei loro diritti. La Rivoluzione francese borghese è stata condotta dalle “masse” operaie oppresse e dalla borghesia private dei loro diritti, mentre la filosofia classica tedesca ha tratto vantaggio dalla lotta politica dei disprezzati trasformando lo spirito rivoluzionario nei postulati filosofici diventati la base di una teoria e prassi politica che è stata il presupposto per la creazione in Germania di una società borghese e di uno stato unitario – e nello stesso tempo per  prevenire una rivoluzione borghese. Le “masse” operaie “irragionevoli” sono diventate una forza motrice nel creare un mondo ragionevole. Marx parte dalle idee-guida della Rivoluzione francese borghese, ma non come mezzo per procurare legittimità “umanistica” all’ordinamento dominante, bensì come  principio basilare politico nella lotta per un mondo umano. Egli parte dagli ideali umanistici dell’epoca moderna, adoperandosi che questi saranno realizzati. La sua visione predominante del futuro non si basa sulla creazione di un’immagine idealizzata di una società futura, ma sulla critica del capitalismo e sulla fiducia nella dignità libertaria e nelle forze  creative dell’essere umano: l’ uomo come essere realizzato universale creatore di libertà è “l’immagine” del futuro.

Tacitamente, non è solo la natura del capitalismo, alla quale si arriva mediante metodi empirici ed analisi scientifiche, quella che condiziona la lotta politica contro il capitalismo, ma lo è anche la natura della lotta politica considerata di essere in grado di portare alla distruzione del capitalismo. In fondo, la natura concreta e le capacità della classe operaia come soggetto di rivoluzione condizionano l’attitudine nei confronti del capitalismo e, dunque, determinano il suo carattere. La stessa “natura del capitalismo” viene strumentalizzata a motivo di realizzare una lotta politica più efficace contro il capitalismo. La tesi di Marx che “la teoria corretta è la coscienza di una prassi che cambia il mondo” indica che il cambiamento del mondo è il criterio per valutare la correttezza della teoria. Poichè non c’è il cambiamento del mondo senza la lotta rivoluzionaria del proletariato, ne consegue che la teoria corretta può (e deve) porre, anzitutto, quelle domande che offrono la possibilità di arrivare al cambiamento, e ciò significa che possono motivare l’essere umano a combattere per un mondo nuovo come un essere concreto sociale, partendo da sfide concrete (esistenziali). La questione di esistenza del mondo vivente e dell’umanità non si è trovata all’ordine del giorno poiché era molto astratta per  l’essere umano sopraffatto dalla minaccia esistenziale immediata, vissuta quotidianamente come mano d’opera salariata totalmente subordinata, costretto ad  iniziare la lotta per cambiare la sua posizione da schiavo. Per Marx,  la questione primaria non è stata la crisi ecologica, ma quella economica ed in questo contesto la condizione esistenziale della classe operaia. E’ risultato che la crisi economica colpisce l’essere umano più immediatamente e più drammaticamente che non quella ecologica. Se la crisi ecologica creata dal capitalismo nella seconda metà del XIX secolo fosse potuta essere strumentalizzata e fosse diventata l’impulso per lavoratori nella lotta contro il capitalismo, avrebbe Marx ignorato l’avvertimento di Fourier dell’inizio del XIX secolo sulla distruzione della natura e sul cambiamento del clima e non si sarebbe “accorto” che il capitalismo di sua natura è un ordinamento distruttivo, e avrebbe Engels nell’ultima decade della sua attività creativa, quando richiamava l’attenzione sulla distruzione della natura, spostato la responsabilità dal capitalismo all’umanità usando un astratto “noi”?

Il modo stesso di porre questioni ed ottenere risposte è l’espressione del  rapporto concreto dell’essere umano nei confronti di problemi esistenziali ed essenziali (in fondo, nei confronti del mondo attuale e di quello futuro) imposti da un’epoca storica concreta. Le questioni vengono poste in un modo quando c’è la certezza esistenziale (sulla quale si basa il modo moderno di pensare) e quando il possibile annientamento del mondo ha un carattere astratto (in cinque o dieci milioni d’anni), ed in un modo completamente diverso quando l’umanità sta di fronte ad una sempre più reale possibilità di distruzione. Nella XI Tesi su Feuerbach Marx ha dato la priorità al principio creativo-variato su quello contemplativo, ma il cambiamento del mondo non appare in Marx in relazione ad una sempre più reale possibilità della sua distruzione, bensì in relazione all’ingiustizia ed alle possibilità limitate dello sviluppo di forze produttive basate su proprietà privata, come anche in relazione alle possibilità emancipatrici create nella società borghese e alle  possibilità creative dell’essere umano quale essere universale creatore di libertà. Il pensiero di Marx si basa altrettanto sulla certezza esistenziale, ma il rapporto tra teoria e prassi è posto in un contesto essenziale. Le cose acquistano un senso diverso quando la questione viene posta in un contesto esistenziale, vale a dire quando si prende in considerazione il pericolo sempre più reale che il capitalismo distruggerà l’umanità.

 

Translated from Serbian by Mirjana Jovanović

“Alienazione” e distruzione

&

Quello di “alienazione” è un concetto di base su cui si fonda la critica di Marx al capitalismo, e “dis-alienazione” è una idea-chiave su cui si basano l’intenzione libertaria della sua critica al capitalismo e la sua visione del futuro. Il divenire del capitalismo un ordinamento totalitario di distruzione ha reso il concetto marxiano  di “alienazione” insufficiente ad offrire la possibilità per la individuazione di un punto di partenza adeguato per una critica del capitalismo. La contemporanea alienazione dell’essere umano non ha soltanto un carattere disumano, ma anche un carattere distruttivo. Essa implica la distruzione della natura come generatrice di vita nel suo complesso, dell’uomo come essere umano e biologico, e dell’eredità emancipatrice delle culture nazionali e della società civile, cioè della mente visionaria e dell’idea di novum. Con l’annientamento della coscienza culturale e libertaria, viene distrutta la possibilità per l’essere umano di diventare consapevole della propria alienazione e di mettere in atto un allontanamento dal capitalismo critico e creatore di cambiamento.

Quando il capitalismo è diventato un ordinamento totalitario di distruzione, non solo la proprietà privata, il lavoro e il mercato, ma anche la vita stessa sono diventate un mezzo per l’alienazione dell’uomo dal suo essere naturale e umano. A differenza delle precedenti classi dominanti, la borghesia tende ad includere  i ceti lavorativi  non solo nella propria sfera di valori, ma anche in quella della sua vita. Il lavoratore non è solo un produttore, ma anche un consumatore di merci e, come tale, un creatore del mercato, e cioè uno strumento per la soluzione della crisi di sovrapproduzione. Le distruttive pratiche consumistiche sono diventate l’aspetto dominante dell’attività vitale dell’essere umano ed il modo principale per intrappolare il lavoratore nell’orbita esistenziale del capitalismo e dei suoi valori. Lo stile di vita capitalistico (la “società dei consumi”) diventa un potere totalizzante che non risparmia nessuno e dal quale nessuno può sfuggire. La commercializzazione della vita è la peggior forma di totalitarismo che sia mai stata sviluppata nel corso della storia umana perché subordina completamente la natura, la società e l’essere umano alla macchina distruttiva della riproduzione capitalistica. La sua essenza è codificata nella massima mostruosa “Il denaro non puzza!” che, allo stesso tempo, esprime l’essenza della barbarie capitalistica ecocida.

In Marx, l’umanità – quindi in primo luogo la libertà e la creatività – rappresenta la più importante qualità dell’essere umano, la qualità verso la quale viene applicato il concetto di “alienazione”. Essa è possibile poiché un uomo, nella sua essenza, è un essere umano: l’uomo può diventare inumano proprio perché è un uomo. Secondo Marx, anche se il sentimento umano può essere soppresso e degenerato, esso non può essere annientato. Malgrado la manipolazione e la repressione, detto con le parole di Goethe: “un uomo buono nel suo impulso indistinto è del tutto consapevole del suo retto cammino”. (Goethe: “… ein guter Mensch in seinem dunklen Drange ist sich des rechten Weges wohl bewusst…”) Il concetto di “alienazione” dell’essere umano si manifesta in relazione alla possibilità di una sua “disalienazione”, il che significa che, nonostante la totalizzazione capitalistica della vita, il capitalismo  non può riuscire a cancellare nell’uomo il sentimento umano, così che  questo, in un opportuno momento storico (una crisi economica del capitalismo), si può manifestare sotto forma di coscienza ed esperienza rivoluzionarie. La “dis-alienazione” rappresenta un principio universale ed implica la liberazione dell’essere umano dal ruolo disumano che il capitalismo gli impone. E ‘di fondamentale importanza che l’idea di Marx di “alienazione” si riferisce al fatto che l’uomo sotto il capitalismo diviene alienato dalla propria umanità in quanto viene alienato dal suo autentico potenziale umano, vale a dire, alienato da ciò che egli come essere creativo universale può diventare. Ogni uomo porta dentro di sé un illimitato potenziale di umanità – questo è il più importante messaggio umanistico di Marx e rappresenta la base della sua visione del futuro. Quanto al capitalista, egli, essendo un capitalista, non può diventare un essere umano a meno che, come uomo, non si emancipi dal capitalismo, innanzitutto assicurando la propria esistenza per mezzo del proprio lavoro. L’eliminazione delle differenze di classe e dei rapporti di classe non significa solo il ripristino del lavoratore quale autentico essere umano, ma anche il ritorno del capitalista al proprio stato di uomo. La rivoluzione socialista, per mezzo della quale ha luogo l’eliminazione la società divisa in classi basata sulla proprietà privata dei mezzi di produzione, priva anche i capitalisti della loro disumanità: i capitalisti non esistono senza il capitalismo. Obiettivo della rivoluzione socialista non è quello di sterminare i capitalisti, ma di porre fine alla società di classe e di creare relazioni sociali tali da rendere per ogni uomo possibile la realizzazione, insieme con gli altri, delle sue autentiche capacità umane.

Alla luce della tendenza prevalente nello  sviluppo del capitalismo, invece del concetto marxiano  di “alienazione”, l’idea di distruzione dovrebbe diventare il punto di partenza nella critica del capitalismo. Quest’idea offre l’opportunità di percepire la più significativa e, per l’umanità e il mondo vivente, la più rovinosa potenzialità del capitalismo. Il concetto di distruzione non si limita a definire lo status dell’uomo sotto il capitalismo e il suo rapporto con la natura intesa come oggetto di lavoro e come “corpo inorganico” (Marx) dell’uomo, ma descrive anche la relazione del capitalismo verso il mondo vivente, vale a dire verso la natura come un tutto ecologico e, in tale contesto, verso l’uomo come essere biologico e umano. Il capitalismo non solo aliena il mondo naturale dall’essere umano ma, distruggendola, trasforma la natura in nemico mortale dell’uomo. Non è l’alienazione, ma la distruttività del lavoro che è dominante nel capitalismo; non è la manipolazione ma l’obliterazione della natura, non la soppressione della natura erotica dell’essere umano e il deterioramento dei suoi sensi, ma la degenerazione umana e biologica (genetica) dell’essere umano; non solo il far apparire l’uomo insano di mente ma lo svuotamento della sua mente … Nel diventare sempre più un ordinamento totalitario di distruzione, il capitalismo annulla ogni possibilità di conflitto tra l’umano e l’inumano distruggendo l’umano ed eliminando così la possibilità di alienazione: quanto meno l’uomo rimane uomo, tanto minore è la possibilità di una sua alienazione da sé stesso in quanto essere umano.

