Tagljubodrag simonović

Omosessualità

O

Nel capitalismo contemporaneo si sviluppano movimenti con sempre più componenti omosessuali, i quali secondo l’ “umanesimo-naturalismo” di Marx apparterebbero ad una socialità degenerata e, di conseguenza, ad una naturalità degenerata. Non si tratta di una natura biologicamente “malata” dell’essere umano (l’uomo è un essere eterosessuale con una predisposizione organica alla omosessualità), ma dei rapporti sociali dominanti e delle corrispondenti sollecitazioni valoriali. Non è questione di un ”essere umano malato”, ma di una società malata. Quindi, non dobbiamo curare esseri umani, ma è necessario creare una “società sana” (Fromm) nella quale si sviluppino persone sane. L’omosessualità è un fenomeno sociale concreto (storico) condizionato dalla natura dell’ordinamento dominante. Questa è una delle forme in cui si manifesta un determinato sistema valoriale che regola i rapporti tra i sessi e come tale è un aspetto concreto del funzionamento sociale. L’antico Eros omosessuale ha avuto una natura sostanzialmente diversa dalla omosessualità capitalisticamente condizionata. La comunità omosessuale di oggi è una delle forme in cui si manifesta una socialità degenerata capitalisticamente. Lo sviluppo di rapporti omosessuali corrisponde allo sfacelo della famiglia in quanto comunità naturale evoluta, e della trasformazione del matrimonio in legame economico. Le comunità omosessuali ottengono una legittimità “sociale” non in relazione alla famiglia in quanto comunità naturale evoluta, bensì in relazione alla disperazione solitaria creata dal capitalismo. La comunità omosessuale è la forma estrema della famiglia capitalisticamente degenerata e lo sviluppo della pederastìa contribuisce alla soppressione della possibilità di creare la famiglia come comunità naturale evoluta. Allo stesso tempo, distruggendo l’uomo come un essere naturale ed umano il capitalismo distrugge la socialità autentica sterilizzando l’Eros ed, in questo modo, distrugge la capacità di riproduzione biologica della società. La “riproduzione sociale” è diventata un segmento della distruttiva riproduzione capitalistica la quale, come in tutti gli aspetti della vita, si basa sul principio: “I soldi non puzzano”. L’inseminazione artificiale, la vendita del materiale seminale, l’utero in affitto, la vendita di bambini – tutte queste sono forme legali e legittime di riproduzione capitalistica. Il capitalismo assorbe nella sua orbita esistenziale e valoriale le sempre più perniciose conseguenze che esso stesso produce attribuendo ad esse uno status istituzionale e trasformandole in strumenti del suo proprio sviluppo.

Avendo presente che il capitalismo distrugge l’uomo quale essere naturale ed umano, lo scopo del matrimonio è l’esistenza dell’umanità in quanto comunità evoluta e naturale. Il matrimonio è una comunità istituzionalizzata tra donna e uomo, che offre l’opportunità per una riproduzione biologica stabile della società e per educare figli. Quando il matrimonio è privo della dimensione vivificatrice, esso perde il senso primario di esistere. Allo stesso tempo, il matrimonio senza la dimensione vivificatrice diventa un involucro dove è possibile inserire i più diversi contenuti. Se si parte dal principio omosessuale come base per stabilire la comunità matrimoniale, perchè non dovrebbe essere permesso il matrimonio tra fratelli, tra sorelle, tra madre e figlia, padre e figlio, nonna e sua nipote, nonno e suo nipote…? L’importanza dei legami familiari sta innanzitutto nella prospettiva della esistenza biologica, vale a dire che si basa sul fatto che l’incesto comporta la degenerazione fisica e mentale della discendenza. Nei rapporti omosessuali, che non hanno carattere prolifico, questo problema non esiste. Nel divenire dell’omosessualità un principio-base del matrimonio, vengono cancellati tutti i limiti e con ciò ogni intendimento tradizionale dei legami familiari basati sul rapporto eterosessuale. Inoltre, viene abolita la dimensione storica dell’essere umano e, in questo contesto, la visione umanistica ed esistenziale del futuro dell’umanità. Non soltanto quale aspetto avrà, ma come sarà possibile l’esistenza della società umana se essa verrà trasformata in gay e lesbiche? A questa domanda il capitalismo può dare solo una risposta di natura tecnica: inseminazione artificiale, che vuol dire la produzione tecnica di bambini. Nel mondo contemporaneo l’omosessualità è diventata un principio anti-esistenziale. Essa è uno dei modi per distruggere le capacità riproduttive dell’umanità e per creare una società sterile. L’omosessualità appare oggi come fenomeno di quella parte del mondo che va biologicamente decadendo e che distrugge l’essere umano come essere naturale, sociale e storico.

La vera natura dei “diritti degli omosessuali” si può vedere in relazione ai diritti dei bambini. Quale è quella “umanità” che contesta necessità e diritti fondamentali dei bambini? Al posto di preservare la famiglia ed, in questo contesto, di lottare per i diritti dei bambini ad avere ambo i genitori ed il loro amore e la loro cura, si insiste sui “diritti degli omosessuali ad adottare bambini”. Per di più, la comunità di bambini e “genitori” monosessuali sta diventando un modello per la “famiglia del futuro”. In questo modo viene distrutta la dialettica del rapporto erotico tra uomo e donna che è la base dello sviluppo sano della sessualità (personalità) infantile. In fondo, perchè i bambini devono avere genitori? Perchè non vengono istituite delle industrie per la produzione e l’educazione di bambini – come proponeva Platone e come fecero i nazisti? L’adozione non è solo un modo di “risolvere il problema” dei bambini orfani, ma è diventato il principio fondamentale per i matrimoni omosessuali. La soluzione dell’adozione si fonda sulle conseguenze create dal capitalismo come ordinamento inumano par excellance, o più precisamente, sulla privazione delle possibilità per i bambini di soddisfare i loro elementari bisogni umani. L’adozione implica la privazione ai bambini dei loro genitori naturali, cioè privarli del diritto di avere un padre e una madre. Al posto di “padre” e “madre” in Occidente nei documenti personali sempre più spesso c’è scritto “primo e secondo genitore”. Gli uni “producono” ed abbandonano i bambini, gli altri li adottano. L’adozione dei bambini è diventata un’operazione commerciale-monetaria e tecnica. Bambini vengono venduti e comprati come fossero degli oggetti. Per loro c’è il “periodo di garanzia” – come per qualsiasi altra merce. Insieme alla negazione dei diritti dei bambini ad avere propri genitori viene negata la pedagogia umanistica, che vuol dire il sistema pedagogico basato sugli sforzi di valorizzare l’essere naturale nell’uomo mediante la famiglia in quanto comunità naturale evoluta. Allo stesso tempo, deprivare i bambini dell’amore e della considerazione dei genitori è la causa delle più gravi malattie mentali e delle peggiori forme di patologia sociale.

Il diritto fondamentale dei bambini è il diritto al futuro, e questo vuol dire il diritto ad un mondo umano e ad un ambiente di vita sano. La realizzazione dei bisogni dei bambini come esseri umani e naturali è diventata la questione dell’esistenza stessa dell’umanità. Lo sforzo dei raggruppamenti capitalistici più reazionari di ridurre il numero di abitanti sul Pianeta sotto a un miliardo include la sterilizzazione delle persone e lannientamento della “eccedenza”. In questo contesto i bambini non sono più visti come il “più grande tesoro”, bensì come il più grande pericolo per l’esistenza dell’umanità. L’idea del futuro non è percepita partendo dalle potenzialità creative dell’essere umano e dalla visione umanistica del mondo, ma dal “fatto” che le risorse umane sono limitate e che il numero degli abitanti sul Pianeta deve essere conforme a queste. Invece di adoperarsi a sradicare la frenesia consumistica dominante nei paesi più sviluppati dell’Occidente, che è la principale causa del deperimento del Pianeta, sempre più forti sono le pretese di annientare i miliardi in “surplus”, con riferimento prima di tutto ai bambini. Annientando i bambini, il capitalismo annienta la forza vivificatrice dell’umanità e trasforma la società umana in un mondo di Matusalemme fisicamente e mentalmente degenerati.

Nelle relazioni omosessuali il corpo umano perde la sua dimensione erotica originale e viene strumentalizzato in modo innaturale ed inumano. Esso diventa l’oggetto dell’esibizionismo sessuale dove il ruolo più importante lo hanno parti del corpo che non hanno a che fare con l’erotismo originale e tanto meno con la natura vivificatrice dell’essere umano. Non si tratta di una relazione umanizzata e naturale, bensì di una innaturale e quindi disumanizzata relazione nella quale il corpo del “partner” viene ridotto a mezzo per arrivare all’orgasmo. La penetrazione del pene nell’ano è una penosa violenza nei confronti dell’organismo del “partner” e (come anche il “sesso orale”) rappresenta una forma degradante di “rapporto sessuale”. La base psicologica dell’omosessualità non è il bisogno dell’essere umano emancipato per l’amore, ma è la paura della solitudine, del rifiuto sociale, dell’incertezza… Al posto dei rapporti di parità tra i “partners”, domina il rapporto sado-masochistico che è un’espressione diretta della posizione dell’essere umano nel capitalismo quale ordinamento di classe basato sul principio: “Calpesta o sei calpestato”. Il bisogno di dominazione e di soggiogamento diventa la base della dialettica dei “giochi sessuali”. E’ stato “assunto” il modello di rapporti interpersonali su cui si basa il rapporto prevalente tra donna e uomo, dove le donne sono ridotte a oggetto di umiliazione sessuale.

L’aspirazione per la realizzazione dell’uomo come essere umano va molto oltre la dimensione (omo)sessuale dell’uomo. Insistere sull’omosessualità come questione base con la quale determinare l’identità umana diventa il modello della mutilazione del sentimento umano e produce un essere umano “unidimensionale” (Marcuse). Il sentimento umano viene ridotto ad un certo tipo di sessualità. Essere “qualcuno” significa essere gay oppure macho-man. Questo diventa la forma elementare dell’affermazione sociale dell’essere umano mediante la quale vengono rimosse altre forme di affermazione dell’uomo come essere autonomo. In questo modo l’essere umano viene annientato come essere storico, libertario e dotato di idealità. Il “movimento gay” si fonda su una umanità ridotta e su una socialità degenerata. L’essere umano acquisisce la propria individualità umana e sociale mediante la sua sessualità e non mediante il suo status civile, l’appartenenza di classe, l’autocoscienza nazionale, la famiglia, la cultura o le convinzioni politiche e religiose… L’”orgoglio” non è legato alla lotta per la libertà, all’esistenza nazionale e alla giustizia sociale, alla preservazione della natura e del genere umano… bensì a una (omo)sessualità che è di carattere anti-esistenziale. Gli omosessuali non sono orgogliosi perchè sono esseri umani, ma perchè sono “gay” e “lesbiche”. La sessualità non è più una questione personale, ma acquisisce una promozione spettacolare pubblica. Il bisogno di socialità è ridotto ad un esibizionismo sessuale con un banale carattere da circo. La umanità ridotta è oggigiorno di natura sostanzialmente differente da quella del passato. Essa si manifesta in relazione alle sempre più effettive possibilità di distruzione del mondo ed in relazione alle forze creative dell’essere umano che è capace di abolire la società di classe e di creare un nuovo mondo.

“La lotta per i diritti degli omosessuali” indica l’ipocrisia del mondo capitalistico. Perchè la “lotta per i diritti di omosessuali” è priva di una dimensione universalmente-umana e ideale? Perchè coloro che si richiamano all’”umanità” quando si tratta di omosessuali, non lottano contro il mondo inumano e per un mondo umano? “La lotta per i diritti degli omosessuali” non ha un carattere umanistico, ma politico, e contribuisce a preservare il mondo esistente.  Le parate di omosessuali sono la più alta manifestazione della “democrazia”, e il “rispetto dei diritti degli omosessuali” è la più alta affermazione dell’”umanità” dell’ordinamento dominante. Con l’imporre la questione della “realizzazione dei diritti degli omosessuali”, viene rimossa dalla scena pubblica ogni questione che riguarda l’esistenza dell’umanità e la libertà dell’essere umano: la degradazione biologica dei popoli, la depredazione senza riguardo delle classi lavoratrici, la morte per malattie, per fame e sete, la criminalizzazione della società, l’instaurazione dello stato di polizia, l’analfabetismo, la solitudine, l’annientamento di popoli interi da parte dell’Occidente “democratico”, gli esperimenti con il materiale genetico, la produzione di materiale sempre più potente per la distruzione in massa, la contaminazione della popolazione e del terreno, le malattie mentali, la distruzione del suolo e degli organismi viventi mediante le piante geneticamente modificate, le avarìe delle centrali nucleari, i suicidi, le violenze, le prestazioni mediche sempre più costose e le manipolazioni sempre più distruttive con i prodotti farmaceutici, le sempre più grandi differenze sociali e la sempre più profonda la miseria nella quale vivono le classi lavoratrici, i bambini e i pensionati, l’ambiente di vita contaminato sempre di più, il cibo sempre più tossico, il monopolio capitalista sui mass-media…  Allo stesso tempo, “la lotta per i diritti degli omosessuali” semina discordia tra le persone sulla base del loro orientamento sessuale che distrugge quelle forme di socialità (l’integrazione nazionale e di classe) che danno opportunità all’essere umano di sopravvivere e di ottenere la libertà.