Lo sviluppo del capitalismo come ordinamento totalitario di distruzione pone la domanda: può il capitalismo degenerare l’uomo così da eliminare tutte lesue caratteristiche umane?  Considerata la follia distruttiva prevalentemente nei paesi capitalisti più sviluppati, non è irragionevole concludere che il capitalismo ha superato i limiti antropologici immaginati da Marx con il suo concetto di “alienazione”: che sarebbe riuscito solamente a degenerare l’essere umano a tal punto che i suoi “bisogni” distruttivi si sarebbero trasformati nel potere che lo motiva e dà senso alla sua vita. Non si tratta solo dell’alienazione dell’uomo dalla sua essenza umana, ma della sua degenerazione in quanto essere umano e biologico. Il capitalismo non solo disumanizza l’uomo, ma altresì lo snatura, lo priva delle caratteristiche proprie degli esseri viventi. Il capitalismo costringe l’uomo non solo ad agire come una parte meccanica del processo di lavoro industriale, distorcendolo così fisiologicamente, come sostiene Marx, ma lo deforma anche geneticamente e lo mutila in quanto essere vivente. Si tratta di una mutazione capitalisticamente prodotta dell’uomo da essere naturale e culturale a meccanismo lavorativo-distruttivo (consumistico). La “reificazione” dell’uomo da parte del mercato capitalistico è stata anche seguita dalla sua trasformazione da lavoratore e consumatore, a complice nella distruzione del mondo. La distruzione è diventata un autentico bisogno dell’essere umano capitalisticamente degenerato.

La vita basata sul totalitarismo capitalista distruttivo è diventata la causa della degenerazione fisica e mentale tra le persone. La “società dei consumi” costringe l’essere umano ad adattarsi all’ordinamento dominante attraverso la distruttiva attività consumistica, che “risolve” la crisi di sovrapproduzione con una sempre più intensiva distruzione di merci (dinamica di distruzione), liberando così nuovi spazi nel mercato. Ciò condiziona nella maniera più immediata lo stile di vita, la mentalità e l’orizzonte di valori del (piccolo) borghese contemporaneo. La differenza tra il capitalismo “classico” e quello contemporaneo sta nel fatto che il capitalismo contemporaneo sfigura e degenera le persone non solo riducendo ogni necessità umana alla “necessità di possedere” (Marx), ma anche alla necessità di distruggere. “Possedere” implica il possesso permanente e l’utilizzo del patrimonio. La durabilità, che un tempo rappresentava la più alta qualità delle merci, in una “società dei consumi” diventa il più grande ostacolo alla rinnovata richiesta del mercato e alla crescita del capitale. I beni (le merci) non sono più un feticcio, come sostiene Marx, ma è la distruzione, in sé, che è divenuta il feticcio. Il capitalismo trasforma l’energia creatrice di vita (erotica) dell’essere umano in una macchina per la distruzione. In questo modo si distrugge l’ autentica socialità e si crea la socialità distruttiva. Distruggere la più grande quantità di merci nel più breve tempo è diventato l’obiettivo finale per il fanatico capitalista contemporaneo. Durante le vendite di Capodanno 2011, in un centro commerciale a Londra è apparso lo slogan: “Acquisto, dunque esisto”. Questa grottesca parafrasi della massima di Cartesio, cogito ergo sum, indica in modo inequivocabile il carattere della degenerazione capitalistica contemporanea dell’uomo. Il risultato finale e più rovinoso dello sviluppo della “società dei consumi” è la distruzione dell’essere umano quale essere razionale e la trasformazione della comunità umana in una folla di fanatici distruttori capitalisti.

Marx sottolinea che il capitalismo sviluppa bisogni umani universali, e nei Manoscritti economico-filosofici egli sostiene che il capitalismo riduce tutto il bisogno umano al bisogno di possedere: “La proprietà privata ci ha reso così ottusi e unidimensionali che un oggetto diventa nostro solo quando noi lo possediamo, cioè solo quando esiste come un bene per noi o quando è posseduto direttamente, mangiato, bevuto, portato, abitato, ecc, da noi, in una parola, usato. Ma la proprietà privata stessa vede queste realizzazioni dirette di possesso semplicemente come mezzi per vivere, ma la vita per la quale dovrebbero essere strumentali è una vita di proprietà privata, lavoro e capitalizzazione” (…)”Tutte le sensazioni fisiche e spirituali o sentimenti sono sostituite dall’alienazione di tutti quei sentimenti in sentimento di possesso. L’essere umano doveva essere ridotto a questa povertà assoluta al fine di generare una ricchezza interiore all’interno di sé stesso …” Che cosa è questa “ricchezza interiore” che l’essere umano “estrae da sé” quando il capitalismo lo riduce alla “povertà assoluta”? Questo gioco di parole, basato sull’ottimismo libertario  per cui l’umanità diventa un’astrazione, nasconde la verità che il capitalismo può degenerare l’essere umano a tal punto che egli perde la sua umanità, una qualità senza la quale egli non avrà bisogno di giustizia e di libertà e, perciò, non lotterà per un mondo giusto e libero. Marx, tuttavia, avrebbe potuto sviluppare la sua critica fino alle estreme conseguenze, disponendo i problemi in modo tale da concludere che il capitalismo degenera completamente l’essere umano, e quindi elimina qualsiasi possibilità di dis-alienazione, perfino la possibilità stessa che l’essere umano possa creare un nuovo mondo. In questo modo, il limite antropologico sarebbe stato superato e quindi la disposizione a lottare contro il capitalismo sarebbe senza senso. Secondo Marx, malgrado il fatto che l’uomo è alienato da sé stesso, nel profondo del suo essere la fiamma dell’ umanità continua a bruciare e divamperà e pervaderà il mondo intero con la sua brillantezza ed il suo calore incoraggiato dalla lotta comune contro il capitalismo e per un mondo umano. Indiscutibilmente la visione del futuro dovrebbe essere basata sulla fede nell’essere umano, ma anche sulla  consapevolezza che il capitalismo è in grado di distruggere il sentimento umano nell’uomo.

Marx sostiene che l’essere umano sotto il capitalismo è alienato da sé stesso ed è sottoposto a reificazione, che il lavoro lo degenera, eccetera, ma al tempo stesso sostiene che il capitale produce una “universalità”, i cui limiti sono nella stessa natura del capitale. Marx afferma: “L’universalità, verso cui il capitale irresistibilmente tende, trova nella sua stessa natura quei limiti che, a un certo livello del suo sviluppo, si tradurranno nella consapevolezza che esso stesso è il limite maggiore di questa tendenza e sarà, pertanto, costretto alla auto-eliminazione.” Marx non riesce a notare il reale carattere della universalità capitalistica e non distingue l’universalità nel senso tecnico dalla universalità nel senso umanistico. La varietà di forme tecniche di rielaborazione della natura non implica, di per sé, lo sviluppo di capacità creative universali dell’essere umano né alcuna apertura dello spazio di libertà. Il capitalismo non sviluppa bisogni universali dell’uomo, ma forme universali di manipolazione dell’uomo, che sono di carattere essenzialmente disumanizzante e s-naturalizzante. Esso annienta gli autentici bisogni dell’essere umano e la stessa possibilità di avere bisogni propri, e gli impone dei “bisogni” e un modo in cui vanno soddisfatti in maniera tale da degenerare l’essere umano sia biologicamente che mentalmente. Il capitalismo plasma l’essere umano a propria immagine – trasforma l’uomo in un essere distruttivo, e trasforma le sue potenziali capacità creative universali in poteri distruttivi universali. Marx parla dell’”universalità verso cui il capitale tende irresistibilmente”, tuttavia, questo non riguarda lo sviluppo di autentiche esigenze e capacità umane, ma, in fondo, riguarda lo sviluppo di standard consumistici che degradano la qualità della vita e quindi degenerano l’uomo in quanto essere universale creatore di vita. Il capitalismo produce falsi bisogni, repressivi e distruttivi, e trasforma l’uomo in un produttore disumanizzato e in un consumatore distruttivo. Quanto più l’uomo è povero di spirito e quanto più inadeguate sono le relazioni interpersonali, tanto più grande è il suo bisogno di distruggere sia le cose sia tutto ciò che è naturale ed umano. Vi è il rischio concreto che il capitalismo degeneri l’uomo a tal punto che egli non sarà – né vorrà essere – in condizione di opporsi alla distruzione della vita.

Il capitalismo non soltanto priva l’uomo della sua patria storica, ma anche della sua patria naturale. Esso esaurisce la natura come sorgente di materie prime e di risorse energetiche in modo tale da snaturarla, e quindi s-naturalizza e dis-umanizza l’essere umano. Nella stragrande maggioranza dei paesi più sviluppati si vive e si lavora in spazi che sono diventati gabbie tecnologiche ed in città che si sono trasformate in campi di concentramento capitalistici. Al loro interno la degenerazione capitalistica della natura, della vita e dell’uomo ha raggiunto il suo apice: l’uomo è “illuminato” dalla luce artificiale, respira aria inquinata, beve acqua inquinata, mangia cibo tossico, vive una vita che corrode il suo legame con la natura ed il suo essere naturale… Allo stesso tempo, l’annientamento della natura come “corpo inorganico” dell’uomo (Marx) implica una distruzione del corpo quale insieme creatore di vita, dei sensi, del sistema nervoso, del ritmo naturale di lavoro dell’organismo, della sua capacità riproduttiva, del potenziale creativo del corpo…  Il capitalismo crea un mondo pervertito ed un uomo che corrisponde a questo mondo, e che in quanto essere pervertito, non è in grado di discernere ciò che è bene da ciò che è male, quello di cui ha bisogno da quello di cui non ha bisogno…  Il piccolo borghese capitalista è una Alice nel “paese delle meraviglie” capitalisticamente degenerata che non percepisce più le meraviglie in quanto tali perché ha perso la sua capacità di ragionare e con essa la capacità di meravigliarsi. La macchina propagandistica dominante e lo stile di vita capitalistico inducono l’essere umano a percepire il mondo in maniera errata; a sperimentare il mondo in modo erroneo; a pensare in maniera erronea e, di conseguenza, a comportarsi in modo erroneo-distruttivo. Tutto diventa qualcosa di diverso da quello che realmente è e che, in una prospettiva umanistica, potrebbe essere. Le persone che lottano per la libertà diventano “terroristi” e coloro che terrorizzano il mondo intero diventano “salvatori del genere umano”; una insipida Coca Cola diventa “La Cosa Vera!”; farmaci che uccidono le persone diventano “fonti di salute”; è “normale” che le persone siano preoccupate che la loro squadra vinca la partita di calcio, ma non siano preoccupate per la sopravvivenza del genere umano e del mondo vivente… Al tempo stesso, il capitalismo crea mondi virtuali nella mente delle persone. Dalla prima infanzia le persone si identificano con i personaggi degli schermi della TV e dei computer e percepiscono quelle vite falsate e subdolamente imposte come se fossero le proprie. L’essere umano vive nel mondo reale solo attraverso il proprio corpo fisico, e perfino questo corpo è degenerato dal capitalismo.