La questione della (omo)sessualità può essere compresa in modo umanistico solo nel contesto della realizzazione di una integrale umanità dell’uomo, nella prospettiva della lotta per preservare la vita sulla Terra e per creare un mondo umano. La distanza critica rispetto al capitalismo dal punto di vista di una società umana implica allo stesso tempo anche la distanza critica rispetto all’omosessualità dal punto di vista dell’essere umano come essere evoluto naturale (vivificatore) e sociale. Su questa base gli omosessuali come esseri umani emancipati possono contribuire allo sviluppo di rapporti sociali che offrano la possibilità di superare la unidimensionalità (omo)sessuale. Si deve fare differenza tra quegli omosessuali che sono esseri umani emancipati e quelli la cui concezione del mondo e del futuro si basa sul loro orientamento sessuale. I primi sono in grado di comprendere l’omosessualità come fenomeno sociale nel contesto della lotta per l’esistenza dell’umanità e della creazione di un mondo umano; gli altri sono privi di una coscienza critica e ideale, e sono impantanati senza speranza nel fango capitalistico. L’emancipazione degli omosessuali, come esseri umani, dall’omosessualità è solo una delle forme mediante le quali l’essere umano viene liberato dai bisogni innaturali ed inumani che il capitalismo ha creato nell’uomo. Infatti, l’emancipazione degli omosessuali dalla omosessualità è solo una delle forme mediante cui l’essere umano viene emancipato dal capitalismo.  L’essere umano che è cosciente delle conseguenze disastrose dello sviluppo del capitalismo si deve opporre al demonio che  il capitalismo ha piantato in lui, in modo che egli, insieme ad altri esseri umani, lotterà contro il capitalismo e per un mondo umano. Tutti noi siamo delle vittime del capitalismo. Tutti noi dalla prima infanzia portiamo dentro di noi il germe del male il quale, nel mondo inumano, si sviluppa e distrugge l’umano in noi. Noi siamo tutti inclini alla violenza, alla gelosia, siamo egoisti, “perversi”, distruttivi… E’ solo questione di fino a che punto possiamo controllare e sopprimere il male in noi. L’unico modo per un essere umano di vincere il male piantato in lui è di combattere contro l’ordinamento sociale che crea il male e  sollecita il suo sviluppo. La solitudine è il terreno sul quale si sviluppa nel modo migliore il seme capitalistico del male. Lo sviluppo dei rapporti sociali e la trasformazione della società in una comunità di esseri umani liberi è il modo migliore con cui l’uomo può opporsi al male e sviluppare il proprio sentimento umano. Si tratta, infatti, dello sviluppo di una società emancipata e combattiva. Per questo motivo, iniziative sociali e movimenti operai che portano esseri umani fuori dalla loro tana di solitudine ed offrono loro la possibilità, lottando contro il mondo inumano, di avere delle esperienze di se stessi come esseri sociali, hanno un’importanza enorme. Nella lotta per l’esistenza dell’umanità e per la creazione di un mondo umano verranno alla luce quelle qualità delle persone che le uniscono e le fanno diventare umane.

Invece di adoperarsi per un mondo umano e per una umanità vera, la soluzione della questione dell’omosessualità viene cercata nel capitalismo che produce le forme peggiori di patologia sociale. In una società inumana le questioni umane possono essere “risolte” unicamente in modo inumano. Soltanto in una società umana le questioni umane possono essere risolte in modo umano.

 

Translated from Serbian by Mirjana Jovanović

Italian translation supervisor Andrea Martocchia

 

Nichilismo capitalistico

N

Il capitalismo è un ordinamento nichilistico non solo perchè esclude ogni giudizio valoriale, ma anche perchè distrugge le potenzialità vivificatrici della natura e dell’essere umano. Il nichilismo capitalistico non ha soltanto un carattere anti-umano, ma anche anti-esistenziale. La natura “conosce” la morte, che è la condizione del rinascere, ma non “conosce” la distruzione della vita. Nella natura e nella storia la morte apre alla possibilità di nuova vita: essa è per sua natura vivificatrice. Il capitalismo distrugge il ciclo stesso della morte e della rinascita, cioè le potenzialità vivificatrici della morte, e produce una nullità distruttiva.

Il capitalismo non solo crea uno Stato totalitario, bensì anche una società totalitaria. Infatti, la vita stessa è diventata una forza totalizzante che forma il carattere degli esseri umani e la loro coscienza, i rapporti tra di loro, il rapporto verso la natura… L’essere umano diventa distruttore non solo mediante il suo lavoro e il suo consumismo ma pure nella sfera vitale capitalistica, cioè vivendo la vita alla maniera capitalistica, per 24 ore al giorno e senza risparmiare nessuno. Il capitalismo costringe gli esseri umani a vivere la vita in modo distruttivo e in questo modo essi diventano complici nella distruzione del mondo. Una vita sempre più senza riguardo, che si basa sul sempre più veloce svolgimento del processo della riproduzione capitalistica, permette agli esseri umani di esistere solo se si comportano conformemente ai processi dominanti. Questa è la causa di una delle più dannose forme di patologia sociale: gli esseri umani cercano di privarsi delle elementari caratteristiche umane per poter sopravvivere nella società capitalistica totalitaria. Nel capitalismo l’essere umano non “migliora” mediante lo sviluppo delle proprie potenzialità umane specifiche, cioè come essere storico, ma mediante il modello dominante del vivere che lo priva della naturalezza e dell’umanità. L’origine della tragicità piccolo-borghese sta nel fatto che il piccolo borghese valuta se stesso mediante il vigente modello dominante il quale lo svaluta come essere umano. L’intangibile dominio del principio “I soldi non puzzano” porta al fatto che l’essere umano si espone all’umiliazione peggiore e che commette i peggiori delitti per ottenere soldi e affermazione sociale. Non è più la fuga dalla libertà (Fromm), bensì la fuga dalla responsabilità della distruzione della vita ciò che domina nelle società capitalistiche più sviluppate. Questa è la base del conformismo contemporaneo. Esso non è soltanto di natura anti-libertaria, ma prima di tutto anti-esistenziale. Il piccolo borghese si leva di dosso ogni responsabilità per la distruzione della vita e la riporta a un “Dio”, al Sole, alle stelle, alle profezie bibliche o d’altro tipo, a “forze terrestri misteriose” che si manifestano nella forma di “logge massoniche” e di altri gruppi che agiscono “dall’ombra”. La crisi sempre più drammatica dell’esistenza, invece di spingerlo alla lotta contro il capitalismo, lo induce a fuggire in mondi illusori offertigli dall’industria del divertimento, dalla chiesa, dalle sette, dalla droga, dall’ alcool… Nel contempo, la forma più importante di fuga dalla responsabilità della distruzione del mondo è il consumismo. Lo sviluppo della mentalità da “ubriacatura per l’acquisto”, cioè il totale affogamento dell’essere umano nel pantano capitalistico, è la più rovinosa forma di fuga dalla realtà. Anche qui viene confermato il principio che il capitalismo fonda il profitto sulla distruzione del mondo e dell’essere umano, e che questo ha carattere universale.

Il totalitarismo capitalistico è la forma più malvagia di totalitarismo che la storia conosca. Esso si basa sulla commercializzazione totale della natura e della società. Ogni angolo del Pianeta ed ogni segmento della vita sociale ed individuale sono diventati parte integrante del meccanismo della distruttiva riproduzione capitalistica. Altre forme storicamente date di totalitarismo appaiono relazionarsi o a un’idea di passato, o a una qualche idea trascendentale, oppure a una idea di futuro – e ciò apre la possibilità a una loro critica. Il totalitarismo capitalistico contemporaneo si fonda sul nichilismo distruttivo: esso annichilisce sia l’idea della trascendenza che l’idea di un futuro (o passato) e con ciò ogni possibilità di stabilire una distanza critica dal mondo esistente. All’inizio del suo sviluppo, il capitalismo creava una coscienza visionaria che apriva non soltanto lo spazio per il suo sviluppo, ma anche quello per il suo superamento (More, Campanella, Hobbes, Bacone, Owen, Fourier). Nel diventare un ordinamento totalitario distruttivo, il capitalismo annulla ogni coscienza visionaria e crea una coscienza positivistica totalitaria alla quale conviene l’idea della “fine della storia” e dell’”ultimo uomo” (Fukuyama). “Democrazia” è un altro termine per la fine della storia.

Il capitalismo abolisce la storia trasformando il tempo storico in eventi meccanici, cioè nel nulla positivo. Con il capitalismo comincia il tempo non-storico che è di carattere distruttivo e che rappresenta la distruzione della vita sulla Terra. Il misurare del tempo capitalistico non ha soltanto un carattere anti-storico, ma anche anti-esistenziale. Il “nulla” non è solo una vita insensata (irriflessiva), ma è la estinzione della vita. Il capitalismo è una forza totalizzante distruttiva che produce una nullità totale e cioè una tragicità di carattere fatale e senza speranza. Ciò che nella dimensione vitale ed umana appare come fenomeno reale, nell’orizzonte esistenziale e valoriale capitalistico diventa nulla. Il capitalismo annienta ciò che è umano affinché inumano ed anti-umano ottengano una dimensione spettacolare. In questo processo, non le cose e i fenomeni, ma il processo stesso dell’annientamento assume carattere feticistico. Attenendosi al mito del carattere “rivoluzionario” del capitalismo, Marx non ha capito che il capitalismo non si proietta nel futuro in primo luogo mediante lo sviluppo delle forze produttive e delle potenzialità emancipatrici della società borghese, bensì mediante la distruzione della natura e dell’essere umano, come anche mediante la distruzione dell’eredità emancipatrice della società borghese. Il “progresso” capitalistico elimina ogni possibilità di futuro: essa appare come u-topos [non-luogo, utopia] degenerata in senso capitalistico. Il capitalismo si stabilizzerà finalmente nel momento in cui avrà annientato la vita sul Pianeta e sarà arrivato al livello “zero” della natura inanimata.

Il cataclisma cristiano [l’Apocalisse] significa la fine della vita materiale e l’inizio di quella “vera”. Questo non è possibile in un essere umano privato dell’anima, vale a dire, se in lui è stata distrutta la fede in un mondo “reale”. Il capitalismo rapisce all’essere umano l’anima che è il simbolo della forza vitale dell’essere umano come essere spirituale e rappresenta la possibilità elementare di una sua deificazione. Il cataclisma capitalistico annienta la possibilità del cataclisma cristiano: non c’è peccato né redenzione, non c’è il pentimento né il perdono… Il capitalismo ha trasformato il mondo nel suo spazio pubblicitario, e l’essere umano nel fanatico edonista-distruttivo che non ha bisogno di incitamenti validi che siano al di sopra del mondo esistente. I rapporti umani hanno perso la dimensione spirituale ed etica. Il denaro come un nulla spettacolare è diventato il mezzo per annientare i valori spirituali, ed il principio “I soldi non puzzano” è diventato il principio “religioso” supremo. L’apocalisse contemporanea non si basa sulla coscienza religiosa e non ha un carattere illusorio, ma è una realtà sempre più visibile che si fonda sullo sviluppo del capitalismo come ordinamento totalitario distruttivo.

La distruzione radicale del tessuto sociale, e in questo modo la distruzione dell’essere umano come essere sociale, rappresenta un’altra “qualità” del capitalismo. Il capitalismo degenera l’essere umano in quanto essere naturale (erotico) e sociale poiché fa degenerare i rapporti tra gli esseri umani. Esso annienta il bisogno dell’uomo per l’uomo e crea un uomo patologico, in primo luogo perchè dall’infanzia gli annulla il bisogno degli altri esseri umani e in questo modo la possibilità di sviluppare il sentimento umano. Il capitalismo produce un essere umano solitario, perso nella nullità capitalistica, incline alla fuga dal mondo reale verso quello illusorio. Gli esseri umani diventano le monadi di Leibniz tecnicizzate. Ancora peggio, indurre nell’uomo la paura verso l’uomo rappresenta la base della “socialità” capitalistica. Trasformare l’uomo in nemico dell’uomo rappresenta uno dei peggiori delitti del capitalismo. Con la distruzione dell’essere umano come essere sociale mediante la “fabbricazione” di individui atomizzati, in guerra permanente, il capitalismo acuisce il dissidio tra la certezza dell’esistenza immediata dell’essere umano come individuo e la certezza dell’esistenza dell’umanità. Infatti, la certezza dell’esistenza immediata dell’essere umano come individuo in virtù del meccanismo di riproduzione capitalistico, che lo trasforma in un egoista distruttivo, mette sempre più drammaticamente in questione la capacità dell’umanità di assicurarsi l’esistenza. E questo a maggior ragione in quanto l’atomizzazione degli esseri umani è la peggior forma della loro de-politicizzazione.

Il capitalismo produce forme di “socialità” che degenerano l’essere umano in quanto essere sociale. La “socialità” si riduce alla lotta tra gli esseri umani, alla bugia, all’inganno, al delitto… Nel mondo contemporaneo niente distrugge con più efficacia il bisogno dell’uomo per l’uomo che il contatto dell’uomo con l’uomo. Cessano i rapporti autentici tra gli uomini, nei quali l’essere umano può realizzarsi come un essere libero, erotico, emotivo, spirituale e creativo, e i rapporti tra gli uomini assumono un carattere tecnico e distruttivo così come l’essere umano stesso diventa un essere meccanico e distruttivo. Il capitalismo crea un surrogato della socialità nella forma dei “consumatori”, degli “spettatori”, dei “fans”, “del popolo di facebook”… Lo sport è uno dei mezzi più importanti della degenerazione e della distruzione della socialità umana. Gli sportivi sono ridotti a classe quasi-militare adibita al divertimento e al circo, come equilibristi da salti mortali, e il pubblico è ridotto alla “massa dei tifosi”. Gli spettacoli musicali, le feste della birra ed altre sbevazzate, le discoteche, i supermercati ed i centri commerciali, le zone pedonali nei quartieri commerciali delle città eccetera – sono tutte forme di produzione capitalistica di “socialità” privata di ogni naturalezza e sentimento umano. Essa si riduce a quelle ”masse consumistiche” il cui atteggiamento condiziona il processo della riproduzione capitalistica distruttiva, vale a dire una vita del tutto commercializzata. Il capitalismo trasforma l’essere umano da essere sociale in essere consumistico, e la società da comunità di persone emancipate diviene moltitudine di consumatori. Il mega-store è diventato lo spazio sociale più importante, e i “saldi” di fine stagione con la relativa pazza corsa consumistica  sono le forme più autentiche mediante le quali si manifesta la socialità capitalistica.