Il capitalismo non solo non sviluppa bisogni e capacità universali ed umani, ma produce meccanismi per la liquidazione generalizzata di quei bisogni che definiscono l’uomo in quanto tale. Il prodotto più significativo della macchina pubblicitaria capitalistica non è convincere la gente a comprare ciò che è pubblicizzato, ma è la distruzione della loro capacità di ragionare e la loro trasformazione in una folla di consumatori idiotizzata. Una delle principali caratteristiche del piccolo borghese capitalisticamente degenerato è che lui non guarda il mondo con i propri occhi e non pensa con il proprio cervello. Privare l’essere umano della capacità di ragionare non è soltanto di importanza economica, ma anche di notevole importanza politica. Ciò permette all’oligarchia capitalistica di imporre al popolo, attraverso le tecniche della pubblicità, non solo programmi politici ed economici che sono antitetici ai suoi interessi umani, ma anche uno stile di vita che porta alla distruzione dei fondamenti naturali e sociali della sua sopravvivenza. Allo stesso tempo, lo stesso stile di vita consumistico è diventato una forma capitalisticamente degenerata di realizzazione dell’uomo come essere politico. Vivere in modo consumistico la vita è il modo più significativo in cui l’essere umano esprime la sua fedeltà al capitalismo. Ponendo una elementare, ragionevole domanda: “Perché dovrei comprare una cosa che non mi serve?” – l’uomo dimostra che, nonostante tutto, egli continua ad esistere come essere umano autonomo e così scredita il capitalismo come ordinamento distruttivo totalitario.

Vi è un rischio sempre più reale che il capitalismo possa pervertire l’essere umano a tal punto che egli non sarà più in grado di comprendere il mondo e relazionarsi ad esso come un autentico essere umano naturale. Contribuiscono a questo anche il processo sempre più intensivo di impoverimento e la tecnicizzazione del linguaggio che ha degenerato il processo del pensiero e limitato la possibilità di qualsivoglia espressione dell’umano nonché di qualsiasi sviluppo delle relazioni interpersonali. Le persone non sono in grado di distinguere l’apparente dall’essenziale, il falso dal vero, il fondamentale dal marginale, la causa dal fattore scatenante, il passato dalla storia, l’alterità dal novum, l’uguaglianza dall’uniformità, l’intelligenza dalla ragione, il logico-formale dalla dialettica, il progresso dal progressismo, il virtuale dal vero, il reale dall’illusorio, il giusto dal legale, l’utopico dall’utopistico… Allo stesso tempo, il retaggio culturale del genere umano diventa inaccessibile ad un numero sempre maggiore di persone, perché non sono in grado di capirlo e apprezzarlo. Il fatto è che le menti delle persone non sono rimpicciolite, ma piuttosto capitalisticamente degenerate. Questo vale soprattutto per la “intelligenza tecnica” [intellighenzia nel testo originale, ndT] che è la portatrice del “progresso” capitalistico. Infine, si tratta della distorsione della mente delle persone e della loro trasformazione in distruttivi idioti capitalistici.

Nella cosiddetta “società post-industriale”, grazie allo sviluppo della scienza e della tecnica, sono state in gran parte superate quelle forme indebite di lavoro fisico che costringevano l’uomo ad eseguire una attività fisica eccessivamente estenuante e degenerante. Allo stesso tempo, i processi che degradano l’uomo come essere umano e biologico sono stati intensificati, soprattutto con l’avvento dello stile di vita consumistico. L’annientamento del “genere umano tradizionale” è in corso e prevede l’eliminazione di preoccupazioni umane come l’amore, la solidarietà, la simpatia, l’estetica, l’impegno, la saggezza, l’affetto e la cura da parte dei genitori, la storicità, l’essere liberi, l’ autentica socialità… Un prodotto immediato della “società dei consumi” è l’ “uomo-consumatore”, contenuto all’interno del “corpo – consumatore”. Il capitalismo distrugge il corpo umano e lo trasforma in una macchina distruttiva provocando ipertrofia di quelle funzioni corporali che forniscono opportunità per lo sviluppo di processi di consumo ed atrofia di quelle funzioni dell’organismo che non possono essere rese profittevoli. Il capitalismo è diventato un ordinamento distruttivo unidimensionale e, come tale, produce un uomo distruttivo “unidimensionale” (Marcuse). Al tempo stesso, il capitalismo degenera le persone a livello mentale. Decine di milioni di cittadini in Occidente soffrono di depressione, ansia e altre patologie mentali, che sono diventate causa della maggior parte delle forme più gravi di patologia sociale. Lo sport è un settore in cui la distruzione capitalistica dell’umano e del naturale ha raggiunto una dimensione totalitaria e spettacolare. L’individuo che non è disposto ad eliminare il suo “avversario”, insieme al proprio corpo, non ha nulla da cercare nello sport. Lo sport produce gladiatori robotizzati, cascatori ed acrobati circensi, i quali, essendo attori nello show-business dello sport, hanno il compito di privare le persone della loro consapevolezza di sé culturale e libertaria, e di trasformarli in zombie capitalisti. Lo spettacolo sportivo è lo spot commerciale di un mondo capitalisticamente degenerato.

Il capitalismo priva l’essere umano di umanità e naturalità al fine di trasformarlo in un “consumatore ideale” che, senza obiezioni, consumerà quantità sempre più grandi di merci tossiche prodotte dalla macchina capitalistica della morte. In tale contesto la contrapposizione tra il desiderio e la volontà viene eliminata attraverso l’annullamento degli autentici bisogni dell’essere umano e della sua capacità di prendere le proprie decisioni e, quindi, della sua volontà di agire in conformità con le sue reali esigenze e desideri. Il capitalismo trasforma l’essere umano in un consumatore-distruttore, sviluppando i suoi bisogni “normali” fino al livello dell’autodistruzione e generando “nuovi bisogni” al fine della mera espansione del mercato (campi di distruzione). Queste esigenze vengono soddisfatte in modo così tecnico da provocare nell’essere umano la percezione sempre più crescente di sé stesso come essere robotizzato piuttosto che naturale e umano. L’intensità dell’impulso a soddisfare queste esigenze è determinata dalle esigenze del capitale e, in fondo, dalla dinamica della sua valorizzazione ed accumulazione. Il capitalismo annulla la possibilità dell’essere umano di soddisfare i suoi bisogni naturali e umani in modo umano, e sviluppa in lui bisogni artificiali di tipo commerciale che sono, in realtà, presentati come compensazione per l’impossibilità di realizzare i suoi bisogni reali come essere sociale creativo. In tale contesto, il capitalismo non solo produce un eccesso di prodotti con valore d’uso, ma crea sempre maggiori quantità di merci senza alcun valore d’uso. Generare la necessità di ciò che è inutile è il più importante compito del settore pubblicitario. Allo stesso tempo, è necessario creare un interesse per l’effimero, che può essere espresso in forma spettacolare, diventando semplicemente un pacchetto pubblicitario volto a far apparire l’effimero indispensabile, in modo che questioni che sono effettivamente significative per il futuro dell’uomo possano essere marginalizzate e, quindi, eliminate dalla sfera pubblica (politica).

La trasformazione di esigenze distruttive in energia propulsiva per la creazione di mercato e, quindi, per lo sviluppo capitalistico, rappresenta la base per la creazione di un modello normativo da applicare all’essere umano. Tutto viene valutato sulla base di una scala di valori creata dal macchinario propagandistico della “società dei consumi”. Qualunque cosa comprometta lo sviluppo del capitalismo viene eliminata dall’attenzione del pubblico e viene posta in una posizione marginale e distorta, mentre il modello capitalistico di “cittadino esemplare” diventa criterio determinante per il “socialmente accettabile”. Chiunque provi a relazionarsi con il mondo in modo ragionevole, guidato dai suoi autentici bisogni naturali e umani, è disprezzato come “lunatico”. L’immagine dell’ “uomo sano”, in quanto creato dal macchinario propagandistico capitalista, non è quella di un uomo che non ha bisogno di servizi di assistenza medica né medicine, ma è quella di un uomo che consuma una quantità crescente di prodotti farmaceutici sempre più costosi ed è costantemente in cura dai medici. Lo stesso vale per la bellezza. Il concetto di “bello” non è associato a ciò che è genuinamente naturale o spirituale, ma a prodotti e trattamenti medici sempre più costosi. Le donne che non usano i (sempre più tossici) prodotti per il loro corpo e viso e non scelgono di sottoporsi ad interventi chirurgici (che sempre più spesso hanno un esito fatale) diventano incarnazioni di “bruttezza”.

E’ in atto la distorsione degli esseri umani attraverso uno stile di vita consumistico ed un ambiente snaturato. Non è solamente la rovina della salute del lavoratore, di cui scrive Marx, ma una distorsione genetica dell’essere umano. Il capitalismo non solo allontana l’uomo dalla propria esistenza naturale e umana, ma distrugge anche l’uomo in quanto essere naturale e umano. Non è solo “soppressione” di autentici bisogni umani, ma una mutazione dell’uomo indotta capitalisticamente. Il capitalismo produce “bisogni” che hanno un carattere distruttivo e sono “soddisfatti” in modo distruttivo. Trasformare la necessità di vita in esigenza di distruzione è la forma finale della degenerazione capitalistica dell’essere umano. Il capitalismo trasforma l’aggressività vitale intrinseca dell’uomo come essere vivente in necessità di distruzione e consente in tal modo lo sviluppo del potenziale distruttivo del capitalismo. I bisogni di distruzione diventano energia propulsiva per lo sviluppo del capitalismo. Il “bisogno” di distruggere le cose, il “bisogno” di torturare il proprio corpo e di rovinarlo attraverso un regime devastante di allenamento e di doping, il “bisogno” di far soffrire il proprio “partner” per avere un orgasmo; il “bisogno” di abusare di bambini e di indifesi, il “bisogno” di distruggere la natura e tutto ciò che è vivo; il “bisogno” di mangiare eccessivamente e compulsivamente, di bere, di usare narcotici… – queste sono tutte forme distruttive di alienazione dell’essere umano da sé stesso in quanto essere caratterizzato dalla libertà, creativo, erotico, affettivo e sociale. Allo stesso tempo, questi sono i meccanismi compensativi con cui l’essere umano tenta disperatamente di “risolvere” il problema della solitudine, della paura esistenziale, della depressione, della disperazione … – e così facendo può solo esacerbare le cause della miseria umana. Essere un conformista oggi significa adattarsi al capitalismo come ordinamento distruttivo e diventare così un essere distruttivo.

L’oppressione dei deboli è tra le modalità più disumane con cui gli schiavi del capitalismo identificano sé stessi in quanto complici di un ordinamento dominante basato sulla repressione strumentale alla liquidazione di individui. Le immagini di violenza viste in TV ed in Internet tutti i giorni, in cui la violenza è presentata in un modo tecnico-fantastico e spettacolare, contribuiscono a questo. Soppressione, abusi, umiliazioni, torture, omicidi, distruzione… queste sono le scene che si accumulano nel subconscio dalla prima infanzia dell’essere umano e che condizionano inevitabilmente le sue relazioni con gli altri. Allo stesso tempo, le persone sono, fin da bambini, prive d’amore e di rispetto, il che causa la formazione di una personalità patologica e lo sviluppo di un carattere sado-masochistico.

I bambini sono le prime vittime del capitalismo. Il più importante obiettivo strategico dei clan capitalistici dominanti in Occidente è l’eliminazione di miliardi di persone “superflue”. I bambini sono i primi obiettivi. Questa è la prevalente tendenza del capitalismo contemporaneo: uccidere i bambini. Ucciderli in ogni modo possibile: per fame, per disidratazione, con virus, bombe, vaccini, armi, lavoro estenuante, radiazioni, pugnali, bisturi… Più di trentamila bambini muoiono nel mondo ogni giorno. Inoltre la “sovrappopolazione” (cioè: “la proliferazione globale dei poveri”) è presentata come “la causa fondamentale del declino globale”. Perciò i bambini dovono essere uccisi nel più grande numero possibile – spietatamente. Il bombardamento americano di Corea, Vietnam, Iraq, Bosnia Erzegovina, Serbia, Libia, Afghanistan… – utilizzando le tossine, bombe a frammentazione e missili pieni di uranio impoverito – aveva come obiettivo non solo di uccidere milioni di persone, ma anche di contaminare l’ambiente e, quindi, causare la mortalità di massa tra i bambini/neonati e la distruzione genetica della popolazione in generale.