Per quanto riguarda l’internet, le possibilità sempre più grandi della “comunicazione” tecnica sono diventate sostitutive delle sempre più esigue occasioni di rapporti umani autentici. Invece di instaurare rapporti immediati tra gli esseri umani, si instaurano “rapporti” mediante un’immagine “abbellita” che corrisponde al modello del “volto di successo” secondo i criteri dei valori dominanti, cioè mediante l’auto-degradazione e l’auto-menomazione dell’essere umano. L’anonimato, la possibilità della immediata interruzione del contatto, la possibilità della “trasformazione” e del “ritocco” – tutto questo si frappone alla “comunicazione”. Sullo schermo del computer non appare la vera immagine dell’essere umano, ma la sua maschera. Per il tramite di internet non si instaurano rapporti tra gli esseri umani, bensì comunicazioni tecniche con le quali gli esseri umani vengono “liberati” dalla esistenza sensibile, erotica, emotiva, ovvero dalla esistenza sociale e dalla mediazione sociale. Sullo schermo appaiono immagini che non si possono percepire con i sensi, toccare, guardare negli occhi… immagini senza odore, senza voce, senza calore… Si ha l’impressione di essere “liberati” da quel mondo in cui l’essere umano non può realizzare la sua umanità e questo in modo da ridurre l’essere umano ad una apparizione tecnica mascherata. Il populismo di internet è la forma meno umana di populismo. Apparentemente, chiunque può mostrarsi in “pubblico” – ma è un “pubblico” virtuale, di esseri umani anonimi che si nascondono dietro lo schermo del computer. Inoltre, la maggior parte dei testi pubblicati in internet sono al di sotto di ogni livello culturale e vengono imposti agli altri mediante una sempre più aggressiva “presentazione tecnica” che corrisponde al meccanismo delle campagne pubblicitarie della “società consumistica”. La cosa peggiore è che i giovani accettano di essere precipitati nel mondo virtuale. Questa è la “risposta” conformistica dell’uomo solitario affondato nel fango della disperazione capitalistica. Accettare il mondo virtuale significa, infatti, accettare il mondo esistente dove non c’è posto per la giovinezza, per l’amore, per il futuro… Si tratta, in definitiva, di togliere ogni possibilità agli esseri umani di unirsi e di operare in quanto esseri politici tesi a sradicare ciò che è male.  L’annientamento dell’essere umano come essere sociale mediante la tecnica ed il modo di vita “consumistico” rappresentano la maniera più efficace per la sua de-politicizzazione. Senza alcun legame immediato e  organizzazione degli oppressi basata su di una qualche visione di un mondo futuro per il quale si debba lottare, uscire sulle strade si riduce allo scaricare la frustrazione, il che non contribuisce all’abbatimento del mondo inumano, bensì produce nuove forme di oppressione e sfruttamento.

 

Translated from Serbian by Mirjana Jovanović

Italian translation supervisor Andrea Martocchia

 

La rivoluzione d’ottobre

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Se si parte dalla concezione che ha Marx della storia, la Rivoluzione d’Ottobre ha una sua legittimità storica? Secondo Marx, non tutte le crisi esistenziali del capitalismo possono essere presupposto storico per una rivoluzione socialista, ma soltanto quelle crisi in cui i rapporti produttivi (di proprietà) sono diventati un freno allo sviluppo delle forze produttive e qualora le contraddizioni del capitalismo siano arrivate al limite. Le condizioni sociali sono necessarie, ma non sufficienti come condizione per una rivoluzione. Soltanto quando si sono create adeguate condizioni storiche, la rivoluzione socialista è possibile. Secondo Marx, un’eventuale rivoluzione socialista nella Russia zarista avrebbe avuto legittimità storica se fosse stata la scintilla in grado di accendere i fuochi delle rivoluzioni socialiste nei più sviluppati paesi capitalisti d’Europa. In altre parole, soltanto sotto l’influenza dell’eredità emancipatrice dei più sviluppati paesi capitalisti, che nella rivoluzione socialista avrebbe avuto la sua piena espressione, la rivoluzione avrebbe potuto assumere il carattere di una rivoluzione socialista nei paesi capitalisti meno sviluppati.

Partendo dal concetto che aveva Marx di rivoluzione socialista, nella Russia zarista del 1917 non esisteva alcuna delle condizioni storiche per una rivoluzione socialista, ma esistevano invece le condizioni storiche per una rivoluzione civile ed anticoloniale e le condizioni sociali per un’insurrezione operaia e contadina. Nella Russia zarista la crisi esistenziale non si è determinata perchè i rapporti di produzione erano diventati un freno allo sviluppo delle forze produttive, bensì soprattutto a causa della guerra. Le contraddizioni del capitalismo invece di svilupparsi fino al massimo nella crisi economica causata dall’arresto della crescita capitalistica delle forze produttive, si sono sviluppate sulla base della generale crisi sociale causata dalla guerra. La guerra, come forma massimamente distruttiva dello sfruttamento dei lavoratori e dei contadini da parte dei capitalisti, ha acuito il conflitto di classe a tal punto che esso si è trasformato in una guerra di classe. L’uccisione di milioni di lavoratori e contadini, le sconfitte al fronte, la povertà e la morte di massa causata dalla fame, hanno creato una crisi tale da provocare una sollevazione dei contadini e dei lavoratori, diretta dai bolscevichi nel senso di cambiamenti rivoluzionari. Nella Russia zarista, dilaniata dai venti della Prima guerra mondiale, non c’erano condizioni storiche, ma esistenziali, e su questa base c’erano le condizioni politiche per una rivoluzione sociale.

Non sono stati i bolscevichi a far crollare l’Impero russo. La Rivoluzione d’Ottobre non è stata la causa bensì la conseguenza del crollo dell’Impero russo, così come la Rivoluzione di Monaco di Baviera non è stata la causa del crollo della monarchia tedesca, ma la sua conseguenza. La sconfitta nella guerra contro il Giappone, come anche la Rivoluzione russa del 1905, che i Romanov hanno soffocato nel sangue, hanno preannunciato il crollo dell’Impero russo che si è verificato durante la Prima guerra mondiale ed anche nella Rivoluzione borghese del febbraio del 1917. I bolscevichi non hanno costruito l’Unione Sovietica sulle fondamenta dell’Impero russo, ma sulle sue rovine.

Dal momento che per Marx il criterio più importante per determinare la legittimità storica di un ordinamento sociale sta nel fatto se esso consenta o meno lo sviluppo delle forze produttive, la Rivoluzione d’Ottobre ha una legittimità storica di prim’ordine. Nella Russia zarista il capitalismo non si è  sviluppo autonomamente. La Russia zarista era una colonia dell’Occidente ed il suo sviluppo economico dipendeva dall’espansione economica dell’Occidente. Il carattere anticoloniale della Rivoluzione d’Ottobre è stato di cruciale importanza poichè ha reso possibile lo sviluppo indipendente dell’URSS  e quindi lo sviluppo dell’istruzione, della scienza, dell’economia, dell’ organizzazione militare e dell’industria … Ha reso possibile che l’Unione Sovietica da arretrato paese agrario divenisse ben presto un paese industriale sviluppato. Basandosi unicamente sulle proprie risorse ed in completo isolamento economico, l’Unione Sovietica 20 anni dopo la Rivoluzione d’Ottobre divenne la prima potenza scientifica e la seconda potenza economica nel mondo. Durante la Seconda guerra mondiale (nonostante la perdita di oltre 25 milioni di persone) è stata la più potente forza militare del mondo, che ha distrutto oltre il 75% del potenziale militare della Germania nazista e ha occupato Berlino.

Diventando il capitalismo un ordinamento totalitario distruttivo, la Rivoluzione d’Ottobre assume una nuova dimensione. Se lo sviluppo storico dell’umanità viene considerato nel contesto esistenziale, e se si tiene conto che lo sviluppo del capitalismo si basa sulla distruzione della natura e dell’intera razza umana, la Rivoluzione d’Ottobre ha una legittimità storica di prim’ordine. La sua qualità principale è che ha abolito il capitalismo e dunque il dominio coloniale sulla Russia da parte delle potenze capitaliste più sviluppate, e ha impedito così che in Russia, come in altri paesi ove sotto la sua influenza si è verificata la rivoluzione operaia, le contraddizioni del capitalismo in quanto ordinamento ecocida e genocida si sviluppassero completamente, vale a dire ha impedito che il capitalismo in Russia distruggesse l’ambiente naturale e le popolazioni che vi vivevano. Se non ci fosse stata la Rivoluzione d’Ottobre e non fosse stata creata l’Unione Sovietica con le sue potenzialità economiche, scientifiche e militari, i popoli slavi (ed asiatici) avrebbero dovuto affrontare nel secolo XX la stessa sorte che è capitata agli indigeni del Nord America nel XIX secolo.  Il “Drang nach Osten” di Hitler è stato solo una continuazione della marcia genocida dell’Occidente capitalista verso l’Oriente, iniziata nella seconda metà del XIX secolo con la Rivoluzione industriale in Germania e poi con la Prima guerra mondiale, e continuata a seguito dello scoppio della Rivoluzione d’Ottobre. Le truppe interventiste d’Occidente non hanno “difeso” l’Impero russo, ma hanno usato la sollevazione dei bolscevichi come scusa per fare i conti  con il potenziale creativo del popolo russo (in questo contesto con la borghesia russa) al fine di impedire alla Russia di diventare una potenza in grado di contrastare l’Occidente nella lotta per il dominio globale. Infine, gli stati interventisti non cercavano di preservare lo stato russo, ma di dividerlo in protettorati, proprio come hanno fatto in Cina, nel mondo arabo, in Africa, Sud America e nei Balcani. Il rapporto dell’Occidente nei confronti della Russia si basava sul principio dominante del capitalismo monopolistico: “Distruggi la concorrenza!”, vale a dire che era di natura ecocida-genocida. Così è pure oggi. L’Occidente sostiene in Russia solo le forze politiche che cercano di trasformare la Russia in una colonia delle più potenti corporazioni capitalistiche dell’Occidente, quelle che mirano a distruggere il potenziale biologico, creativo e libertario del popolo russo.

Per quanto riguarda la sua legittimità umanistica, va detto che la Rivoluzione d’Ottobre ha reso possibile l’istruzione gratuita per tutti, il che ha portato alla eliminazione dell’analfabetismo imperante nella Russia zarista che a quei tempi affliggeva oltre l’80% della popolazione; ha portato l’assistenza sanitaria pubblica gratuita; la piena occupazione; la giornata lavorativa di 8 ore e l’umanizzazione delle condizioni di lavoro; la pari valutazione nelle prestazioni lavorative di uomini e donne (cosa che ancora oggi non esiste nei paesi capitalisti più sviluppati); il diritto di voto ed altri diritti politici per le donne; il diritto all’alloggio gratuito… La cosa più importante è che il lavoro minorile – che nella Russia zarista, come anche nell’Occidente, era sfruttato fino a 14 ore al giorno – fu abolito. Durante l’industrializzazione dell’Inghilterra, degli Stati Uniti, della Francia, della Russia zarista e di altri paesi capitalistici, nelle fabbriche e nelle miniere sono morti di esaurimento fisico, di malattie e di fame decine di milioni di bambini. Per quanto riguarda la legittimità umanistica delle rivoluzioni borghesi, i francesi ancora oggi celebrano la Rivoluzione borghese francese benchè in essa il numero di morti sia stato (percentualmente) molto più alto rispetto alla Rivoluzione d’Ottobre, con più di 36.000 membri di famiglie aristocratiche ghigliottinate in pubblico. E cosa dire riguardo alla Prima Guerra Mondiale, provocata dai capitalisti con lo scopo di “superare” la crisi economica del capitalismo, nella quale furono uccisi oltre 20 milioni di lavoratori e contadini ed altrettanti furono feriti, nella quale morirono di fame e di malattie milioni di bambini, e della quale fu diretta conseguenza la “febbre spagnola” che in Europa provocò la morte di oltre 20 milioni di persone? Non è questo un crimine dei capitalisti? Un’altra caratteristica umanistica della Rivoluzione d’Ottobre è stato il fatto che ha tirato fuori il popolo russo dalla carneficina della Prima guerra mondiale ed ha così impedito lo sterminio di milioni di persone.

Lev Trotzkij, il comandante dell’Armata Rossa, ha pubblicato negli anni trenta del XX secolo il libro “Rivoluzione tradita” dove ha messo in dubbio il carattere socialista dell’Unione Sovietica post-rivoluzionaria per essersi essa allontanata dagli ideali della Rivoluzione d’Ottobre. Trotzkij non mette in dubbio la storicità della Rivoluzione, ma fa i conti con il volontarismo politico dei capi del partito che hanno portato all’alterazione degli ideali e hanno compromesso gli obiettivi della Rivoluzione. La Rivoluzione d’Ottobre ha avuto, secondo Trotzkij, una legittimità storica come rivoluzione socialista poichè è stata una rivoluzione di massa dei lavoratori, mentre nel periodo post-rivoluzionario gli obiettivi della Rivoluzione sarebbero stati distorti dai capi del partito che si sono appropriati del potere conquistato dai lavoratori nella Rivoluzione che è diventato  un potere alienato dai lavoratori. Trotzkij non comprende che la natura della Rivoluzione ha condizionato la natura degli sviluppi post-rivoluzionari. Ciò non significa che non c’erano delle idee politiche alternative, ma solamente che non esistevano delle forze politiche abbastanza potenti da indirizzare il corso degli avvenimenti in un’altra direzione. La rivolta dei lavoratori a Kronštadt (nel febbraio del 1921 NdT) ne è un tipico esempio. Osservando quest’evento attraverso una lente non-storica, certi teorici contrappongono al volontarismo dei capi del partito il romanticismo rivoluzionario e trasformano la classe lavoratrice dell’Unione Sovietica dell’inizio del XX secolo in una forza mitologica che incarnerebbe non solo l’eredità emancipatrice della lotta della classe lavoratrice nei paesi capitalistici più sviluppati dell’Occidente, ma anche gli ideali umanistici portati avanti da Marx come idea-guida per i lavoratori. Da questo punto di vista ideale, gli operai e i contadini essendo in grado di vincere la borghesia (e le forze interventiste d’Occidente) erano anche in grado di creare una società socialista. In realtà, la conquista del potere da parte dei lavoratori è stato soltanto un primo passo verso lo sviluppo della  società socialista che sarebbe dovuta essere  il vero risultato della rivoluzione socialista.

Il “culto del Partito” e il “culto del Leader”, che furono  creati durante la Rivoluzione, erano possibili perchè non c’erano le condizioni storiche per una vera rivoluzione socialista. Esisteva un partito rivoluzionario, ma non la classe operaia rivoluzionaria. La rivolta dei lavoratori e dei contadini è iniziata dal “basso”, ma la rivoluzione è stata mossa dall’”alto”. Il fanatismo del volontarismo rivoluzionario si basava sugli sforzi umani necessari per superare il divario che divideva un’arretrata Russia zarista dall’Occidente industrialmente sviluppato. Lenin sostiene che “Il socialismo è l’elettrificazione più l’industrializzazione”. La realtà dell’arretrata Russia zarista, devastata dalla Prima guerra mondiale e dalla guerra civile, doveva essere “adeguata” a quelle condizioni storiche necessarie per la creazione (e la sopravvivenza) di una società socialista. Il socialismo nell’Unione Sovietica non è nato al punto culminante dello sviluppo del capitalismo o come frutto dello sviluppo storico ed, in questo contesto, di un generale sviluppo sociale, ma è stato piuttosto un “progetto” politicamente ideato che doveva essere realizzato dal Partito. La leadership del Partito ha ottenuto letteralmente  lo status di “ingegneri sociali” il cui compito era di “costruire il socialismo” nell’Unione Sovietica mentre le masse dei lavoratori divennero il mezzo per portare a termine questo compito. Una delle più importanti tesi politiche di Lenin di quel periodo è stata che  “dal capitalismo si deve ricavare tutto quello che rende  possibile lo sviluppo del socialismo”. La natura meccanicistica di questo modo di pensare mostra la non-storica natura dell’”instaurazione del socialismo” nell’Unione Sovietica. Il volontarismo della leadership del partito, strumentalizzato nella forma dell’apparato statale, fu, prima di tutto, condizionato dal fatto che il capitalismo non era stato sradicato nella Rivoluzione. La lotta contro la restaurazione del capitalismo è stata un punto di riferimento strategico per l’ordinamento dominante fino al suo crollo.

L’ordinamento dominante nell’Unione Sovietica ha avuto la sua legittimità storica fin quando è stato in grado di sviluppare le forze produttive. Nel momento in cui la proprietà statale è diventata l’ostacolo principale per lo sviluppo economico, esso è diventato un ingombro. Invece di arrivare ad una rivoluzione socialista “correttiva”, in cui i lavoratori avrebbero sottratto il potere alla burocrazia corrotta e quindi assunto direttamente il controllo della produzione e del processo complessivo di riproduzione sociale, quelli che avevano il potere esecutivo effettuarono il colpo di stato che portò alla restaurazione del capitalismo e trasformò l’Unione Sovietica in una colonia dei più potenti paesi capitalisti dell’Occidente. Quello che non è riuscita a fare nemmeno la Germania nazista è riuscita a fare la “borghesia rossa” incorporata nella corrotta ed alienata leadership del Partito comunista: distruggere l’Unione Sovietica. La proprietà privata ristabilita, invece di far crescere le forze produttive, ha portato ad un diffuso saccheggio ed alla rovina economica, scientifica, ecologica e biologica delle ex-repubbliche dell’ URSS. La distruzione dell’URSS e l’”introduzione” del capitalismo senza una opposizione di  massa  da parte della classe lavoratrice è stata possibile perchè, da una parte, la struttura politica dominante era del tutto alienata dai lavoratori ed aveva un potere inattaccabile, e, dall’altra parte, perchè nell’URSS i lavoratori come astratti “cittadini” avevano perso la loro autenticità  di classe e con ciò la possibilità di influire come forza politica organizzata nella vita del paese. Lo smembramento dell’URSS da parte della “borghesia rossa” è stato, infatti, una fatale sconfitta della classe lavoratrice dell’URSS dalla quale tuttora essa non si è ripresa. La distruzione dell’URSS, insieme alla distruzione della Jugoslavia, sono state la fase finale dell’annientamento delle potenzialità emancipatrici dell’ordinamento socialista e la instaurazione di una dittatura capitalista sui lavoratori.

Nonostante le esigenze sempre più radicali di cambiamento, la crescente crisi esistenziale, creata dal capitalismo, distrugge in modo sempre più drammatico qualsiasi visione umanistica del futuro. Tutti sfoderano una spada, chi per uccidere chi per difendersi. Invece dell’essenza, è l’esistenza che diventa un imperativo incontestabile. Le dominanti corporazioni capitalistiche dell’Occidente hanno portato l’umanità sull’orlo di un abisso, e la lotta per la sopravvivenza si sta conducendo sul bordo di un  baratro. Coloro che sono più deboli cadranno per primi nel vuoto e scompariranno per sempre. Questa è la principale ragione per cui in Russia, nonostante i crimini del regime stalinista, si sta ricreando il “culto di Stalin”. La crisi sempre più profonda dell’Occidente e le sempre più aggressive politiche fondate su di essa, indirizzate ad annientare i miliardi in “surplus” e ad impadronirsi di territori stranieri, hanno fatto sì che in Russia una grande importanza viene attribuita a quei personaggi storici che hanno operato per costruire il suo potere economico, scientifico e militare, e per opporsi all’Occidente. Stalin è un simbolo della vittoria, vale a dire innanzitutto è un simbolo del potenziale esistenziale del popolo russo, e questo è ciò che lo rende popolare. Lo stesso avviene per Lenin. Non solo il carattere sociale (di classe), ma piuttosto la natura anticoloniale della Rivoluzione d’Ottobre e le fondamenta del potere economico, scientifico e militare, che sono posti in essa, sono la base della popolarità di Lenin in Russia e nei paesi che stanno lottando contro l’imperialismo moderno. Quando si glorifica la Russia zarista, si pensa piuttosto alle sue potenzialità costruttive dello stato. In questo contesto un significato di prim’ordine lo ha Pietro il Grande.

 

Translated from Serbian by Mirjana Jovanović

Italian translation supervisor Andrea Martocchia

 

La mente vivificante contro l’irrazionalita’ distruttiva

L

Nel diventare un ordinamento totalitario distruttivo, il capitalismo ha messo in discussione il modo moderno di pensare basato sull’apriorismo esistenziale e sulla corrispondente  idea di progresso. In questo contesto, vengono messi in discussione l’umanesimo che ha un carattere essenziale e la critica del capitalismo che parte da criteri essenziali. Distruggendo in modo sempre più intensivo la vita sulla Terra, il capitalismo ha abolito il relativismo ontologico che si fonda sulla certezza esistenziale. Ciò che veramente esiste, viene determinato dall’annientamento capitalistico della vita che ha carattere totalitario. Niente  è più non-essere, il che significa nullità essenziale, ma una  completa  e definitiva sparizione dell’umanità.

E’ necessario sviluppare un modo di pensare tale che renda possibile capire in maniera esatta la dominante tendenza dello sviluppo globale e che, sulla base dell’eredità umanistica, instauri un vasto movimento sociale che potrà impedire la distruzione del mondo. Dal punto di vista storico la mente ha acquisito l’autocoscienza dalla lotta dell’uomo per la libertà. Considerando che il capitalismo in modo sempre più drammatico minaccia la sopravvivenza del mondo vivente, la mente contemporanea può acquisire l’ autocoscienza dalla lotta del genere umano per la sopravvivenza. La critica al capitalismo basata sul relativismo essenziale deve essere sostituita dalla critica che parte dalle provocazioni esistenziali del capitalismo imposte al genere umano. Al posto della dominante irrazionalità distruttiva, che porta alla totale annichilazione, deve essere affermata una mente vivificante capace di creare un mondo umano.

La pratica vivificante come principio universale e totalizzante deve essere il punto di partenza nella lotta contro il capitalismo. Essa acquisisce un concreto significato storico nei confronti del capitalismo come ordinamento totalitario distruttivo e sulla base delle potenzialità vivificanti della natura e dell’essere umano. Pratica vivificante significa ravvivare le potenzialità vivificanti della materia, della natura vivente, dell’uomo, della storia, della società umana… Il risultato più importante della pratica vivificante deve essere la società come comunità di persone libere e creative, e la natura come totalità elaborata e vivificante. Il capitalismo non dà vita, bensì distrugge le potenzialità vivificanti della materia, della natura vivente, della storia… Esso ha strumentalizzato e degenerato le potenzialità vivificanti dell’essere umano: esse servono per creare un “mondo tecnico” nel quale non c’è posto né per la natura né per l’uomo.

La pratica vivificante umana implica la libertà, il che significa superamento della pura naturalezza mediante un attivo e variato rapporto verso la natura e mediante la creazione di un mondo nuovo. Le specifiche potenzialità vivificanti dell’uomo quale più alta forma nell’evoluzione della natura rappresentano un legame tra la natura e l’uomo e sono la base dell’evoluzione dell’uomo in quanto essere naturale peculiare. Trattasi della trasformazione dell’uomo da puro essere naturale in essere libertario. Mediante una elaborata pratica vivificante, l’essere umano si trasforma da essere generico in un essere vivificante emancipato che non riproduce solo la sua capacità vivificante, come succede nel mondo animale, ma plasma il proprio mondo. In questo senso, si deve fare differenza tra la pratica vivificante come creazione di pura vita e la pratica vivificante come creazione di un mondo umano. In altre parole, si deve fare la differenza tra il principio naturalistico di vitalizzazione e quello storico: l’essenza del principio naturalistico di vitalizzazione è il determinismo; l’essenza del principio storico di vitalizzazione è la libertà.

Le potenzialità vivificanti dell’uomo come essere naturale e umano possono essere realizzate nella natura solo in quanto insieme vivificante.  Il rapporto attivo dell’essere umano verso la natura offre la possibilità di superare la pura naturalezza se ciò implica la preservazione e lo sviluppo delle forze vivificanti della natura. Il principio vivificante è il cordone ombelicale che unisce l’essere umano alla natura trasformandoli in un insieme vivificante. La natura vivente non è mera materia, ma una materia formata mediante il processo vivificante dell’evoluzione, ed in questo senso è una materia specifica, e come tale è la base del mondo umano come universo specifico. Essa è organizzata come un tuttoorganico che sviluppa forme di vita superiori, il che significa che è caratterizzata da un attivismo vivificante. L’essere umano è la più alta forma vivificante nell’evoluzione della materia vivente mediante la quale la natura è diventata auto-consapevole e vivificante insieme. La pratica libertaria e creativa dell’uomo è quel potere che dà alla materia una dimensione storica, il che vuol dire che mediante essa un insensato movimento meccanico diventa un sensato movimento storico. L’ universale e creativo essere dell’uomo, che ha illimitate potenzialità auto-riproduttive rappresenta la base del principio vivificante umano. Ogni atto creativo apre nell’uomo un nuovo spazio creativo e così ad infinitum. Il diventare dell’uomo un essere storico auto-consapevole, vale a dire un essere del futuro, rappresenta il risultato più importante della realizzazione delle potenzialità vivificanti della natura, e la capacità di plasmare il futuro rappresenta la più autentica espressione della forza vivificante della società umana.

Il capitalismo in quanto ordinamento totalitario distruttivo non annichilisce soltanto la storia, ma anche l’evoluzione degli esseri viventi, il che innanzitutto vuol dire l’evoluzione dell’essere umano come forma più sviluppata della vita sulla Terra. Si tratta di una mutazione capitalisticamente condizionata dell’uomo che lo riduce alla sua degenerazione come essere naturale, creativo e sociale. Il capitalismo annienta le potenzialità vivificanti dell’essere umano condizionate dalla natura e dalla storia, lo riduce ad una materia tecnicamente organizzata, e riduce la società umana ad un formicaio meccanico.  In questo modo, vengono degenerate ed annientate le potenzialità vivificanti della materia vivente accumulate nel gene umano nel corso di più di tre miliardi di anni di evoluzione del mondo vivente, come anche le capacità creative dell’essere umano che sono il prodotto dello sviluppo storico e che possono realizzarsi soltanto dentro una società come comunità naturale umanizzata. In essenza, il capitalismo svaluta e abolisce l’uomo come essere umano e naturale. La tesi sempre più diffusa secondo cui “l’umanità tradizionale” sarebbe superata e che debba svilupparsi la razza dei cyborgs indica che l’uomo come essere umano e naturale è diventato un ostacolo per il capitalismo, e come tale inutile.

Il ponte che l’essere umano ha costruito durante la sua esistenza storica, che lo porta verso il futuro, ha già cominciato a crollare. Il meccanismo capitalistico di propaganda cerca di impedire all’essere umano di diventare consapevole di questo processo. Ancora peggio, la vita degenerata in modo capitalistico plasma una coscienza di tipo tale da impedire agli esseri umani di capire la natura del pericolo che sovrasta l’umanità. Il capitalismo impone un modo di pensare che non permette all’uomo di cercare risposte a domande che sono di vitale importanza per la sua sopravvivenza e libertà. Allo stesso tempo, il crollo economico del capitalismo, che direttamente espone a pericolo la vita di un sempre più alto numero di esseri umani, marginalizza domande dalle quali dipende l’esistenza dell’umanità e relativizza la loro drammaticità. Che importanza ha la distruzione di boschi e lo sciogliersi di ghiacciai per un uomo che con la sua famiglia sta morendo in povertà? La cosa più fatale è che la sfida esistenziale imposta dal capitalismo all’umanità sta in totale contraddizione con la natura dell’uomo plasmato dal capitalismo. Costui è un piccolo borghese che non sente alcuna responsabilità per l’esistenza del mondo e per il quale la questione della sopravvivenza dell’umanità si riduce alla questione della sopravvivenza personale. La reazione spontanea del piccolo borghese atomizzato alla sempre più reale possibilità di una distruzione globale non è di prevenire la distruzione del mondo, ma di trovare rifugio per sé stesso. Questo a maggior ragione in quanto la preservazione del ponte rappresenta una sfida che supera di gran lunga forze individuali umane e l’uomo come individuo solitario si sente inerme davanti all’imminente cataclisma. Il compito più importante della mente vivificante è quello di indicare l’importanza esistenziale della socialità e di contribuire in questo modo ad accrescere il bisogno dell’essere umano per il suo prossimo. Senza una emancipata e combattiva socialità l’essere umano è condannato ad una solitaria disperazione che lo porta alla morte.

 

Translated from Serbian by Mirjana Jovanović

Italian translation supervisor Andrea Martocchia

 

Ljubodrag Simonović: Vision of the future

L

Ljubodrag Simonović
e-mail: comrade@orion.rs
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VISION OF THE FUTURE

           The following are the principal ideas that offer humankind the possibility of survival and to create a humane world: direct democracy; production for meeting genuine human needs; a radical reduction in labor time; the development of man’s creative being; the development of interpersonal relations and the establishment of a humanized relation to nature. These ideas constitute an integral part of modern visionary thought, and their substantial relevance today lies in their opposition to the totalitarian destructive order that is capitalism, their relation to the very real possibility of global annihilation. They are no longer a libertarian challenge, but, instead, have become an existential imperative.

Direct democracy

           Capitalism has fully captured the political sphere into its existential orbit. Man’s political being has been alienated from him and absorbed into a „public sphere” that is now the private property of corrupt party oligarchies. The „public sphere” has become a vehicle for eliminating sociability, with its implications of a community of emancipated political beings. The citizen is reduced to a part of the voting machinery, with „elections” providing a „democratic” legitimacy to the ruling order. The political sphere has become a political circus, and the „political struggle” between parties is now a struggle for power between the most powerful capitalist groups. The elections are always won by capitalism, while workers remain defeated.

          The economic sphere of capitalism has become the undisputed totalizing power over all social life. It confronts the citizen as a constitutive agent of (bourgeois) society and reduces him, through the „consumer” way of life, to a depoliticized and depersonalized subject. A vast majority of citizens in the most advanced capitalist countries live in debt-slavery. What freedom” can man enjoy if he is literally a slave to the banks and thus to the current capitalist order? His life, as well as the life of his family, is immediately conditioned by his „indebtedness”. For millions of citizens in the most developed capitalist countries, „freedom” is just the choice between prison, begging and suicide.