Nei paesi più sviluppati dell’Occidente, la pedofilia ha raggiunto il livello di un’epidemia. Ogni anno milioni di ragazze e ragazzi sono vittime di abusi sessuali. Negli Stati Uniti una ragazza su quattro e un ragazzo su sei vengono violentati, e più di 100.000 ragazze all’anno vengono rapite e costrette a prostituirsi nei bordelli per pedofili (Der Spiegel, 26/6/2012). Perché l’amministrazione americana non elimina questo male che ogni giorno, negli USA, costringe centinaia di migliaia di ragazzine ad essere violentate e ridotte in schiavitù sessuale in speciali bordelli per i bambini? A cosa servono i 3200 agenti dei servizi segreti e milioni di poliziotti, guardie di sicurezza private e soldati, decine di milioni di telecamere, un sistema totalitario di intercettazioni telefoniche e sorveglianza di e-mail – se i cittadini non possono essere protetti e le bande criminali eliminate? Allo stesso tempo, la violenza sessuale nei confronti di bambini con disabilità fisiche e mentali (bambini con menomazioni della vista o dell’udito, e bambini con difficoltà di sviluppo) e orfani ha raggiunto proporzioni orrende. In questi casi, “alti funzionari” della Chiesa cattolica sono i colpevoli principali. Nel febbraio 2012, Der Spiegel ha pubblicato un articolo nel quale si descrive un processo svoltosi a Braunschweig (Germania) a carico di un sacerdote cattolico che ha confessato di aver commesso 223 stupri (!) e 57 altre forme di violenza sessuale nei confronti di bambini, tra il 2004 e il 2011. Dalla seconda Guerra Mondiale fino ad oggi, rappresentanti del clero cristiano in Europa occidentale e negli Stati Uniti hanno violentato centinaia di migliaia di bambini disabili affidati alle loro cure. Migliaia di mostri in abiti canonici non solo sono rimasti impuniti, ma stanno ancora eseguendo i “loro doveri pastorali” in tutta Europa e negli Stati Uniti, continuando ad abusare del loro “gregge”. Che ogni anno decine di migliaia di bambini vengono uccisi da bande appositamente addestrate al fine di “fare il raccolto” dei loro organi vitali per la rivendita sul mercato nero attraverso cliniche rinomate in Occidente, dove medici-mostri li trapianteranno in quei pazienti che possono permettersi di pagare le operazioni, è un fatto che descrive il carattere reale del “mondo libero”. Il rapimento di bambini da parte della Chiesa cattolica (oltre 300.000 casi solo in Spagna), la uccisione di bambini non ancora nati e la rivendita dei loro resti alle aziende farmaceutiche americane ed europee che li trasformano in “creme superfini per la cura della pelle” (Corea del Sud, Albania…); lo sfruttamento spietato di decine di milioni di bambini in tutto il mondo da parte delle aziende americane ed europee; l’abuso mostruoso dei bambini nello sport… – questi sono tutti “dettagli” che indicano la vera natura della “democrazia” occidentale.

La contemporanea “volontà di potenza” (Nietzsche) è diventata la volontà di potere assoluto sui popoli e sulla natura ed è l’espressione della completa privazione dell’uomo di umanità e naturalità. Non si tratta solo della volontà di soggiogare, ma anche della volontà di distruggere le persone ed il mondo vivente. Essa si basa sulla natura del capitalismo in quanto ordinamento totalitario di distruzione e viene strumentalizzata con il potere distruttivo della tecnologia. L’uomo capitalisticamente degenerato fantastica di essere sulla cima della piramide del potere totalitario e distruttivo. Il capitalismo impone la distruzione come modello predominante di comportamento e, in tal modo, plasma la natura (auto)distruttiva dell’uomo e la sua distruttiva “socievolezza”. Il provare “gioia” in eventi sportivi, in cui persone rovinate fisicamente e mentalmente lottano per la vittoria e per i record, rischiando la distruzione dei loro rivali e causando danni irreparabili al proprio corpo, implica la presenza di spettatori similmente sfigurati come esseri umani. Al tempo stesso, l’uomo sperimenta la “libertà” esprimendo brutalmente una non-libertà e distruggendo in tal modo sé stesso in quanto essere libero e sociale. Un esempio tipico è fare il “tifo” negli stadi sportivi. L’essere umano come “fan” è stato trasformato in un membro idiotizzato della “calca” dei tifosi. “Tutto è permesso” non è un’espressione che afferma la libertà dell’uomo, ma un riconoscimento della totale irrilevanza della condizione umana e dell’odierno sprofondare nelle peggiori forme di barbarie.

 

Translated from Serbian by Mirjana Jovanović

Italian translation supervisor Andrea Martocchia

 

Ljubodrag Simonović: Alienation and destruction

L

Ljubodrag Simonović
E-mail: comrade@orion.rs
Download text

“ALIENATION” AND DESTRUCTION

             “Alienation” is a basic concept upon which Marx’s critique of capitalism is founded, and “dealienation” is a key idea upon which the libertarian intention of his critique of capitalism and his vision of the future are based. Capitalism’s becoming a totalitarian order of destruction rendered Marx’s concept of “alienation” insufficient to providing the opportunity for the establishment of an adequate starting point for a critique of capitalism. Man’s contemporary alienation has not merely an inhuman nature, but a destructive nature as well.  It implies the obliteration of nature as a life-generating whole, of man as a biological and human being, and of the emancipatory legacy of national cultures and of civil society, that is, of the visionary mind and the idea of novum. By the annihilation of cultural and libertarian consciousness, the possibility of man’s becoming aware of his own alienation and establishing a critical and change-creating remove from capitalism is destroyed.

            When capitalism became a totalitarian order of destruction, not just private property, labor and the market, but even life, itself, became means for man’s alienation from his natural and human being. Unlike the previous ruling classes, the bourgeoisie endeavors to amalgamate not only its own values but also its life-sphere into the working world. A worker is not merely a producer, but a consumer of commodities, as well, and, as such, a creator of the market, that is, an instrument for solving the crisis of over-production. Destructive consumer practices have become the dominant form of the man’s living activity and the principal mode for entrapping the worker in the existential orbit of capitalism and its values. “Consumer society” becomes a totalizing power that spares no one and that no one can escape. Commercialization of life is the worst form of totalitarianism that has ever been created in the course of human history because it completely subordinates nature, society and man to the destructive machinery of capitalist reproduction.  Its essence is encoded in the monstrous maxim “Money does not stink!” which also expresses the essence of ecocidal capitalist barbarism.

            In Marx, humanity, which primarily implies freedom and creativity, represents the most important quality of man, the quality toward which the concept of “alienation” is applied.  It is possible for man to be, in his essence, a human being: man can become inhuman precisely because he is a man.  According to Marx, though humanity can be suppressed and degenerated, it cannot be annihilated.  In spite of being manipulated and repressed, in Goethe’s words: “a good man in his inarticulate impulse is entirely aware of his true course”. The concept of man’s “alienation” is manifested in relation to the possibility of his “dealienation”, which means, in spite of the capitalist totalization of life, capitalism cannot succeed in obliterating the humanity within man, so that, at an appropriate historical moment (an economic crisis of capitalism) it can be manifested in the form of revolutionary consciousness and practice. “Dealienation” represents a universal principle and implies man’s liberation from the inhuman role which capitalism imposes on him.  It is of crucial importance that Marx’s idea of “alienation” refers to the fact that under capitalism man becomes alienated from his own humanity by being alienated from his authentic human potential, alienated from what he can become as a universal creative being. Each man carries inside the unlimited potential of humanity – this is Marx’s most important humanistic message and represents the basis of his vision of the future. As for the capitalist, he, being a capitalist, cannot become a human being unless he, as a man, does not emancipate himself from capitalism, which is done primarily by ensuring his own existence through his own work. The elimination of class distinctions and class relations does not merely imply the reinstatement of the worker to his authentic human being, but also a return of the capitalist to his own state of being a man. The socialist revolution, by means of which the elimination of class society based on the private ownership of the means of production takes place, also deprives capitalists of their inhumanity: capitalists do not exist without capitalism. The objective of the socialist revolution is not to exterminate capitalists, but to bring an end to class society and to create such social relations as would make it possible for each man to realize his authentic human capacities in the community of others.

          In light of the prevailing tendency in the development of capitalism, instead of Marx’s concept of “alienation”, the idea of destruction should become the starting point in the critique of capitalism. This idea provides an opportunity to perceive the most significant and, for humankind and the living world, the most ruinous possibilities of capitalism. The concept of destruction does not merely define the status of man under capitalism and his relation to nature as an object of labor and the “anorganic body” (Marx) of man; it also describes the relation of capitalism to the living world,  to nature as an ecological whole, and, in that context, to man as a biological and human being. Capitalism does not only alienate the natural world from man, but, by destroying it, also turns nature into man’s mortal enemy. It is not alienation, but the destructiveness of labor that is dominant in capitalism; it is not the processing but obliteration of nature; not the suppression of man’s erotic nature and the coarsening of his senses, but the degeneration of man’s human and biological (genetic) being; not  only making man look foolish, but wiping out his mind… As it becomes more and more a totalitarian order of destruction, capitalism nullifies any possibility of a conflict between the human and the inhuman by destroying the human and thereby eliminating the possibility of alienation: the less man remains man, the smaller is the possibility of his alienation from himself as a man.

             The development of capitalism as a totalitarian order of destruction poses the question: can capitalism so degenerate man as to remove absolutely all his human characteristics? Considering the destructive madness prevalent in the most developed capitalist countries, it is not unreasonable to conclude that capitalism has exceeded the anthropological limits imagined by Marx with his concept of “alienation”: that it would merely succeed in degenerating man to such an extent that his destructive “needs” would turn into the power that motivated him and provided meaning to his life. It is not merely man’s „alienation“ from his human essence, but his degeneration as a human and biological being. Capitalism not only dehumanizes man, but it also denaturalizes him, deprives him of the characteristics that are distinctive to living beings. Capitalism does not merely compel man to act like a mechanical part of the industrial labor process, thereby distorting him physiologically, as Marx claims, but it also deforms him genetically and mutilates him as a living being.  It is a capitalistically caused mutation of man from a natural and cultural being into a destructive working (consuming) machine. The “reification” of man by the capitalist market was also followed by his being turned, as worker and consumer, into an accomplice in the destruction of the world. Destruction became an authentic need of the capitalistically degenerated man.