           The destruction of nature and its transformation into man’s enemy constitutes the destruction of humanity’s emancipatory legacy, the possibility of creating a humane society and developing man as a humane and natural being. By destroying nature, capitalism makes man increasingly dependent on it and thus reduces the existential space necessary to realize the emancipatory potential of civil society. The increasingly dramatic destruction of the fundamentals of human existence leads to the rise of new forms of totalitarianism. The creation of a „new world order”, under which the most powerful capitalist concerns intend to destroy the institutional structure that enables citizens to express their sovereign political will and defend their existential interests, is brought about by capitalist destruction. The rise of totalitarianism goes hand in hand with the destruction of life: capitalism destroys democratic institutions and the germ of a novum created by bourgeois society and establishes a global fascism based on an ecocidal terrorism. In this context, the political struggle of the oppressed is degenerated with their criminalization, with their resentment over being coerced into large-scale, murderous violence. By destroying the emancipatory legacy of civil society, capitalism destroys the critical-changing and visionary mind, moral reasoning, spirituality, man’s erotic and social being – all the qualities that make man human –  and, thus, calls into question the very existence of the visionary and changing practice necessary to realizing the objective possibilities of creating a new world.

            „Indirect democracy” implies intellectual elitism and thus an intellectual „elite” that mediates between man and the world and makes the decisions that determine the future of humanity. The members of the French Enlightenment and Classical German philosophers, as well as the philosophers belonging to the school of English Liberalism, maintained that the world should be pervaded by the mind through the rule of an „enlightened elite” over „common citizens”. They sought to shape modern reason as the expression of an idea of the world of the newly elevated bourgeois class that will mediate between man and the world, and as an undisputed criterion for determining „truth” and „correct conduct”. Reason can no longer be the privilege of the intellectual elite”, it must become man’s basic right. All the more significant was the intention to „return” reason to the people by eradicating the class order, for man’s ability to relate to the world and the future in a reasonable way is not only a basic preconditions of human freedom, but also a basic preconditions for humanity’s survival.

          Instead of a new „great philosophy”, which would mediate between man and the world, thereby forming the basis of human self-consciousness and the starting point for social practice, people must develop a way of thinking that will lead their thinking about vital existential and essential issues and enable them to develop a combative sociability to bring an end to capitalism and create a new world. Only within a political struggle can reason take on a changing dimension. Without everyday political engagement, reason, in itself, regardless of its „quality”, can only hinder the struggle for survival and freedom. In this context, people should not use philosophy to mystify and defend the ruling order. Reasonable people should become the leading force in the demystification of capitalist „progress” and the creation of a vision of the future. It is in this context that Marx’s XI Thesis on Feuerbach, together with the idea that the „correct theory is the consciousness of a world-changing practice”, reveals its true value.

              The increasingly dramatic threat to man’s immediate existence is the basis for the integration of the objective and subjective factors of changes. Capitalism’s existential menacing, perhaps, explains a concern expressed by Martin Jay to Marcuse in The Dialectical Imagination: „Indeed, to make this short digression, the key question of the possibility of a change in a society that controls the consciousness of its members remains in the major part of Marcuse’s later work, especially in One-Dimensional Man, as a disturbing issue.“ (31) Capitalism can control the consciousness of its citizens and depoliticize them only as long as it offers them the possibility of participating in the development of a „consumer society”, as long as it can reduce them to a „consuming mass”. The development of „consumer society“ is immediately conditioned by the severe devastation of natural resources and the creation of climate changes that seriously threaten the survival of a growing number of people. These processes will inevitably call into question the consumer fanaticism and conformist consciousness, which are, in actual fact, the most important instruments available to the ruling order for pulling citizens into the spiritual and social orbits of capitalism and keeping them under control. In this context, a call for „justice” takes on a new relevance. It implies the right to a healthy environment, to clean air and water and healthy food… The immediate existential threat caused by the destruction of nature, as well as the deepening economic and social crises that affect an ever larger number of „middle class” citizens, undermines the petty bourgeois spiritual sphere that „protects” man from any responsibility for global demise and leads to the development of a critical thinking and increasingly radical forms of struggle against capitalism. A positive aspect of the development of capitalism as a totalitarian destructive order is that it imposes the existential necessity for a reasonable alternative, forces man to become a totalizing life-creating being, and, as a global order, leads humanity to integrate its efforts to create a reasonable and humane world.

             All forms of mediation between man and (his) world will be obviated by man’s becoming an active participant in the management of social processes. As an authentic being, man should, in close cooperation with other people, become the creator of his own world. It is about the affirmation of existential humanism, based on a life-creating relation to the world as the basis for determining man’s being. In spite of the increasingly aggressive brainwashing man undergoes on a daily basis, the growingly acute existential crisis compels people to turn to essential issues and begin to think in a serious, that is, a reasonable way. The immediate threat looming over the lives of more and more people enables the broadest layers of society to be pervaded by reason and to take control over their social lives. The ever-deepening crisis of capitalism creates concrete social conditions under which the critical and visionary mind can become a concrete possibility for „ordinary” people, those whose existence is ever more directly and dramatically jeopardized by capitalism. Only a reasonable man can foresee and prevent the consequences of the development of capitalism, and only a reasonable man can create a reasonable world. The a priori character of a possible socialist revolution gives reason a superb political significance.

          Capitalism has brought humanity to the edge of the abyss, rendering the „traditional“ theoretical discussions meaningless. It confronts man in the most direct way, compelling him to grasp the essence of capitalism without a mystifying theoretical mediation. Conditions have been created for discarding the way of thinking and the ideas that serve to relativize destruction and turn concrete issues into theoretical questions – thus mutilating the active power of a changing intention. The only meaningful thought is the one that directs man to fight for survival, whereas the creation of a new world involves a confrontation not only with capitalism, but also with the consequences of capitalism as a totalitarian destructive order. The increasingly threatened and thus increasingly dangerous environment leads to the experience of a global demise becoming the driving force of political practice, thereby replacing theoretical considerations. Capitalism has discarded all ideological masks and demystified the truth. Man no longer needs science or philosophy in order to understand that capitalism destroys life along with man as a human and biological being. Capitalism, itself, as a totalitarian destructive order, has created an excellent starting point for a critique of capitalism that, at the same time, represents an undisputed guideline for the political struggle: the truth has become survival, while the struggle for the truth has become the struggle for survival. This immediately conditions the relation between theory and practice. The increasingly dramatic destruction of global life means that „changing of the world” amounts to preventing its destruction. Social phenomena obtain a concrete (affirmative and negative) meaning only in terms of efforts to stop the destruction of life and to create a new world. Only a political practice that eradicates the causes of global destruction is legitimate, only the practice that abolishes capitalism. When the relation between theory and practice is viewed in this way, to increase the certainty of human survival becomes a necessary, though insufficient, condition for verifying the correctness of political practice. This qualification is necessary because the destruction of superfluous” populations, as advocated by representatives of the contemporary new world order”, cannot be accepted as a way to increase the certainty of human survival.

            A difference should be made between naive and realistic optimism. A naive optimism has a fatalist character and is based on the principle of tout va bien, which implies existential apriorism and an idealized conception of man. A libertarian optimism, based on existential apriorism, is a side-step in the struggle for a future. It offers false hope and, so, masks the true nature of capitalism, hindering the struggle for survival. It posits that though capitalist globalism has its bad sides, it will nevertheless result in a better world. A realistic optimism is based on a realistic analysis of the tendencies of global development and man’s will to create a humane world. It appears in relation to the destructive tendencies of capitalist development and is based on a reasonable man’s struggle against capitalism to create a new world. The mounting destruction of life and the rapidly approaching deadline for preventing global extinction abrogate a naive optimism and produce, on the one hand, a capitulating consciousness, coaxing humanity toward death, and on the other hand, an increasingly radical consciousness that refuses to reconcile itself with global annihilation. This consciousness is not humanist in itself, that is, it does not appear only in the form of a leftist movement that seeks to abolish capitalism; it rather appears in the form of a rightist movement that seeks to preserve capitalism at any price and sees the „solution” to the survival of humanity in the destruction of „superfluous” populations (the theory of the „golden billion”).
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Ljubodrag Simonović: Alienation and destruction

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Ljubodrag Simonović
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“ALIENATION” AND DESTRUCTION

             “Alienation” is a basic concept upon which Marx’s critique of capitalism is founded, and “dealienation” is a key idea upon which the libertarian intention of his critique of capitalism and his vision of the future are based. Capitalism’s becoming a totalitarian order of destruction rendered Marx’s concept of “alienation” insufficient to providing the opportunity for the establishment of an adequate starting point for a critique of capitalism. Man’s contemporary alienation has not merely an inhuman nature, but a destructive nature as well.  It implies the obliteration of nature as a life-generating whole, of man as a biological and human being, and of the emancipatory legacy of national cultures and of civil society, that is, of the visionary mind and the idea of novum. By the annihilation of cultural and libertarian consciousness, the possibility of man’s becoming aware of his own alienation and establishing a critical and change-creating remove from capitalism is destroyed.

            When capitalism became a totalitarian order of destruction, not just private property, labor and the market, but even life, itself, became means for man’s alienation from his natural and human being. Unlike the previous ruling classes, the bourgeoisie endeavors to amalgamate not only its own values but also its life-sphere into the working world. A worker is not merely a producer, but a consumer of commodities, as well, and, as such, a creator of the market, that is, an instrument for solving the crisis of over-production. Destructive consumer practices have become the dominant form of the man’s living activity and the principal mode for entrapping the worker in the existential orbit of capitalism and its values. “Consumer society” becomes a totalizing power that spares no one and that no one can escape. Commercialization of life is the worst form of totalitarianism that has ever been created in the course of human history because it completely subordinates nature, society and man to the destructive machinery of capitalist reproduction.  Its essence is encoded in the monstrous maxim “Money does not stink!” which also expresses the essence of ecocidal capitalist barbarism.

            In Marx, humanity, which primarily implies freedom and creativity, represents the most important quality of man, the quality toward which the concept of “alienation” is applied.  It is possible for man to be, in his essence, a human being: man can become inhuman precisely because he is a man.  According to Marx, though humanity can be suppressed and degenerated, it cannot be annihilated.  In spite of being manipulated and repressed, in Goethe’s words: “a good man in his inarticulate impulse is entirely aware of his true course”. The concept of man’s “alienation” is manifested in relation to the possibility of his “dealienation”, which means, in spite of the capitalist totalization of life, capitalism cannot succeed in obliterating the humanity within man, so that, at an appropriate historical moment (an economic crisis of capitalism) it can be manifested in the form of revolutionary consciousness and practice. “Dealienation” represents a universal principle and implies man’s liberation from the inhuman role which capitalism imposes on him.  It is of crucial importance that Marx’s idea of “alienation” refers to the fact that under capitalism man becomes alienated from his own humanity by being alienated from his authentic human potential, alienated from what he can become as a universal creative being. Each man carries inside the unlimited potential of humanity – this is Marx’s most important humanistic message and represents the basis of his vision of the future. As for the capitalist, he, being a capitalist, cannot become a human being unless he, as a man, does not emancipate himself from capitalism, which is done primarily by ensuring his own existence through his own work. The elimination of class distinctions and class relations does not merely imply the reinstatement of the worker to his authentic human being, but also a return of the capitalist to his own state of being a man. The socialist revolution, by means of which the elimination of class society based on the private ownership of the means of production takes place, also deprives capitalists of their inhumanity: capitalists do not exist without capitalism. The objective of the socialist revolution is not to exterminate capitalists, but to bring an end to class society and to create such social relations as would make it possible for each man to realize his authentic human capacities in the community of others.

          In light of the prevailing tendency in the development of capitalism, instead of Marx’s concept of “alienation”, the idea of destruction should become the starting point in the critique of capitalism. This idea provides an opportunity to perceive the most significant and, for humankind and the living world, the most ruinous possibilities of capitalism. The concept of destruction does not merely define the status of man under capitalism and his relation to nature as an object of labor and the “anorganic body” (Marx) of man; it also describes the relation of capitalism to the living world,  to nature as an ecological whole, and, in that context, to man as a biological and human being. Capitalism does not only alienate the natural world from man, but, by destroying it, also turns nature into man’s mortal enemy. It is not alienation, but the destructiveness of labor that is dominant in capitalism; it is not the processing but obliteration of nature; not the suppression of man’s erotic nature and the coarsening of his senses, but the degeneration of man’s human and biological (genetic) being; not  only making man look foolish, but wiping out his mind… As it becomes more and more a totalitarian order of destruction, capitalism nullifies any possibility of a conflict between the human and the inhuman by destroying the human and thereby eliminating the possibility of alienation: the less man remains man, the smaller is the possibility of his alienation from himself as a man.

             The development of capitalism as a totalitarian order of destruction poses the question: can capitalism so degenerate man as to remove absolutely all his human characteristics? Considering the destructive madness prevalent in the most developed capitalist countries, it is not unreasonable to conclude that capitalism has exceeded the anthropological limits imagined by Marx with his concept of “alienation”: that it would merely succeed in degenerating man to such an extent that his destructive “needs” would turn into the power that motivated him and provided meaning to his life. It is not merely man’s „alienation“ from his human essence, but his degeneration as a human and biological being. Capitalism not only dehumanizes man, but it also denaturalizes him, deprives him of the characteristics that are distinctive to living beings. Capitalism does not merely compel man to act like a mechanical part of the industrial labor process, thereby distorting him physiologically, as Marx claims, but it also deforms him genetically and mutilates him as a living being.  It is a capitalistically caused mutation of man from a natural and cultural being into a destructive working (consuming) machine. The “reification” of man by the capitalist market was also followed by his being turned, as worker and consumer, into an accomplice in the destruction of the world. Destruction became an authentic need of the capitalistically degenerated man.

             Life based upon destructive capitalist totalitarianism has become the cause of physical and mental degeneration among people. “Consumer society” forces man to adapt to the ruling order through destructive consumer activity which “solves” the crisis of over-production with an ever more intensive destruction of commodities (dynamics of destruction), thus clearing new space in the market. In the most immediate way it conditions the way of life, the mentality and the value-horizon of the contemporary (petit) bourgeois. The difference between “classical” and the contemporary capitalism is that contemporary capitalism disfigures and degenerates people not only by reducing all human necessity to the “need to possess” (Marx), but also to the need to destroy. “Possession” implies the permanent ownership and exploitation of assets. Durability, which once represented the highest quality of commodities, in a “consumer society” has become the largest obstacle to renewed demand and the growth of capital. Goods (commodities) are no longer a fetish, as Marx claims, but it is destruction, itself, that has become the fetish.  Capitalism turns man’s life-creating (erotic) energy into a drive for destruction. It thus destroys authentic sociability and creates destructive sociability. Destroying the largest quantity of goods in the shortest time has become the ultimate goal for the contemporary capitalist fanatic. During the 2011 New Year’s sales, a commercial slogan appeared at one London shopping center: “I shop, therefore I am!” This grotesque knock-off of Descartes’ maxim, cogito ergo sum, unequivocally indicates the nature of the contemporary capitalist degeneration of man. The ultimate and most ruinous result of the development of the “consumer society” is the destruction of man as a reasoning being and the turning of the human community into a crowd of destructive capitalist fanatics.
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Ljubodrag Simonović: Contemporary Bourgeois Thought

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Ljubodrag Simonović
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CONTEMPORARY BOURGEOIS THOUGHT

             What is the point of philosophy in a contemporary capitalist world dominated by destruction and where humanity has been pushed to the edge of the abyss? Ideologues of capitalism create an illusion that the ruling relation to reality is based on a certain way of thinking, that it has a rational nature. Philosophy has become a “rational” echo of destructive capitalist irrationality. It is but one of the humanist masks of an inhumane and destructive civilization and, as such, is advertising for capitalism. It provides and strengthens a way of thinking that, like religion, is deprived of critical self-reflection and prevents man from becoming aware of the tendencies of global development and the objective possibilities of liberation that through subjective practice (political struggle) can turn into real possibilities for freedom. At the same time, “philosophizing” is reduced to the creation of a network of formally and logically consistent concepts that are supposed to mediate between man and the world. Philosophy has become a means for confusing reason and distracting it from the crucial questions. Contemporary bourgeois philosophers disqualify reason as the most authentic and most important human means for ensuring survival and freedom. It is reduced to an instrumentalized ratio and has become the means for mystification of the existing world and for the destruction of a visionary consciousness that offers a possibility for overcoming capitalism and creating a new world. Philosophy has become a technical subject and, as such, is a means for turning concrete existential and essential questions into abstract theoretical questions. Instead of a revolutionary concept, the dominant concept is that of conformism. Instead of a fight to eradicate the causes of non-freedom and destruction, a theoretical discussion about consequences is being imposed. The bourgeois theory offers a critique of capitalism which does not question it and which seeks to “perfect” it. “The essence of capitalism” acquires an idolized dimension and becomes the basis for criticizing capitalist reality. Thus the mythologized past becomes the basis for criticizing the present. Everything that might and should happen has already happened. A struggle for the future becomes a struggle for the past. The bourgeois intelligentsia multiplies the “field of research” by creating numerous “grey areas”, primarily to expand its space as much as possible. It acts like the market: it produces increased quantities of intellectual goods with ever-lower quality, which are sold in the form of books, lectures, studies, and reports.

            Max Horkheimer came to the conclusion half a century ago that serious philosophy was nearing its end and that society was becoming an anthill. Philosophers contribute to that state of affairs by not developing a philosophy that is grounded in the emancipatory legacy of civil society and national cultures, they rather adapt to a ruling order that, rather than a wise man, needs an stupified consumer. Philosophy becomes an entertainment skill and, as such, is a part of show-business, while philosophers become the “jesters” of capitalism. The philosophical mind is being integrated into capitalism by the destruction of its emancipatory potential and by turning philosophy into another commodity in the marketplace of consumer society. The amount of the commission fee becomes the “measure” of the quality of the philosophical thought. Even when significant matters are communicated, they are expressed in such a manner as to lose their political dimension and obtain an entertainment or clownish dimension. Philosophers like Slavoj Zizek and Bernard-Henri Lévy are typical examples of “Coca-Cola” intellectuals. Their “reflections” are being tailored to provide “philosophical” legitimacy to the ecocidal and genocidal activities of the stakeholders in the “new world order”. Their thought represents a philosophical merit badge on the chests of the capitalist executioners who obliterate nature and humankind. At the same time, the leftist bourgeois intelligentsia, headed by Jürgen Habermas, Oskar Negt and Oskar Lafontaine, create an illusion that capitalism could be “brought to reason” by means of enlightened thought. It does not address the workers, but an abstract “citizen”, a petty bourgeois who has been degenerated by the consumer way of life and who can not be bothered with radical social changes that might jeopardize his consumer’s standard of living. “Bringing to reason” does not imply the development of combative sociability and the nullification of the capitalist order as it is reduced to the “pacification” of workers and the technical development that implies the obliteration of man as a social being and of nature as life-generating entirety. Even when the ruling political circle (alienated from the citizenry) is being threatened by an insistence on the necessity of the direct participation in political life of the largest possible number of citizens, this is performed in a manner that does not stand for an appeal to the citizens to fight against the ruling order. The “social peace” needs to be preserved at all cost in order to prevent economic crisis and the ensuing social crisis – without which the petty bourgeois consciousness and its “consumer society” cannot be eliminated. At the same time, a critique of capitalism is increasingly present. But it is of an academic nature and is deprived  of any  political, change-creating dimension. It does not address the destructive nature of capitalism and is not moved toward a vision of the future based upon a radical step away from the capitalist world.

             The purposefulness of philosophic thought is determined by whether this thought poses concrete historic questions. Today, in a world that faces an ever more realistic possibility of destruction, that principle means concrete historical questions might be the last questions posed by man. It is this quality that makes a difference between today’s concrete historical questions and all earlier such questions. The development of capitalism as a totalitarian order of destruction imposes the question of survival as the most important concrete historical question. Actually, by bringing humanity to the brink of destruction, capitalism ”has answered” all crucial questions. Bearing in mind the intensity of the capitalist destruction of life, all questions come down to one: what can be done to prevent the destruction of humanity? The only meaningful thought is of an existential character, that is, it creates the possibility for a political (changing) practice that will prevent the world’s destruction. In that context, philosophy is meaningful as a critique of capitalism and a visionary projection of a future world. There is a need for creating an integrating critical and visionary thought with an existential nature, which will contain the emancipatory legacy of civil society and national cultures. Humanity will again appreciate the importance of serious thinking when people return to the basic existential questions. The seriousness of those questions will make people serious: crucial existential issues will eliminate any trivial ways of thinking and direct the mind towards the essential issues. Riding the wave of the French bourgeois revolution, classical German philosophy shaped the self-consciousness of modern man. Today, the humanist intelligentsia should shape a thought that will guide the last revolution in the history of mankind. It is not the hoot of Minerva’s owl in the twilight, but the war cry of a man who has been awakened and who is ready not only to liberate humanity from oppression, but to prevent its destruction. Ultimately, what is philosophy if it is not capable of answering the questions that are of vital importance to human destiny?

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Ljubodrag Simonović: Destruction of the body

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Ljubodrag Simonović
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DESTRUCTION OF THE BODY

The body is the basic vessel of human existence in the world and man’s basic connection to the world. It is not a natural given or a phenomenon sui generis. It is rather the product of the historical development of society. Each civilization creates a specific body and a specific relation to the body and, thus, a specific man. Even in Ancient Greece, people realized that the production of a particular body also implies the production of a particular type of man (masters and slaves). Class and racial physiognomic is given great importance in bourgeois anthropology and concentrated on particularly by bourgeois Hellenic scholars who idealized Ancient Greece. At the same time, man does not experience his body immediately but through a concrete totality of the epoch in which he lives and the prevailing ideological “model” of the body, as a concrete human (social) being.

The answer to the question of what is the human body in the contemporary world can be reached only in the context of the prevailing tendency of capitalist development. Capitalism produces an individual who is in functional unity with it and who enables its development, above all, by producing an appropriate body. The prevailing relation to the body is mediated by “technical civilization”. In other words, the body is reduced to being a peculiar machine, while bodily movement is reduced to the mechanics of motion. Technical functionality and efficiency become the basic features of the capitalist body. Basically, a dominant instrumental and exploitative relation to nature is fundamental to the relation to the human body. Rather than being a harmonious part of the living environment that, as such, should be respected, the body is reduced to being the object of transformation and an instrument for the attainment of inhuman goals. In “consumer society”, consumption has become the dominant form of bodily activity. The body has become part of the consumer way of life, and it responds to the demands of consumer civilization. The relation to the body has an instrumental character: it ceases to be an integral part of the human being and becomes a tool for the reproduction of the ruling order. The body is completely commercialized as the “greatest” achievement of the capitalist degeneration of man. Putatively, man is the “owner” of his body. In reality, he treats his body in the same way capitalism treats him as a man: by dehumanizing man, capitalism dehumanized man’s relation to his own body. It is a capitalistically created narcissism with an instrumental, destructive and spectacular nature.

The capitalist totalization of the world involves the capitalist totalization of the body, its deformation and the creation of a chronically ill man. The prevailing rhythm is that of capitalist reproduction, which destroys the biological rhythm of life – without which there is no healthy man. Not only is man guided by consumption as his moral challenge, but his body cannot survive without an increasing number of devices and substances, along with an artificial environment. Man’s survival is more and more mediated by artificial means that turn him into an invalid. The body has lost its natural needs: it can no longer process natural food, and it lives on and through medication. Man’s entire life is in “treatment”, meant ultimately to enable him to carry on in the functional harmony with the ruling order. The devolution of the body clearly shows that a developing “standard of consumption” brings on an erosion of the living standard. Labor, livelihood, movement, bio-rhythms, diet, sleep, living space as a modern ghetto (cities), air, water, food, tobacco, drugs, sugary beverages (including alcohol), ways of life that destroy man’s natural being, his night life, forced pace and ways of eating – almost all life-styles lead to man’s degeneration. Cholesterol, cellulite, diabetes, cancer, coronary diseases, neurasthenia, depression, AIDS, etc., are not “modern diseases”, but are rather a capitalist form of man’s physical and mental degeneration. It is about man’s transformation by capitalism, which deprives him of his natural and human life-creating quality and turns him into a plastic and technological “being”. At the same time, rather than being naturally conditioned and having a natural character, an increasing number of potential diseases are the products of laboratories and have a genocidal and for-profit character. Capitalism produces diseases that are then “cured” through man’s transformation into a profit-generating patient, that is, a chronic patient. The propaganda machine and his social position determine the “physical needs” of contemporary man. Man, who constantly devours larger and larger amounts of lower and lower quality food, is the most important strategic target of the food industry. This industry is producing a more and more gravely sick man, who is, of course, “taken in charge” by the medical and pharmaceutical industry. The consumption of larger and larger quantities of food does not reflect a need of the body; it is intended to compensate for a frustrated humanity. The same goes for smoking, drug taking, alcoholism, consumer physical exercise like aerobics, body-building and similar activities. Capitalism turns the consequences of the destruction of man and nature into the sources of profit and invents increasingly dangerous and destructive mechanisms. The human body becomes a universal destructive machine and a universal waste bin meant to swallow the ever-more poisonous products of capitalist civilization. At the same time, existential anxiety, daily humiliations, loneliness and hopelessness affect man’s mental health and further exacerbate his physical degeneration.

As part of the capitalistically degenerated world, man’s body has become the vehicle for the destruction of naturality and humanity and, as such, the enemy of nature and man. Capitalism has transformed man into a destructive labor force and, at the same time, into a consumer set to devour the greatest number of products in the least possible time. The nature of these commodities, the use-value of which continually decreases from the perspective of man as a biological and human being, and the nature of man’s relationship to these goods and services, which is nothing more than to consume them, inevitably result in man’s degeneration as a biological and human being. The consumer way of life produces a denaturalized and dehumanized consumer body and a consumer mentality, and, ultimately, a consumer view of the world and a consumer (destructive) imagination. The constant focusing on devouring food distracts the mind from crucial existential and essential issues and affects visionary consciousness. Dreams about food (just like dreams about luxury cars, swimming pools, houses, yachts… – which constantly feed the capitalist value horizon manifested by an increasingly aggressive entertainment industry) replace dreams about the world of free people. At the same time, the forms of escapism created by the entertainment industry destroy man’s need for intellectual activities. Capitalism mentally mutilates people by destroying  their need for science, philosophy, poetry, music, enlightened conversation… There exists but one area of interest: money and the political power it buys, concerns which ultimately serve to rationalize the existing order that enables the accumulation of wealth through the plundering of workers and the destruction of the environment.

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Ljubodrag Simonović: Humanism – naturalism

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Ljubodrag Simonović
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“HUMANISM – NATURALISM”

            Marx’s idea of “humanism-naturalism” from the Economic and Philosophic Manuscripts indicates the possibility of overcoming the antagonism between nature and man through their mutual cooperation resulting in a simultaneous fulfillment of both man’s and nature’s emancipatory potential. Marx: “Communism as the positive transcendence of private property as human self-estrangement and, therefore, as man’s complete atonement as a social (i.e., human) being – a reunion accomplished consciously and embracing the entire wealth of previous development. Thus communism, as fully developed naturalism, is humanism, and as fully developed humanism, is naturalism; it is the genuine resolution of the antagonism between man and nature and between man and man – the true resolution of the tension between existence and essence, between objectification and self-affirmation, between freedom and necessity, between the individual and the species. Communism is the riddle of History solved, and it knows itself to be this resolution.”

            The idea of  “humanism-naturalism”, as a concrete historical concept and not as an ideal that can only be dreamed of, indicates that Marx does not consider a future relative to capitalism as a totalitarian destructive order. Marx’s “humanism-naturalism” does not have a concrete historical dimension, but rather is based on the abstract determination of the essence of nature and man. “Humanism-naturalism” is projected into a future space where man and nature appear on a mythological level and correspond to their idealized concepts. For Marx, man’s liberation from his enslavement to nature and the possibility of nature’s humanization represent the resolution of their antagonistic relation. It is, however, based on the capitalist mode of development of the productive forces, a process that does not promote man’s liberation from nature, but rather makes him more dependent on it. According to Marx, the domination of nature and its exploitation, through technology, is the domination and exploitation of man. Indeed, capitalist technology consists of natural forces turned by capitalism into an anti-natural power. Capitalism “masters” nature by destroying it and thus creates man’s increasingly dangerous enemy. Only relative to the destructive tendencies of capitalist development can Marx’s idea of “humanism-naturalism” take on a concrete historical, critical and visionary meaning.