             Life based upon destructive capitalist totalitarianism has become the cause of physical and mental degeneration among people. “Consumer society” forces man to adapt to the ruling order through destructive consumer activity which “solves” the crisis of over-production with an ever more intensive destruction of commodities (dynamics of destruction), thus clearing new space in the market. In the most immediate way it conditions the way of life, the mentality and the value-horizon of the contemporary (petit) bourgeois. The difference between “classical” and the contemporary capitalism is that contemporary capitalism disfigures and degenerates people not only by reducing all human necessity to the “need to possess” (Marx), but also to the need to destroy. “Possession” implies the permanent ownership and exploitation of assets. Durability, which once represented the highest quality of commodities, in a “consumer society” has become the largest obstacle to renewed demand and the growth of capital. Goods (commodities) are no longer a fetish, as Marx claims, but it is destruction, itself, that has become the fetish.  Capitalism turns man’s life-creating (erotic) energy into a drive for destruction. It thus destroys authentic sociability and creates destructive sociability. Destroying the largest quantity of goods in the shortest time has become the ultimate goal for the contemporary capitalist fanatic. During the 2011 New Year’s sales, a commercial slogan appeared at one London shopping center: “I shop, therefore I am!” This grotesque knock-off of Descartes’ maxim, cogito ergo sum, unequivocally indicates the nature of the contemporary capitalist degeneration of man. The ultimate and most ruinous result of the development of the “consumer society” is the destruction of man as a reasoning being and the turning of the human community into a crowd of destructive capitalist fanatics.
Read the text to the end»

Ljubodrag Simonović: Contemporary Bourgeois Thought

L

Ljubodrag Simonović
E-mail: comrade@orion.rs
Download tex

CONTEMPORARY BOURGEOIS THOUGHT

             What is the point of philosophy in a contemporary capitalist world dominated by destruction and where humanity has been pushed to the edge of the abyss? Ideologues of capitalism create an illusion that the ruling relation to reality is based on a certain way of thinking, that it has a rational nature. Philosophy has become a “rational” echo of destructive capitalist irrationality. It is but one of the humanist masks of an inhumane and destructive civilization and, as such, is advertising for capitalism. It provides and strengthens a way of thinking that, like religion, is deprived of critical self-reflection and prevents man from becoming aware of the tendencies of global development and the objective possibilities of liberation that through subjective practice (political struggle) can turn into real possibilities for freedom. At the same time, “philosophizing” is reduced to the creation of a network of formally and logically consistent concepts that are supposed to mediate between man and the world. Philosophy has become a means for confusing reason and distracting it from the crucial questions. Contemporary bourgeois philosophers disqualify reason as the most authentic and most important human means for ensuring survival and freedom. It is reduced to an instrumentalized ratio and has become the means for mystification of the existing world and for the destruction of a visionary consciousness that offers a possibility for overcoming capitalism and creating a new world. Philosophy has become a technical subject and, as such, is a means for turning concrete existential and essential questions into abstract theoretical questions. Instead of a revolutionary concept, the dominant concept is that of conformism. Instead of a fight to eradicate the causes of non-freedom and destruction, a theoretical discussion about consequences is being imposed. The bourgeois theory offers a critique of capitalism which does not question it and which seeks to “perfect” it. “The essence of capitalism” acquires an idolized dimension and becomes the basis for criticizing capitalist reality. Thus the mythologized past becomes the basis for criticizing the present. Everything that might and should happen has already happened. A struggle for the future becomes a struggle for the past. The bourgeois intelligentsia multiplies the “field of research” by creating numerous “grey areas”, primarily to expand its space as much as possible. It acts like the market: it produces increased quantities of intellectual goods with ever-lower quality, which are sold in the form of books, lectures, studies, and reports.

            Max Horkheimer came to the conclusion half a century ago that serious philosophy was nearing its end and that society was becoming an anthill. Philosophers contribute to that state of affairs by not developing a philosophy that is grounded in the emancipatory legacy of civil society and national cultures, they rather adapt to a ruling order that, rather than a wise man, needs an stupified consumer. Philosophy becomes an entertainment skill and, as such, is a part of show-business, while philosophers become the “jesters” of capitalism. The philosophical mind is being integrated into capitalism by the destruction of its emancipatory potential and by turning philosophy into another commodity in the marketplace of consumer society. The amount of the commission fee becomes the “measure” of the quality of the philosophical thought. Even when significant matters are communicated, they are expressed in such a manner as to lose their political dimension and obtain an entertainment or clownish dimension. Philosophers like Slavoj Zizek and Bernard-Henri Lévy are typical examples of “Coca-Cola” intellectuals. Their “reflections” are being tailored to provide “philosophical” legitimacy to the ecocidal and genocidal activities of the stakeholders in the “new world order”. Their thought represents a philosophical merit badge on the chests of the capitalist executioners who obliterate nature and humankind. At the same time, the leftist bourgeois intelligentsia, headed by Jürgen Habermas, Oskar Negt and Oskar Lafontaine, create an illusion that capitalism could be “brought to reason” by means of enlightened thought. It does not address the workers, but an abstract “citizen”, a petty bourgeois who has been degenerated by the consumer way of life and who can not be bothered with radical social changes that might jeopardize his consumer’s standard of living. “Bringing to reason” does not imply the development of combative sociability and the nullification of the capitalist order as it is reduced to the “pacification” of workers and the technical development that implies the obliteration of man as a social being and of nature as life-generating entirety. Even when the ruling political circle (alienated from the citizenry) is being threatened by an insistence on the necessity of the direct participation in political life of the largest possible number of citizens, this is performed in a manner that does not stand for an appeal to the citizens to fight against the ruling order. The “social peace” needs to be preserved at all cost in order to prevent economic crisis and the ensuing social crisis – without which the petty bourgeois consciousness and its “consumer society” cannot be eliminated. At the same time, a critique of capitalism is increasingly present. But it is of an academic nature and is deprived  of any  political, change-creating dimension. It does not address the destructive nature of capitalism and is not moved toward a vision of the future based upon a radical step away from the capitalist world.

             The purposefulness of philosophic thought is determined by whether this thought poses concrete historic questions. Today, in a world that faces an ever more realistic possibility of destruction, that principle means concrete historical questions might be the last questions posed by man. It is this quality that makes a difference between today’s concrete historical questions and all earlier such questions. The development of capitalism as a totalitarian order of destruction imposes the question of survival as the most important concrete historical question. Actually, by bringing humanity to the brink of destruction, capitalism ”has answered” all crucial questions. Bearing in mind the intensity of the capitalist destruction of life, all questions come down to one: what can be done to prevent the destruction of humanity? The only meaningful thought is of an existential character, that is, it creates the possibility for a political (changing) practice that will prevent the world’s destruction. In that context, philosophy is meaningful as a critique of capitalism and a visionary projection of a future world. There is a need for creating an integrating critical and visionary thought with an existential nature, which will contain the emancipatory legacy of civil society and national cultures. Humanity will again appreciate the importance of serious thinking when people return to the basic existential questions. The seriousness of those questions will make people serious: crucial existential issues will eliminate any trivial ways of thinking and direct the mind towards the essential issues. Riding the wave of the French bourgeois revolution, classical German philosophy shaped the self-consciousness of modern man. Today, the humanist intelligentsia should shape a thought that will guide the last revolution in the history of mankind. It is not the hoot of Minerva’s owl in the twilight, but the war cry of a man who has been awakened and who is ready not only to liberate humanity from oppression, but to prevent its destruction. Ultimately, what is philosophy if it is not capable of answering the questions that are of vital importance to human destiny?

Read the text to the end»

Ljubodrag Simonović: Humanism – naturalism

L

Ljubodrag Simonović
E-mail: comrade@orion.rs
Download text

“HUMANISM – NATURALISM”

            Marx’s idea of “humanism-naturalism” from the Economic and Philosophic Manuscripts indicates the possibility of overcoming the antagonism between nature and man through their mutual cooperation resulting in a simultaneous fulfillment of both man’s and nature’s emancipatory potential. Marx: “Communism as the positive transcendence of private property as human self-estrangement and, therefore, as man’s complete atonement as a social (i.e., human) being – a reunion accomplished consciously and embracing the entire wealth of previous development. Thus communism, as fully developed naturalism, is humanism, and as fully developed humanism, is naturalism; it is the genuine resolution of the antagonism between man and nature and between man and man – the true resolution of the tension between existence and essence, between objectification and self-affirmation, between freedom and necessity, between the individual and the species. Communism is the riddle of History solved, and it knows itself to be this resolution.”

            The idea of  “humanism-naturalism”, as a concrete historical concept and not as an ideal that can only be dreamed of, indicates that Marx does not consider a future relative to capitalism as a totalitarian destructive order. Marx’s “humanism-naturalism” does not have a concrete historical dimension, but rather is based on the abstract determination of the essence of nature and man. “Humanism-naturalism” is projected into a future space where man and nature appear on a mythological level and correspond to their idealized concepts. For Marx, man’s liberation from his enslavement to nature and the possibility of nature’s humanization represent the resolution of their antagonistic relation. It is, however, based on the capitalist mode of development of the productive forces, a process that does not promote man’s liberation from nature, but rather makes him more dependent on it. According to Marx, the domination of nature and its exploitation, through technology, is the domination and exploitation of man. Indeed, capitalist technology consists of natural forces turned by capitalism into an anti-natural power. Capitalism “masters” nature by destroying it and thus creates man’s increasingly dangerous enemy. Only relative to the destructive tendencies of capitalist development can Marx’s idea of “humanism-naturalism” take on a concrete historical, critical and visionary meaning.

            On man’s relation to nature, Marx writes in Capital: “By acting on the external world and changing it, man at the same time changes his own nature.“ It follows that man’s relation to nature conditions man’s nature. Marx based his thesis on the view that, by transforming nature into useful objects, man conquers natural forces and, thus, develops his own creative powers. The transformation of nature has a libertarian and existential character. Following the same principle, if man transforms nature by destroying it, he simultaneously destroys himself as a natural and human being and becomes a destructive mechanism. Because of capitalistically degenerated labor, man does not develop his universal creative powers but, instead, is crippled as a natural, creative and social being and reduced to being a mechanical part of working processes – to being a destructive specialty-idiot. At the same time, capitalism, through the “consumer” way of life, has turned even non-work time into time for capitalist reproduction, that is, into time for the (self)destruction of man and nature. In capitalism, however, the relation to nature only appears to be mediated by human practice. Since man is instrumentalized, from his earliest youth, by a capitalistically conditioned way of life, human practice is but one of the manifestations of capitalism’s relation to nature and essentially corresponds to capitalism’s destructive character. At the same time, this destructive relation to nature conditions man’s relation to both society and the future, as well as man’s relation to himself as a natural and human being. Only if man, as an emancipated natural being, has a humanizing relation to nature, can he have a humanizing relation to his own body as his immediate nature and to himself as a human being.

             As for the glorification of nature, in One-Dimensional Man, Marcuse comes to the following conclusion: “All joy and all happiness derive from the ability to transcend Nature – a transcendence in which the mastery of Nature is itself subordinated to the liberation and pacification of existence. (…) Glorification of the natural is part of the ideology that protects an unnatural society in its struggle against liberation. (…) Civilization produces the means for freeing Nature from its own brutality, its own insufficiency, its own blindness, by virtue of the cognitive and transforming power of Reason. And Reason can fulfill this function only as post-technological rationality, in which technics is itself the instrumentality of pacification, organon of the ‘art of life’. The function of Reason then converges with the function of Art.“ “The brutality” of nature has an existential and life-generating character, unlike capitalist brutality, which has a destructive character and conditions man’s anthropological image: instead of being a “beast”, man has become a “(self)destructive” being. In capitalism, “nature ceases to be merely nature” by being deprived of its life-creating quality and reduced to the object of exploitation and destruction. In sport, which is a mirror of the true image of capitalism, nature does not free itself from its insufficiencies and brutality, but rather becomes the object of exploitation and destruction. In sport, the body, as man’s immediate nature, becomes the opponent who must be conquered and used for the attainment of inhuman ends. Man does not free himself in sport from natural determinism; he rather “frees” himself from life.