            On man’s relation to nature, Marx writes in Capital: “By acting on the external world and changing it, man at the same time changes his own nature.“ It follows that man’s relation to nature conditions man’s nature. Marx based his thesis on the view that, by transforming nature into useful objects, man conquers natural forces and, thus, develops his own creative powers. The transformation of nature has a libertarian and existential character. Following the same principle, if man transforms nature by destroying it, he simultaneously destroys himself as a natural and human being and becomes a destructive mechanism. Because of capitalistically degenerated labor, man does not develop his universal creative powers but, instead, is crippled as a natural, creative and social being and reduced to being a mechanical part of working processes – to being a destructive specialty-idiot. At the same time, capitalism, through the “consumer” way of life, has turned even non-work time into time for capitalist reproduction, that is, into time for the (self)destruction of man and nature. In capitalism, however, the relation to nature only appears to be mediated by human practice. Since man is instrumentalized, from his earliest youth, by a capitalistically conditioned way of life, human practice is but one of the manifestations of capitalism’s relation to nature and essentially corresponds to capitalism’s destructive character. At the same time, this destructive relation to nature conditions man’s relation to both society and the future, as well as man’s relation to himself as a natural and human being. Only if man, as an emancipated natural being, has a humanizing relation to nature, can he have a humanizing relation to his own body as his immediate nature and to himself as a human being.

             As for the glorification of nature, in One-Dimensional Man, Marcuse comes to the following conclusion: “All joy and all happiness derive from the ability to transcend Nature – a transcendence in which the mastery of Nature is itself subordinated to the liberation and pacification of existence. (…) Glorification of the natural is part of the ideology that protects an unnatural society in its struggle against liberation. (…) Civilization produces the means for freeing Nature from its own brutality, its own insufficiency, its own blindness, by virtue of the cognitive and transforming power of Reason. And Reason can fulfill this function only as post-technological rationality, in which technics is itself the instrumentality of pacification, organon of the ‘art of life’. The function of Reason then converges with the function of Art.“ “The brutality” of nature has an existential and life-generating character, unlike capitalist brutality, which has a destructive character and conditions man’s anthropological image: instead of being a “beast”, man has become a “(self)destructive” being. In capitalism, “nature ceases to be merely nature” by being deprived of its life-creating quality and reduced to the object of exploitation and destruction. In sport, which is a mirror of the true image of capitalism, nature does not free itself from its insufficiencies and brutality, but rather becomes the object of exploitation and destruction. In sport, the body, as man’s immediate nature, becomes the opponent who must be conquered and used for the attainment of inhuman ends. Man does not free himself in sport from natural determinism; he rather “frees” himself from life.

             Marcuse overlooks the fact that nature itself is humanizing. In Emile, Rousseau writes about the “art of living” learned by the child in nature, which “calls him to a human life”. For the North American Chief, life in nature enables the cultivation of the senses and, thus, the development of man’s aesthetical being, whereas the cutting of man’s organic bond with nature leads to a degeneration of the senses and, consequently, of man, himself. He says that the white man cannot hear the life sounds of nature, smell its scents, discern its colors… This is because the capitalist way of life has degenerated his senses and destroyed the need to enjoy the beauty of both nature and life, a pleasure possible only when man is an organic part of nature. Unlike Goethe and Schiller, Marx did not have a romantic relation to nature (for Klopstock, skates are “wings on the feet”, enabling man to fly to the future) and did not attach a particular importance to the aesthetical dimension of nature. Since capitalism, by destroying nature, abolishes natural brutality, it is necessary to fight for nature’s naturalization, for its liberation from the capitalist exploitation and destruction. Natural forces should be transformed into vehicles for nature’s preservation and humanization. Nature’s liberating potential is contained in its life-creating quality – in the creation of new forms of life. Man is by nature a life-creating being, who can be humanized only if his life-creating quality is recognized as an integral part of nature. Humanization becomes the development (overcoming) of the original naturality, and not its subordination to a rational pattern, to the model of the “humanized” and the like. Only as an emancipated natural being can man truly experience the fullness of his human being. Instead of being a form through which nature can be overcome by the “spirit”, which means to attain a notion of itself and relate to itself, man should overcome his original natural life-creating quality through the development of his creative being, meaning that it should become the basis for the totalization of the world. It is about the transformation of the principle of fecundity into the life-creating principle and the life-creating principle into the universal creative principle.

             As far as the relation between reason and nature is concerned, Marcuse writes about this in One-Dimensional Man in the context of his discussion of Hegel’s concept of freedom, with respect to which Marx develops his emancipatory thought. Marcuse: “Hegel’s concept of freedom presupposes consciousness throughout (in Hegel’s terminology: self-consciousness). Consequently, the ‘realization’ of Nature is not, and never can be, Nature’s own work: But inasmuch as Nature is in itself negative (i.e., wanting in its own existence), the historical transformation of Nature by Man is, as the overcoming of this negativity, the liberation of Nature. Or, in Hegel’s words, Nature is in its essence non-natural-‘Geist’.” And he continues: “History is the negation of Nature. What is only natural is overcome and recreated by the power of Reason. The metaphysical notion that Nature comes to itself in history points to the unconquered limits of Reason. It claims them as historical limits – as a task yet to be accomplished or, rather, yet to be undertaken. Nature is in itself a rational, legitimate object of science, thus it is the legitimate object not only of Reason as power, but also of Reason as freedom; not only of domination, but also of liberation. With the emergence of man as the animal rationale – capable of transforming Nature in accordance with the faculties of the mind and the capacities of matter – the merely natural, as the sub-rational, assumes negative status. It becomes a realm to be comprehended and organized by Reason.”
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Ljubodrag Simonović: Bourgeoisie and proletariat

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Ljubodrag Simonović
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BOURGEOISIE AND PROLETARIAT

             One of the most important ideas from the Manifesto of the Communist Party called into question by contemporary capitalism is that of capitalism’s being a “revolutionary“ order and, consequently, the bourgeoisie’s being is a “revolutionary“ class. According to Marx, the main historical “task“ of the bourgeoisie is to enable man to gain control over natural laws and thereby free himself from his dependency on nature and exhausting physical labor, so as to enable him to develop his universal creative powers. The “revolutionary role“ of the bourgeoisie is to create conditions for a “leap from the realm of necessity to the realm of freedom“ (Engels). This is the main reason why Marx attaches primary importance to the development of productive forces. At the same time, the bourgeoisie is an exploiting class that becomes reactionary when capitalist private ownership starts to hinder the development of the productive forces. That is the right moment for a socialist revolution.

            For Marx, the relationship between the bourgeoisie and the proletariat is dialectical. The bourgeoisie produces the proletariat as its antipode: the nature of the bourgeoisie conditions the nature of the proletariat. According to Marx, the revolutionary character of capitalism, which, above all, strives for the abolishment of man’s dependency on nature through the capitalist development of productive forces, offers workers the possibility of a revolutionary transformation of society. The conquered natural elements open the possibility of establishing a form of labor that will enable man to realize his creative powers and a social order that will put an end to man’s exploitation by others. For Marx, the most important task of the working class is to liberate humankind from inhuman living conditions and the class order. It is clearly stated in Marx’s “categorical imperative”: “To overthrow all those conditions in which man is an abased, enslaved, abandoned, contemptible being…”  In The Holy Family, Marx writes: “When socialist writers ascribe this historic role to the proletariat, it is not, as critical criticism would have one think, because they consider the proletarians to be gods. Quite the contrary. Since the abstraction of all humanity, even of the semblance of humanity, is practically complete in the fully-formed proletariat; since the conditions of life of the proletariat sum up all the conditions of life of society today in their most inhuman and acute form; since man has lost himself in the proletariat, yet at the same time has not only gained theoretical consciousness of that loss, but through the no longer removable, no longer disguisable, absolutely imperative need—the practical expression of necessity—is driven directly to revolt against that inhumanity: it follows that the proletariat can and must free itself. But it cannot free itself without abolishing the conditions of its own life. It cannot abolish the conditions of its own life without abolishing all the inhuman conditions of life of society today which are summed up in its own situation.”

             Marx points out “social” and “historical” causes that provoke workers to initiate the struggle against capitalism. Paramount among these are the immediate existential (economic) threat, the ruthless exploitation, the inhuman working and living conditions that jeopardize workers’ health, the humiliation to which they are regularly subjected… Ecological conditions do not count as the proletariat’s “living conditions”. The proletariat will not be “historically compelled” to stop the destruction of life on the planet and save humankind from obliteration. If Marx had regarded capitalism as an order that threatens nature and man as a human and natural being, then the awareness of the need to preserve life on the planet would have been the basis for shaping the workers’ class consciousness and a signpost in the struggle against capitalism. Marx does not mention capitalism’s destructive relation to nature as a possible precondition for a socialist revolution. His view of capitalism as a “revolutionary order” that marks the end of the “pre-history“ of humankind and the creation of the “material conditions” for a new society (just like Engels’ view that capitalism creates the possibilities for a “leap from the realm of necessity to the realm of freedom”) indicates his relation to capitalism. Marx’s “categorical imperative”, which is the basis for the formation of workers’ class(self)-consciousness and as such is the supreme political principle, does not imply the ecocidal nature of capitalism and does not seek to develop in workers an emancipated (belligerent) ecological consciousness. Marx withheld the most important aspect of the workers’ class-consciousness:  the concept that capitalism is a destructive order and that capitalist class domination has an ecocidal character. According to Marx, capitalism reaches its end primarily by causing the economic crisis that occurs because of the productive relations (private ownership) becoming an obstacle to further growth of the productive forces, and not by the development of any processes that are detrimental to nature and man. The starting point in the struggle against capitalism is not its (potentially) destructive character, because the only force that will bring man to struggle is an immediate threat to his survival. These Marxian views are imbued with political realism. However, Marx’s indication that capitalism exhausts the soil and thus jeopardizes the survival of future generations (humankind) leads to the conclusion that, instead of “waiting” for the productive forces to come into conflict with the productive (proprietary) relations, workers should be moved to start a decisive fight against capitalism by the increasingly dramatic destruction of nature.

             The capitalism’s development as an ecocidal order leads to society’s increasing fragmentation, not only along the lines of wealth but also as to the accessibility to protection against more and more lethal climate changes, the pollution of food, water, air… Class divisions within a society have long been defined by natural living conditions and the possibilities for protection against the consequences of environmental degradation. Those most affected are on the lowest rung of the social ladder and on the margins of “globalization”. Workers and their children are more directly impacted by both the economic crises of capitalism and global ecological degradation. Indeed, in his Early Writings, Marx indicates that contaminated water and air have become the workers’ way of life, but he has in mind the daily existence of workers in factories and mines, as well as in the apartment blocks built in the immediate vicinity of industrial and mining sites, and not the planet-wide ecological pauperism brought about by the obliteration of nature as a life-generating whole and the production of a technical world.
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Ljubodrag Simonović: Capitalist exploitation of soil

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Ljubodrag Simonović
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CAPITALIST  EXPLOITATION  OF  SOIL

             Marx’s analysis in Capital of the capitalist exploitation of the soil indicates his understanding of the relationship of capitalism to nature. Marx: “Capitalist production, by collecting the population in great centers, and causing an ever-increasing preponderance of urban population, on the one hand, concentrates the historical driving force of society; on the other hand, it disturbs the circulation of matter between man and the soil, i.e., it prevents the return to the soil of those of its elements consumed by man in the form of food and fabric; it therefore violates the conditions necessary to the continued fertility of the soil. By so doing, it at once destroys the health of the urban laborer and the intellectual life of the rural laborer… In modern agriculture, as in the manufacturing industries, the increased productivity and output of labor are bought at the cost of pathologically laying waste to labor-power, itself. Moreover, all progress in capitalistic agriculture is a progress in the art not only of robbing the laborer, but of robbing the soil, as well; all progress in increasing the fertility of the soil for a period of time is progress towards ruining the lasting sources of that fertility. The more a country bases its development on the foundation of modern industry, as does the United States, for example, the more rapid is this process of destruction.”

            Marx does not relate to nature in terms of its possible obliteration as a life-generating whole, but as an object of labor, and he criticizes capitalism for its excessive exhaustion of the soil, which deprives it of fertility. The same critique can be applied to previous historical periods: exhaustion of the soil and the working people is typical of both slavery and feudalism. What is the specificity of capitalist exploitation of nature and man? Departing from Marx’s critique of capitalism, the key difference between capitalism and previous social-economic formations is that production under capitalism is aimed at making profit and not at meeting human needs. Rather than the “ever-increasing preponderance of urban populations”, itself, it is the intensified process of agricultural production aimed at profit that results in the increased exhaustion of the soil, regardless of its potential for fertility and people’s real needs. In addition, capitalism increases the fertility of the soil by ruining the soil as the “lasting source of that fertility”. Marx realized that the problem is not primarily in the limited potential of the soil, but in the capitalist method of soil cultivation, which deprives it of its most important quality – natural fertility. However, Marx does not understand that the specificity of the capitalist method of soil exploitation is that it ruins the natural fertility of the soil through artificial fertilization, which means by turning the soil into a technical space and man into a technical vehicle for ruining nature. Moreover, contemporary food production indicates that capitalism does not even need the soil. In the food industry, raw material is obtained artificially and the whole process of production is carried out in technical conditions, by technical means and in a technical manner. The ultimate result of capitalism’s ecocidal barbarism is that capitalism obviates not only the soil, but also the very planet on which we live, as well as man as a natural and human being. Capitalistically degenerated scientists and their “sponsors” from the world of capital and politics have discarded the Earth as man’s cosmic home, along with “traditional humanity”.

              Marx’s critique of the capitalist exploitation of nature is presented within the context of the critique of hyper-production. For Marx, capitalism is not an ecocidal, but an exploitative order. The issues are taken at the level of production and consumption. Marx overlooks the fact that capitalist production implies not only the consumption of raw materials, energy and human labor, but also the destruction of nature as a life-generating force and man as a natural and human being. For Marx, rather than implying the ecocidal nature of capitalism, and, in that context, the endangered survival of humanity, ruining the soil is one of the harmful effects of industrialization. At the same time, Marx overlooks the fact that the exhaustion of natural resources does not only have a mechanical and quantitative character, but also a qualitative character, which means that it conditions the concrete nature of capitalist progress, the nature of the bourgeoisie and the working class, the nature of the class struggle and socialist revolution, the relationship to the future and even the possibility of a future… As far as the working process is concerned, by developing technical means intensively to cultivate of the soil, capitalism magnifies the productivity of labor and reduced the amount of physical labor and, thus, the physical exhaustion of workers.