             Marcuse overlooks the fact that nature itself is humanizing. In Emile, Rousseau writes about the “art of living” learned by the child in nature, which “calls him to a human life”. For the North American Chief, life in nature enables the cultivation of the senses and, thus, the development of man’s aesthetical being, whereas the cutting of man’s organic bond with nature leads to a degeneration of the senses and, consequently, of man, himself. He says that the white man cannot hear the life sounds of nature, smell its scents, discern its colors… This is because the capitalist way of life has degenerated his senses and destroyed the need to enjoy the beauty of both nature and life, a pleasure possible only when man is an organic part of nature. Unlike Goethe and Schiller, Marx did not have a romantic relation to nature (for Klopstock, skates are “wings on the feet”, enabling man to fly to the future) and did not attach a particular importance to the aesthetical dimension of nature. Since capitalism, by destroying nature, abolishes natural brutality, it is necessary to fight for nature’s naturalization, for its liberation from the capitalist exploitation and destruction. Natural forces should be transformed into vehicles for nature’s preservation and humanization. Nature’s liberating potential is contained in its life-creating quality – in the creation of new forms of life. Man is by nature a life-creating being, who can be humanized only if his life-creating quality is recognized as an integral part of nature. Humanization becomes the development (overcoming) of the original naturality, and not its subordination to a rational pattern, to the model of the “humanized” and the like. Only as an emancipated natural being can man truly experience the fullness of his human being. Instead of being a form through which nature can be overcome by the “spirit”, which means to attain a notion of itself and relate to itself, man should overcome his original natural life-creating quality through the development of his creative being, meaning that it should become the basis for the totalization of the world. It is about the transformation of the principle of fecundity into the life-creating principle and the life-creating principle into the universal creative principle.

             As far as the relation between reason and nature is concerned, Marcuse writes about this in One-Dimensional Man in the context of his discussion of Hegel’s concept of freedom, with respect to which Marx develops his emancipatory thought. Marcuse: “Hegel’s concept of freedom presupposes consciousness throughout (in Hegel’s terminology: self-consciousness). Consequently, the ‘realization’ of Nature is not, and never can be, Nature’s own work: But inasmuch as Nature is in itself negative (i.e., wanting in its own existence), the historical transformation of Nature by Man is, as the overcoming of this negativity, the liberation of Nature. Or, in Hegel’s words, Nature is in its essence non-natural-‘Geist’.” And he continues: “History is the negation of Nature. What is only natural is overcome and recreated by the power of Reason. The metaphysical notion that Nature comes to itself in history points to the unconquered limits of Reason. It claims them as historical limits – as a task yet to be accomplished or, rather, yet to be undertaken. Nature is in itself a rational, legitimate object of science, thus it is the legitimate object not only of Reason as power, but also of Reason as freedom; not only of domination, but also of liberation. With the emergence of man as the animal rationale – capable of transforming Nature in accordance with the faculties of the mind and the capacities of matter – the merely natural, as the sub-rational, assumes negative status. It becomes a realm to be comprehended and organized by Reason.”
Read the text to the end»

Ljubodrag Simonović: Bourgeoisie and proletariat

L

Ljubodrag Simonović
e-mail: comrade@orion.rs
Download text

BOURGEOISIE AND PROLETARIAT

             One of the most important ideas from the Manifesto of the Communist Party called into question by contemporary capitalism is that of capitalism’s being a “revolutionary“ order and, consequently, the bourgeoisie’s being is a “revolutionary“ class. According to Marx, the main historical “task“ of the bourgeoisie is to enable man to gain control over natural laws and thereby free himself from his dependency on nature and exhausting physical labor, so as to enable him to develop his universal creative powers. The “revolutionary role“ of the bourgeoisie is to create conditions for a “leap from the realm of necessity to the realm of freedom“ (Engels). This is the main reason why Marx attaches primary importance to the development of productive forces. At the same time, the bourgeoisie is an exploiting class that becomes reactionary when capitalist private ownership starts to hinder the development of the productive forces. That is the right moment for a socialist revolution.

            For Marx, the relationship between the bourgeoisie and the proletariat is dialectical. The bourgeoisie produces the proletariat as its antipode: the nature of the bourgeoisie conditions the nature of the proletariat. According to Marx, the revolutionary character of capitalism, which, above all, strives for the abolishment of man’s dependency on nature through the capitalist development of productive forces, offers workers the possibility of a revolutionary transformation of society. The conquered natural elements open the possibility of establishing a form of labor that will enable man to realize his creative powers and a social order that will put an end to man’s exploitation by others. For Marx, the most important task of the working class is to liberate humankind from inhuman living conditions and the class order. It is clearly stated in Marx’s “categorical imperative”: “To overthrow all those conditions in which man is an abased, enslaved, abandoned, contemptible being…”  In The Holy Family, Marx writes: “When socialist writers ascribe this historic role to the proletariat, it is not, as critical criticism would have one think, because they consider the proletarians to be gods. Quite the contrary. Since the abstraction of all humanity, even of the semblance of humanity, is practically complete in the fully-formed proletariat; since the conditions of life of the proletariat sum up all the conditions of life of society today in their most inhuman and acute form; since man has lost himself in the proletariat, yet at the same time has not only gained theoretical consciousness of that loss, but through the no longer removable, no longer disguisable, absolutely imperative need—the practical expression of necessity—is driven directly to revolt against that inhumanity: it follows that the proletariat can and must free itself. But it cannot free itself without abolishing the conditions of its own life. It cannot abolish the conditions of its own life without abolishing all the inhuman conditions of life of society today which are summed up in its own situation.”

             Marx points out “social” and “historical” causes that provoke workers to initiate the struggle against capitalism. Paramount among these are the immediate existential (economic) threat, the ruthless exploitation, the inhuman working and living conditions that jeopardize workers’ health, the humiliation to which they are regularly subjected… Ecological conditions do not count as the proletariat’s “living conditions”. The proletariat will not be “historically compelled” to stop the destruction of life on the planet and save humankind from obliteration. If Marx had regarded capitalism as an order that threatens nature and man as a human and natural being, then the awareness of the need to preserve life on the planet would have been the basis for shaping the workers’ class consciousness and a signpost in the struggle against capitalism. Marx does not mention capitalism’s destructive relation to nature as a possible precondition for a socialist revolution. His view of capitalism as a “revolutionary order” that marks the end of the “pre-history“ of humankind and the creation of the “material conditions” for a new society (just like Engels’ view that capitalism creates the possibilities for a “leap from the realm of necessity to the realm of freedom”) indicates his relation to capitalism. Marx’s “categorical imperative”, which is the basis for the formation of workers’ class(self)-consciousness and as such is the supreme political principle, does not imply the ecocidal nature of capitalism and does not seek to develop in workers an emancipated (belligerent) ecological consciousness. Marx withheld the most important aspect of the workers’ class-consciousness:  the concept that capitalism is a destructive order and that capitalist class domination has an ecocidal character. According to Marx, capitalism reaches its end primarily by causing the economic crisis that occurs because of the productive relations (private ownership) becoming an obstacle to further growth of the productive forces, and not by the development of any processes that are detrimental to nature and man. The starting point in the struggle against capitalism is not its (potentially) destructive character, because the only force that will bring man to struggle is an immediate threat to his survival. These Marxian views are imbued with political realism. However, Marx’s indication that capitalism exhausts the soil and thus jeopardizes the survival of future generations (humankind) leads to the conclusion that, instead of “waiting” for the productive forces to come into conflict with the productive (proprietary) relations, workers should be moved to start a decisive fight against capitalism by the increasingly dramatic destruction of nature.

             The capitalism’s development as an ecocidal order leads to society’s increasing fragmentation, not only along the lines of wealth but also as to the accessibility to protection against more and more lethal climate changes, the pollution of food, water, air… Class divisions within a society have long been defined by natural living conditions and the possibilities for protection against the consequences of environmental degradation. Those most affected are on the lowest rung of the social ladder and on the margins of “globalization”. Workers and their children are more directly impacted by both the economic crises of capitalism and global ecological degradation. Indeed, in his Early Writings, Marx indicates that contaminated water and air have become the workers’ way of life, but he has in mind the daily existence of workers in factories and mines, as well as in the apartment blocks built in the immediate vicinity of industrial and mining sites, and not the planet-wide ecological pauperism brought about by the obliteration of nature as a life-generating whole and the production of a technical world.
Read the text to the end»

Ljubodrag Simonović: Capitalist exploitation of soil

L

Ljubodrag Simonović
E-mail: comrade@orion.rs
Download text

CAPITALIST  EXPLOITATION  OF  SOIL

             Marx’s analysis in Capital of the capitalist exploitation of the soil indicates his understanding of the relationship of capitalism to nature. Marx: “Capitalist production, by collecting the population in great centers, and causing an ever-increasing preponderance of urban population, on the one hand, concentrates the historical driving force of society; on the other hand, it disturbs the circulation of matter between man and the soil, i.e., it prevents the return to the soil of those of its elements consumed by man in the form of food and fabric; it therefore violates the conditions necessary to the continued fertility of the soil. By so doing, it at once destroys the health of the urban laborer and the intellectual life of the rural laborer… In modern agriculture, as in the manufacturing industries, the increased productivity and output of labor are bought at the cost of pathologically laying waste to labor-power, itself. Moreover, all progress in capitalistic agriculture is a progress in the art not only of robbing the laborer, but of robbing the soil, as well; all progress in increasing the fertility of the soil for a period of time is progress towards ruining the lasting sources of that fertility. The more a country bases its development on the foundation of modern industry, as does the United States, for example, the more rapid is this process of destruction.”

            Marx does not relate to nature in terms of its possible obliteration as a life-generating whole, but as an object of labor, and he criticizes capitalism for its excessive exhaustion of the soil, which deprives it of fertility. The same critique can be applied to previous historical periods: exhaustion of the soil and the working people is typical of both slavery and feudalism. What is the specificity of capitalist exploitation of nature and man? Departing from Marx’s critique of capitalism, the key difference between capitalism and previous social-economic formations is that production under capitalism is aimed at making profit and not at meeting human needs. Rather than the “ever-increasing preponderance of urban populations”, itself, it is the intensified process of agricultural production aimed at profit that results in the increased exhaustion of the soil, regardless of its potential for fertility and people’s real needs. In addition, capitalism increases the fertility of the soil by ruining the soil as the “lasting source of that fertility”. Marx realized that the problem is not primarily in the limited potential of the soil, but in the capitalist method of soil cultivation, which deprives it of its most important quality – natural fertility. However, Marx does not understand that the specificity of the capitalist method of soil exploitation is that it ruins the natural fertility of the soil through artificial fertilization, which means by turning the soil into a technical space and man into a technical vehicle for ruining nature. Moreover, contemporary food production indicates that capitalism does not even need the soil. In the food industry, raw material is obtained artificially and the whole process of production is carried out in technical conditions, by technical means and in a technical manner. The ultimate result of capitalism’s ecocidal barbarism is that capitalism obviates not only the soil, but also the very planet on which we live, as well as man as a natural and human being. Capitalistically degenerated scientists and their “sponsors” from the world of capital and politics have discarded the Earth as man’s cosmic home, along with “traditional humanity”.

              Marx’s critique of the capitalist exploitation of nature is presented within the context of the critique of hyper-production. For Marx, capitalism is not an ecocidal, but an exploitative order. The issues are taken at the level of production and consumption. Marx overlooks the fact that capitalist production implies not only the consumption of raw materials, energy and human labor, but also the destruction of nature as a life-generating force and man as a natural and human being. For Marx, rather than implying the ecocidal nature of capitalism, and, in that context, the endangered survival of humanity, ruining the soil is one of the harmful effects of industrialization. At the same time, Marx overlooks the fact that the exhaustion of natural resources does not only have a mechanical and quantitative character, but also a qualitative character, which means that it conditions the concrete nature of capitalist progress, the nature of the bourgeoisie and the working class, the nature of the class struggle and socialist revolution, the relationship to the future and even the possibility of a future… As far as the working process is concerned, by developing technical means intensively to cultivate of the soil, capitalism magnifies the productivity of labor and reduced the amount of physical labor and, thus, the physical exhaustion of workers.

             According to Marx, capitalism transforms nature by turning it into useful objects and thus increases the certainty of human survival and expands the borders of human freedom through material goods and the development of man’s creative powers. At the same time, Marx indicates the danger in exploiting the soil to such an extent that it is robbed of its natural fertility and the survival of future generations is threatened, because a future society should be based on a rational cultivation of nature that involves its regeneration. Marx relativizes the importance of the truth that capitalism threatens the survival of future generations. He criticizes capitalism for its exhaustion of the soil, but the consequences are projected into the future, which acquires an abstract dimension. Given the fact that capitalism creates possibilities for artificial fertilization of the soil and manages increasingly to penetrate the Earth and thus provide new raw materials and energy resources, and their more efficient exploitation, the question of the soil’s exhaustion is being relativized. Indeed, capitalism has been threatening the survival of future generations by increasingly ruining nature ever since its beginning. What was perceived by Marx as a possible existential danger, unless in the meantime the working class abolishes capitalism and establishes a qualitatively different relation to the soil, has actually been in place since the emergence of capitalism (which was indicated by Fourier in early 19th  century and, half a century later, by the chief of the Seattle tribe), reaching its peak in the “consumer society“. What appears in Marx as a potential existential threat to future generations, in the form of excessive exhaustion of the soil, has turned today into a real threat to the survival of humankind, in the form of the destruction of nature as a life-generating whole. At the same time, capitalism threatens humankind’s survival not only by robbing the soil, but also by robbing man of his own fertility. As a totalitarian destructive order, capitalism will make future generations face in an increasingly dramatic way not only a fatal ecological crisis, but also their own biological degeneration. The capitalist mode of developing the productive forces has doomed man to biological demise not only by cutting the organic link between man and nature, but also by robbing nature of its natural qualities and man of his human qualities. This comes about by the de-naturalizing of nature and the de-humanizing and de-naturalizing of man, turning nature into a technical space and man into a technical object.
Read the text to the end»

Ljubodrag Simonović: Dialectics and history

L

Ljubodrag Simonović
E-mail: comrade@orion.rs
Download text

DIALECTICS AND HISTORY     

              Dialectics is an authentic and genuine force for social development, delineated in the laws of dialectics that represent the logic of history and are, therefore, the self-consciousness of the historical development of society. As a method, dialectics is a vehicle for determining, by means of the laws of dialectics, the nature of social phenomena, or more precisely, it is a vehicle for their “transformation” from abstract into concrete historical phenomena. By means of the laws of dialectics, the bare facticity of the past turns into the historical development of society. Within that context, dialectics can be comprehended as the supreme regulating historical principle that opens wide on the horizons of the future: it represents the basis of society’s historicity. By means of dialectics, man emerges from the obscurity of the past and steps into the bright light of history, becoming a self-conscious historical being. Only upon dialectical self-consciousness can man base a position on the world that will enable him to create a future.

          According to Marx, “into the positive comprehension of the existing status, dialectics, at the same time, also introduces understanding of its negation, its necessary downfall; for it comprehends all generated forms in the course of motion, that is,  in its transient aspect; because it cannot be tutored by anything and because it is, in its essence, critically analytical and revolutionary.” This quotation points out the fact that dialectics asserts moving forward, which means that capitalism, as a historical order does not close but opens the space of the future. Indeed, not all downfalls mean, at the same time, a negation. More precisely, a downfall represents not only a possibility for creating something new, but also the opportunity for the destruction of everything that exists. The nature of what is negated conditions the nature of the negation and, therefore, the concrete possibility and the nature of the novum. In order to represent a concrete historical principle, the principle of totality has to take into consideration the specificity of the capitalist totality, and that goes not only for the emancipatory possibilities but also for the destructive potential of capitalism. “The negative dialectics” (Adorno), which means that dialectics as a method of critical changing and as a libertarian practice, has significance solely if it is developing in relation to the process in which capitalism develops into capitalism – turns into a totalitarian destructive order. While criticizing Hegel, and having in mind fascism, Bloch rightfully indicates that not every negation in history concomitantly represents a step forward. However, he does not realize that the capitalist negation does lead toward the destruction of the world. He never refers to capitalism as a destructive order, and, in that context, there is no perception of the possibility of the obliteration of life as a crucial content of the revolutionary conscience. Marx fails to notice that capitalism acts in advance by annihilating life – by generating consequences which question the very possibility of the future and not only in the essential, but also in the existential sense. “Temporariness“ does not imply solely moving forward, but also the development of the destructive processes that threaten the very survival of mankind. This is what Fourier asserted by his claim that mankind was in a state of “material regression” because (capitalist) “progress“ was devastating forests, mountain slopes, natural fountains… Marx fails to notice that capitalism has a destructive potential and overlooks the fact that negation also implies the possibility of its realization, which means that the downfall of capitalism at the same time implies the possibility of the obliteration of life on the planet. Related to this possibility, a concrete possibility arises for attaining man’s creative, libertarian and life-creating abilities. Turning the objective possibilities of freedom into realistic possibilities of man’s liberation stands against the more and more likely probability of the annihilation of the world.

               Hegel’s dialectics implies the likelihood of a future based upon existential certainty.  Life is an a priori quality that is not being questioned, and it represents the foundation of his dialectic pyramid of freedom. With Hegel existential certainty represents the basis for the libertarian optimism (reasonable freedom) upon which faith in the future is founded. Within his thought there is a contradiction between mind and senses, between intellect and nature, subjective and objective…, but not between life and non-life (destruction). Hegel’s “abolition” (Auflösung) and “overcoming” (Aufhebung) imply the existential certainty and the improvement of life based upon it. The dialectic course, as a process by which life becomes life through its own mind-pervading, occurs on an unquestionable existential level. The identity of essence (idea) and of existence (reality) has been determined: “All that is real is reasonable, and all that is reasonable is real“ (Hegel). Reasonable life implies existential certainty, and genuine reality represents full implementation of its own developmental potential. Until it does not realize its own developmental potential, reality does not exist in a concrete sense – it is an abstraction. When reality becomes what it might be, only then does it becomes real in the veritable sense. The dogmatism of Hegel’s dialectics is based upon the assertion that the abstract (non-historical) idea of the phenomenon represents the basis for determination of its concreteness (historicity). In other words, the essence of the phenomenon was determined before it became a concrete historical phenomenon, which is, before its developmental potential was realized, thus creating a new reality with new developmental potential that surmounts the very idea that represents a criterion for determining the genuineness (historicity) of the phenomenon. When matters are perceived in relation to capitalism as a totalitarian destructive order, in Hegel the real does not encompass the destructive potency, and the reasonable does not indicate its destructive intention.

                  In Marx, just like in Hegel, the openness of the future is dominant, implying existential certainty. This represents the basis for his notion of progress:  “in the bosom“ of capitalism possibilities are generated for “leaping from the reign of necessity into the reign of freedom” (Engels). This connotes that capitalism marks the end of “the prehistory of human society” (Marx). Marx does not raise the issue of existence, but that of true history, which means of the society in which man has achieved freedom. In Marx’s concept of the historical development of society, libertarian optimism is dominant, and existential optimism deriving from it.  It is based upon faith in man as a universal creative being of freedom and upon the emancipatory potential of the productive forces. At the same time, within capitalism, the sprout of the new world is being generated, which means that capitalism possesses historical fecundity. The specificity of capitalism as a historically fecund order, in comparison to the preceding historical periods, is that with it ends the prehistory and commences the true history of mankind. Unlike the bourgeois theorists, who perceive capitalism as the completion of history, thus sterilizing its change-creating possibilities, Marx perceives the true values of capitalism in the fact that within it possibilities are generated for a step forward into the new society that will represent the achievement of the supreme humanistic endeavors of mankind. Despite its cessations and sidesteps, capitalism creates the historical time that streams forwards.

              Marx was a dedicated advocate of Hegel’s dialectics of history. He envisaged the specific dialectics of the development of capitalism, or, more precisely, he sacrificed the dialectics of capitalism for the dialectics of pre-capitalist history. The development of capitalism is being perceived through a prism of the dialectics of the previous historical periods and, deriving from this, the issue of its development and temporariness is being raised. The specificity of capitalism, as a concrete socio-economic formation, does not represent an integral part of that history upon which the dialectics of history is derived. Based on Marx’s most significant methodological postulate, that the last actual form in the development of society represents the key for decoding the essence of the preceding forms, there is being imposed a conclusion that the nature of the laws of dialectics cannot be determined by an analysis of pre-capitalist history, but that capitalism, as the most developed historical order, represents the mirror in which the dialectics of history can be discerned. In other words, if history represents the starting place and the confirmation of the veracity of dialectics, then capitalism, as the highest form in the development of society, represents the starting point for the determination of the veracity of dialectics, that is, of the historical nature of social development.
Read the text to the end»

Ljubodrag Simonović: Contemporary critique of capitalism

L

Simonović Ljubodrag
E-mail: comrade@orion.rs
Download text

CONTEMPORARY CRITIQUE OF CAPITALISM

              The critique of capitalism should be based on two methodological postulates. First: the nature of a certain social (historical) phenomenon is determined by the tendencies of its development – of what it is developing into. Second: the nature of a social (historical) phenomenon conditions the nature of its critique. The nature of capitalism, that is, the tendency of its development as a destructive system, conditions both the nature of the critique of capitalism and the political strategy for the fight against capitalism. This is not to suggest the creation of a uniform way of thinking, but a way of thinking that endeavors to ask questions of an existential and essential nature. Such a way of thinking represents a contraposition to the ruling ideology, manifested in the “Coca Cola culture” that tends to marginalize the essential in order to assign a spectacular dimension to the marginal.

          A concrete critique of capitalism cannot be based solely upon essential humanism; it must also be based upon existential humanism. The ideals of the French Revolution – Liberté, Egalité, Fraternité – present a necessary, but not a sufficient condition for the future. The struggle to preserve life on the planet and increase the certainty of man’s survival as a cultural (social) and biological (natural) being represents a conditio sine qua non of the struggle for the future. Instead of the Marx’s notion of “alienation” (Entfremdung), the key notion in the critique of capitalism should be destruction. Marx’s revolutionary humanism opposes capitalism as a system of non-freedom, injustice, and non-reason, and advocates freedom, social justice, and a reasonable world, which means that it appears in the essential sphere. Existential humanism emerges in relation to capitalism as a destructive order that annihilates nature and man as a biological and human being – and places the struggle for the survival of the living world in the foreground, which means that it appears in the existential sphere. The affirmation of man as a creative and libertarian being is a response to the world where man is alienated from himself as a creative and libertarian being. The assertion that man is a life-creating being is a response to the world based upon the destruction of life: the struggle for freedom becomes the struggle for survival. The struggle for a reasonable world does not only represent an essential, but also an existential challenge. At the same time, Hegel’s (Marx’s) dialectic can be accepted only conditionally as the starting point for the development of a critique of capitalism, for its (historical) pyramid of freedom is founded upon existential certainty.

              The “traditional” Marxist critique of capitalism, from the point of view of what-is-yet-to-be (Bloch’s noch-nicht-Sein), is of an abstract nature. The concrete nature of the capitalist positive also conditions the nature of the negative, which is a critical consciousness and a political practice based on it. Contemporary man cannot attain an appropriate historical self-consciousness starting from an absolutized and idealized anthropological model of man as a universal creative being of freedom, but only by starting from the existential challenges that capitalism, as a destructive system, poses to man. Man’s becoming a human being (what he, in his essence, is – a totalizing libertarian, creative and life-creating being) and the world’s becoming a human world is conditioned by capitalism’s becoming capitalism (that is, its turning into what it essentially is – a totalitarian destructive order). A concrete future cannot be grounded in what man desires to do based on his own authentic human needs, but only in what man must do if humankind is to survive. The essential level of the future is directly conditioned by existential challenges. The development of capitalism has further diminished the chances for the future to be the product of man’s free (visionary) creative practice (Bloch’s “openness“), which is in turn conditioned by consequences generated by capitalism as a destructive order. Objective possibilities for the creation of a new world and the possibility of man’s realization as a universal free creative being are conditioned by the developmental capacities of capitalism as a destructive order. This is the basis for a concrete dialectic of the future. A destroyed nature, a mutilated man, the accumulated destructive powers of capitalism that could momentarily destroy humankind – this also represents an objective situation that inevitably conditions the probability of the future and its planning. It is not man who assigns to himself tasks that, as Marx asserts, he can complete, it is capitalism that imposes a crucial task on man: to preserve life on the planet and to save humankind from destruction. To meet the challenge of the historical task imposed on man by capitalism means to face up to capitalism as an order that destroys life.

            The capitalist destruction of nature and man as a biological and human being has not had a significant influence on the development of the left-wing critique of capitalism, the formation of the proletariat’s class-consciousness and socialist revolutions. An analysis of capitalism as a destructive order cannot be found in Marxist theorists of the 19th and 20th centuries. Engels’ view that capitalism creates the possibility for “the leap from the realm of necessity to the realm of freedom” suggests a radical break with capitalism, but it overlooks the fact that humanity’s future is directly conditioned by the destructive consequences of capitalism. Bloch’s theory clearly shows the limitations of the Marxist critique of capitalism. It repeatedly associates utopia with  “happiness”, “dignity”… Utopia appears essentially opposed to capitalism. When Bloch writes about capitalistically produced “objective possibilities” for the creation of a new world, he has in mind the development of productive forces, but he does not consider the consequences of these productive forces on the environment and man or the potential threats to the survival of man and the living world posed by capitalist technique. His theory is also based on existential apriorism: capitalism is the order of non-freedom, not the order of destruction. Even in Lukacs (History and Class Consciousness), workers’ class-consciousness does not include the consciousness of capitalism as a destructive order, so, consequently, workers’ self-consciousness does not involve the consciousness of the need to fight for the survival of nature and humanity. Adorno’s Negative Dialectics takes up the existing (capitalist) world as a world of non-freedom and injustice and not as a world of destruction. This conditions the nature of the “negative”, meaning a critical and changing relation to the existing world, as well as the idea of the future. Even in his later works (published in the West in 1970, and in Serbia in 1978, under the title The Criteria of Time), Marcuse does not write about the destructive nature of capitalism; about the consciousness of the destructive nature of capitalism as an integral part of contemporary revolutionary consciousness; about a possible integration of humanity based on the efforts to stop the destruction of global life… Instead of the destruction of nature, what is emphasized is its “impoverishment” and the need for its cultivation through a cultivation of senses. The main motives for fighting against capitalism are liberation from oppression, women’s emancipation, the establishment of creative work…  A strategic target in the fight against capitalism is discerned primarily in its oppressive and not its ecocidal character.  The revolutionary and post-revolutionary thought in the USSR is dominated by the principle of absolutized productivity (“Stakhanovism”), whereas possible global destruction is never discussed. The Yugoslav Praxis philosophy is also not concerned with the development of capitalism as a destructive order, and its relation to capitalism is primarily founded on Marx’s critique and the concept of “alienation”. Its vision of the future, based on the idea that man is a universal creative being of freedom, has an abstract character since it does not consider capitalism as a totalitarian destructive order. Praxis philosophy is dominated by Hegel’s dialectics, which involves existential certainty and an open future. The capitalist destruction of nature is not of primary importance, with emphasis being put on the finite amount of natural resources. The questions asked are essential and not existential. Kangrga’s “speculation”, which amounts to searching for the meaning of life regardless of the trends in the development of capitalism as a totalitarian order of destruction and the lethal consequences of capitalism is a typical example of the abstract relationship of Praxis philosophy to the future. It is no accident that its adherents are not concerned with a critique of sport, which embodies the underlying principles of capitalism and, as such, is an industry of death. At the political level, the Praxis critique is primarily aimed not at capitalism, but at Stalinism and the USSR. This is the main reason why the West held its doors wide open to the Praxis philosophers. Considering that the development of capitalism as a totalitarian destructive order remained outside the reach of their critique, it can be said that Praxis philosophy remained historically marginalized.
Read the text to the end»

Ljubodrag Simonović:The integration of people into capitalism

L

Ljubodrag Simonović
E-mail: comrade@orion.rs
Download Duci’s text

THE INTEGRATION OF PEOPLE INTO CAPITALISM

           Capitalism, as a totalitarian order of destruction, created appropriate means and methods to destroy critical and visionary consciousness and such other forms of mediation between man and world as prevent man from abolishing capitalism and creating a new world. In the past, people’s consciousness was controlled by the clergy. Today, it is controlled by TV presenters and other capitalist manipulators, united in show-business, who use the results of modern science and technology, and the myths based on them, in conjunction with an instrumentalized mysticism that produces a quasi-religious consciousness. Instead of being directed towards disclosing the destructive processes that call man’s survival on the planet into question or towards creating a vision of the new world, the mind is directed towards the production of spectacular phantasms that destroy man’s critical mind and visionary consciousness. Hence the popularity of various “Coca-Cola” mystifiers and intellectual con artists with their stories about mysterious “world rulers”, “extra-terrestrials”, “mystical forces”, “parallel worlds”… The art of mystification replaces historical analyses, while mysticism replaces visionary imagination.  Modern, technocratically based “fairy-tales” are one of the ways by which capitalism degenerates the mind and creates a mass idiocy. With the existing world being less and less human and with man being more and more lonely and, thus, less capable of changing his life, the need to retreat into an illusory world is increasing. Illusions are the most demanded commodity on the “consumer society” market, resulting in a hyper-production of illusory worlds. The production of illusions has become one of the most important ways by which capitalists deal with humanistic visionary consciousness and the efforts of the oppressed to organize and fight against capitalism. Manipulation no longer resides in the ideological, but in the psychological sphere. The story about a “bright future” and the “American dream” is gone. To flee from that ever darker reality has become the obsession of the average (petty) bourgeois in the “democratic world”.

             The destruction of the mind and the historical self-consciousness of the oppressed is a link between the contemporary entertainment industry and Nazi propaganda machinery. Here are Adolf Hitler’s instructions to the Nazi leaders (1942) intended to “help” them establish efficient domination over the “conquered peoples”: “Hence we should not allow the appearance of teachers who might suddenly ask for compulsory education for the conquered nations. The knowledge of the Russians, Ukrainians, the Kyrgyz people and others, of reading and writing would only do us harm. It would enable those with bright intelligence to acquire certain knowledge about history and thus develop political ideas, which could somehow be directed against us. – It is much better to set up a radio in each village, in order to inform people and offer them some entertainment, than to enable them to acquire their own political, scientific and other forms of erudition. Also, rather than telling the conquered peoples their history on the radio shows, we should play music, the more the better. Because popular music improves work efficiency. And, if people insist on dancing, according to our information and systematic approach, this we could welcome.” (Cursive Lj.S.) Hitler’s instructions on how to manipulate the consciousness of “lower races” are, actually, the basis of the contemporary capitalist strategy for establishing domination over the working class in the most developed capitalist countries and over the peoples on the “margins of capitalism”, who are doomed to be exterminated by the West.

           Giving a spectacular dimension to the marginal – on which both the advertising industry and the entire ideological sphere of capitalism are based – is one of the most important ways for destroying the quality criteria. As a result, people cannot realize the true nature of the ruling order and, at the same time, see the actual possibilities for the creation of a new world. Without the possibility of recognizing quality, it is not possible to acquire a true visionary consciousness. When everything becomes “fantastic”, “ingenious”, “incredible” – then the true values sink into the mud of the trivial. The public “dispute” over sports events is a typical example of marginalizing the important, of people’s depoliticization, of the creation of false sociability and mass idiocy. The ruling media are broadcasting increasingly aggressive and primitive entertainment programs in order to destroy people’s interest in truth and separate their mind from the real world created by capitalism: the destruction of nature, mass deaths from lack of food, water, and from diseases, the criminalization of society, the creation of a police state, increased chances of using nuclear weapons, monstrous technical projects for causing earthquakes and fatal climate changes, mass killings of children to “obtain” their organs, the disposal of nuclear waste in the oceans, nuclear plant accidents, white plague, increased illiteracy, destruction of national cultures and historical self-consciousness … In the “curved mirrors” of capitalist ideology and in the lights of spectacular advertisements of  “consumer society”, the important things become distorted and marginalized, while the marginal acquires a fatal and spectacular dimension. Advertising slogans, such as the “Coca-Cola“ slogan: “Can’t beat the Real Thing!”, which are constantly broadcast by TV and radio stations, impair man’s ability to discern and comprehend what is really important. Contemporary spectacles do not involve the creation of classical illusions through mental manipulation, which means the “seduction” of man by way of his prejudices, fears and desires, but on the creation of spectacular illusions, devoid of all content, which comes down to aggressive stimulation of senses by technical means. Instead of a melody, what we hear is a deafening noise; instead of a visual effect, we have a dazzling light… There is no emotion, no imagination, no reason… In addition to being marked by escapism, the creation of illusions serves to impair the senses and destroy the need and possibility for meditating about a humane world. The illusion is not only a spectacular manifestation of a destructive capitalist nothingness.  It is also a technical means for destroying humanity.

            Life, itself, degenerated by capitalism, has become the means for drawing people into the values and existential orbit of capitalism. The “consumer society” is directly reflected in the political sphere. For Marx, workers’ disposable time is the result of their struggle against capitalist exploitation, which gave them a chance to develop class-consciousness and start an organized political struggle. In the “consumer society”, non-work time has become consumer-time, which pulls workers into the spiritual and existential orbit of capitalism. Through the “consumer society”, capitalists created a new market, enabled further development of capitalism, and (temporarily) purchased “social peace”. At the same time, they drove people into debt-slavery and thus integrate them into the ruling order. Capitalism has degenerated the workers’ class consciousness by creating a consumer mentality. The need for freedom has turned into the need to purchase and destroy. Workers have become “consumers”, who contribute, through their working and consuming, to the development of capitalism. Not only do they make “their own chains” (Marx), they also destroy life and cause their own perishing as biological and human beings. At the same time, the increasingly deep existential crisis turned proletarian youth in the most developed capitalist countries into mercenary soldiers, the tool of the most powerful capitalist concerns with which to deal with “rebellious” peoples and establish the (American) “new world order”.

            As far as the “social state” is concerned, the official ideology claims that it is the result of a “compromise” between the bourgeoisie and the working class. Indeed, the “social state” is one of the established forms of bourgeois class domination over the workers. Rather than being founded on humanism, it is the political answer from the bourgeoisie to the ever deepening crisis of capitalism and the changing (revolutionary) potential of the workers movement in the most developed capitalist countries of the West. Its purpose is to establish a “bearable exploitation” of workers by capitalists, which means to reduce their existential threat and thus prevent the workers’ class struggle and enable a stable development of capitalism. Essentially, the “social state” is a legal form of plundering the workers, who, through the taxation system imposed by the capitalist state, finance their own “social contributions”, which should enable them to survive the capitalistically created existential crisis without any complaints. At the same time, the “social state” serves to destroy workers’ class consciousness and pull them, by instilling a consumer mentality, toward the value horizon of the “middle class”, as one of the pillars of capitalism. Ultimately, the “social state” enables the survival of capitalism and consequently contributes to the destruction of life on the planet.
Read the text to the end»

Noviji tekstovi

Poslednji Komentari

Arhiva

Kategorije

Meta Linkovi

Pratite Ducijev rad i na fejsbuku