             According to Marx, capitalism transforms nature by turning it into useful objects and thus increases the certainty of human survival and expands the borders of human freedom through material goods and the development of man’s creative powers. At the same time, Marx indicates the danger in exploiting the soil to such an extent that it is robbed of its natural fertility and the survival of future generations is threatened, because a future society should be based on a rational cultivation of nature that involves its regeneration. Marx relativizes the importance of the truth that capitalism threatens the survival of future generations. He criticizes capitalism for its exhaustion of the soil, but the consequences are projected into the future, which acquires an abstract dimension. Given the fact that capitalism creates possibilities for artificial fertilization of the soil and manages increasingly to penetrate the Earth and thus provide new raw materials and energy resources, and their more efficient exploitation, the question of the soil’s exhaustion is being relativized. Indeed, capitalism has been threatening the survival of future generations by increasingly ruining nature ever since its beginning. What was perceived by Marx as a possible existential danger, unless in the meantime the working class abolishes capitalism and establishes a qualitatively different relation to the soil, has actually been in place since the emergence of capitalism (which was indicated by Fourier in early 19th  century and, half a century later, by the chief of the Seattle tribe), reaching its peak in the “consumer society“. What appears in Marx as a potential existential threat to future generations, in the form of excessive exhaustion of the soil, has turned today into a real threat to the survival of humankind, in the form of the destruction of nature as a life-generating whole. At the same time, capitalism threatens humankind’s survival not only by robbing the soil, but also by robbing man of his own fertility. As a totalitarian destructive order, capitalism will make future generations face in an increasingly dramatic way not only a fatal ecological crisis, but also their own biological degeneration. The capitalist mode of developing the productive forces has doomed man to biological demise not only by cutting the organic link between man and nature, but also by robbing nature of its natural qualities and man of his human qualities. This comes about by the de-naturalizing of nature and the de-humanizing and de-naturalizing of man, turning nature into a technical space and man into a technical object.
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Ljubodrag Simonović: Dialectics and history

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Ljubodrag Simonović
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DIALECTICS AND HISTORY     

              Dialectics is an authentic and genuine force for social development, delineated in the laws of dialectics that represent the logic of history and are, therefore, the self-consciousness of the historical development of society. As a method, dialectics is a vehicle for determining, by means of the laws of dialectics, the nature of social phenomena, or more precisely, it is a vehicle for their “transformation” from abstract into concrete historical phenomena. By means of the laws of dialectics, the bare facticity of the past turns into the historical development of society. Within that context, dialectics can be comprehended as the supreme regulating historical principle that opens wide on the horizons of the future: it represents the basis of society’s historicity. By means of dialectics, man emerges from the obscurity of the past and steps into the bright light of history, becoming a self-conscious historical being. Only upon dialectical self-consciousness can man base a position on the world that will enable him to create a future.

          According to Marx, “into the positive comprehension of the existing status, dialectics, at the same time, also introduces understanding of its negation, its necessary downfall; for it comprehends all generated forms in the course of motion, that is,  in its transient aspect; because it cannot be tutored by anything and because it is, in its essence, critically analytical and revolutionary.” This quotation points out the fact that dialectics asserts moving forward, which means that capitalism, as a historical order does not close but opens the space of the future. Indeed, not all downfalls mean, at the same time, a negation. More precisely, a downfall represents not only a possibility for creating something new, but also the opportunity for the destruction of everything that exists. The nature of what is negated conditions the nature of the negation and, therefore, the concrete possibility and the nature of the novum. In order to represent a concrete historical principle, the principle of totality has to take into consideration the specificity of the capitalist totality, and that goes not only for the emancipatory possibilities but also for the destructive potential of capitalism. “The negative dialectics” (Adorno), which means that dialectics as a method of critical changing and as a libertarian practice, has significance solely if it is developing in relation to the process in which capitalism develops into capitalism – turns into a totalitarian destructive order. While criticizing Hegel, and having in mind fascism, Bloch rightfully indicates that not every negation in history concomitantly represents a step forward. However, he does not realize that the capitalist negation does lead toward the destruction of the world. He never refers to capitalism as a destructive order, and, in that context, there is no perception of the possibility of the obliteration of life as a crucial content of the revolutionary conscience. Marx fails to notice that capitalism acts in advance by annihilating life – by generating consequences which question the very possibility of the future and not only in the essential, but also in the existential sense. “Temporariness“ does not imply solely moving forward, but also the development of the destructive processes that threaten the very survival of mankind. This is what Fourier asserted by his claim that mankind was in a state of “material regression” because (capitalist) “progress“ was devastating forests, mountain slopes, natural fountains… Marx fails to notice that capitalism has a destructive potential and overlooks the fact that negation also implies the possibility of its realization, which means that the downfall of capitalism at the same time implies the possibility of the obliteration of life on the planet. Related to this possibility, a concrete possibility arises for attaining man’s creative, libertarian and life-creating abilities. Turning the objective possibilities of freedom into realistic possibilities of man’s liberation stands against the more and more likely probability of the annihilation of the world.

               Hegel’s dialectics implies the likelihood of a future based upon existential certainty.  Life is an a priori quality that is not being questioned, and it represents the foundation of his dialectic pyramid of freedom. With Hegel existential certainty represents the basis for the libertarian optimism (reasonable freedom) upon which faith in the future is founded. Within his thought there is a contradiction between mind and senses, between intellect and nature, subjective and objective…, but not between life and non-life (destruction). Hegel’s “abolition” (Auflösung) and “overcoming” (Aufhebung) imply the existential certainty and the improvement of life based upon it. The dialectic course, as a process by which life becomes life through its own mind-pervading, occurs on an unquestionable existential level. The identity of essence (idea) and of existence (reality) has been determined: “All that is real is reasonable, and all that is reasonable is real“ (Hegel). Reasonable life implies existential certainty, and genuine reality represents full implementation of its own developmental potential. Until it does not realize its own developmental potential, reality does not exist in a concrete sense – it is an abstraction. When reality becomes what it might be, only then does it becomes real in the veritable sense. The dogmatism of Hegel’s dialectics is based upon the assertion that the abstract (non-historical) idea of the phenomenon represents the basis for determination of its concreteness (historicity). In other words, the essence of the phenomenon was determined before it became a concrete historical phenomenon, which is, before its developmental potential was realized, thus creating a new reality with new developmental potential that surmounts the very idea that represents a criterion for determining the genuineness (historicity) of the phenomenon. When matters are perceived in relation to capitalism as a totalitarian destructive order, in Hegel the real does not encompass the destructive potency, and the reasonable does not indicate its destructive intention.

                  In Marx, just like in Hegel, the openness of the future is dominant, implying existential certainty. This represents the basis for his notion of progress:  “in the bosom“ of capitalism possibilities are generated for “leaping from the reign of necessity into the reign of freedom” (Engels). This connotes that capitalism marks the end of “the prehistory of human society” (Marx). Marx does not raise the issue of existence, but that of true history, which means of the society in which man has achieved freedom. In Marx’s concept of the historical development of society, libertarian optimism is dominant, and existential optimism deriving from it.  It is based upon faith in man as a universal creative being of freedom and upon the emancipatory potential of the productive forces. At the same time, within capitalism, the sprout of the new world is being generated, which means that capitalism possesses historical fecundity. The specificity of capitalism as a historically fecund order, in comparison to the preceding historical periods, is that with it ends the prehistory and commences the true history of mankind. Unlike the bourgeois theorists, who perceive capitalism as the completion of history, thus sterilizing its change-creating possibilities, Marx perceives the true values of capitalism in the fact that within it possibilities are generated for a step forward into the new society that will represent the achievement of the supreme humanistic endeavors of mankind. Despite its cessations and sidesteps, capitalism creates the historical time that streams forwards.

              Marx was a dedicated advocate of Hegel’s dialectics of history. He envisaged the specific dialectics of the development of capitalism, or, more precisely, he sacrificed the dialectics of capitalism for the dialectics of pre-capitalist history. The development of capitalism is being perceived through a prism of the dialectics of the previous historical periods and, deriving from this, the issue of its development and temporariness is being raised. The specificity of capitalism, as a concrete socio-economic formation, does not represent an integral part of that history upon which the dialectics of history is derived. Based on Marx’s most significant methodological postulate, that the last actual form in the development of society represents the key for decoding the essence of the preceding forms, there is being imposed a conclusion that the nature of the laws of dialectics cannot be determined by an analysis of pre-capitalist history, but that capitalism, as the most developed historical order, represents the mirror in which the dialectics of history can be discerned. In other words, if history represents the starting place and the confirmation of the veracity of dialectics, then capitalism, as the highest form in the development of society, represents the starting point for the determination of the veracity of dialectics, that is, of the historical nature of social development.
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Ljubodrag Simonović:The integration of people into capitalism

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Ljubodrag Simonović
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THE INTEGRATION OF PEOPLE INTO CAPITALISM

           Capitalism, as a totalitarian order of destruction, created appropriate means and methods to destroy critical and visionary consciousness and such other forms of mediation between man and world as prevent man from abolishing capitalism and creating a new world. In the past, people’s consciousness was controlled by the clergy. Today, it is controlled by TV presenters and other capitalist manipulators, united in show-business, who use the results of modern science and technology, and the myths based on them, in conjunction with an instrumentalized mysticism that produces a quasi-religious consciousness. Instead of being directed towards disclosing the destructive processes that call man’s survival on the planet into question or towards creating a vision of the new world, the mind is directed towards the production of spectacular phantasms that destroy man’s critical mind and visionary consciousness. Hence the popularity of various “Coca-Cola” mystifiers and intellectual con artists with their stories about mysterious “world rulers”, “extra-terrestrials”, “mystical forces”, “parallel worlds”… The art of mystification replaces historical analyses, while mysticism replaces visionary imagination.  Modern, technocratically based “fairy-tales” are one of the ways by which capitalism degenerates the mind and creates a mass idiocy. With the existing world being less and less human and with man being more and more lonely and, thus, less capable of changing his life, the need to retreat into an illusory world is increasing. Illusions are the most demanded commodity on the “consumer society” market, resulting in a hyper-production of illusory worlds. The production of illusions has become one of the most important ways by which capitalists deal with humanistic visionary consciousness and the efforts of the oppressed to organize and fight against capitalism. Manipulation no longer resides in the ideological, but in the psychological sphere. The story about a “bright future” and the “American dream” is gone. To flee from that ever darker reality has become the obsession of the average (petty) bourgeois in the “democratic world”.

             The destruction of the mind and the historical self-consciousness of the oppressed is a link between the contemporary entertainment industry and Nazi propaganda machinery. Here are Adolf Hitler’s instructions to the Nazi leaders (1942) intended to “help” them establish efficient domination over the “conquered peoples”: “Hence we should not allow the appearance of teachers who might suddenly ask for compulsory education for the conquered nations. The knowledge of the Russians, Ukrainians, the Kyrgyz people and others, of reading and writing would only do us harm. It would enable those with bright intelligence to acquire certain knowledge about history and thus develop political ideas, which could somehow be directed against us. – It is much better to set up a radio in each village, in order to inform people and offer them some entertainment, than to enable them to acquire their own political, scientific and other forms of erudition. Also, rather than telling the conquered peoples their history on the radio shows, we should play music, the more the better. Because popular music improves work efficiency. And, if people insist on dancing, according to our information and systematic approach, this we could welcome.” (Cursive Lj.S.) Hitler’s instructions on how to manipulate the consciousness of “lower races” are, actually, the basis of the contemporary capitalist strategy for establishing domination over the working class in the most developed capitalist countries and over the peoples on the “margins of capitalism”, who are doomed to be exterminated by the West.

           Giving a spectacular dimension to the marginal – on which both the advertising industry and the entire ideological sphere of capitalism are based – is one of the most important ways for destroying the quality criteria. As a result, people cannot realize the true nature of the ruling order and, at the same time, see the actual possibilities for the creation of a new world. Without the possibility of recognizing quality, it is not possible to acquire a true visionary consciousness. When everything becomes “fantastic”, “ingenious”, “incredible” – then the true values sink into the mud of the trivial. The public “dispute” over sports events is a typical example of marginalizing the important, of people’s depoliticization, of the creation of false sociability and mass idiocy. The ruling media are broadcasting increasingly aggressive and primitive entertainment programs in order to destroy people’s interest in truth and separate their mind from the real world created by capitalism: the destruction of nature, mass deaths from lack of food, water, and from diseases, the criminalization of society, the creation of a police state, increased chances of using nuclear weapons, monstrous technical projects for causing earthquakes and fatal climate changes, mass killings of children to “obtain” their organs, the disposal of nuclear waste in the oceans, nuclear plant accidents, white plague, increased illiteracy, destruction of national cultures and historical self-consciousness … In the “curved mirrors” of capitalist ideology and in the lights of spectacular advertisements of  “consumer society”, the important things become distorted and marginalized, while the marginal acquires a fatal and spectacular dimension. Advertising slogans, such as the “Coca-Cola“ slogan: “Can’t beat the Real Thing!”, which are constantly broadcast by TV and radio stations, impair man’s ability to discern and comprehend what is really important. Contemporary spectacles do not involve the creation of classical illusions through mental manipulation, which means the “seduction” of man by way of his prejudices, fears and desires, but on the creation of spectacular illusions, devoid of all content, which comes down to aggressive stimulation of senses by technical means. Instead of a melody, what we hear is a deafening noise; instead of a visual effect, we have a dazzling light… There is no emotion, no imagination, no reason… In addition to being marked by escapism, the creation of illusions serves to impair the senses and destroy the need and possibility for meditating about a humane world. The illusion is not only a spectacular manifestation of a destructive capitalist nothingness.  It is also a technical means for destroying humanity.

            Life, itself, degenerated by capitalism, has become the means for drawing people into the values and existential orbit of capitalism. The “consumer society” is directly reflected in the political sphere. For Marx, workers’ disposable time is the result of their struggle against capitalist exploitation, which gave them a chance to develop class-consciousness and start an organized political struggle. In the “consumer society”, non-work time has become consumer-time, which pulls workers into the spiritual and existential orbit of capitalism. Through the “consumer society”, capitalists created a new market, enabled further development of capitalism, and (temporarily) purchased “social peace”. At the same time, they drove people into debt-slavery and thus integrate them into the ruling order. Capitalism has degenerated the workers’ class consciousness by creating a consumer mentality. The need for freedom has turned into the need to purchase and destroy. Workers have become “consumers”, who contribute, through their working and consuming, to the development of capitalism. Not only do they make “their own chains” (Marx), they also destroy life and cause their own perishing as biological and human beings. At the same time, the increasingly deep existential crisis turned proletarian youth in the most developed capitalist countries into mercenary soldiers, the tool of the most powerful capitalist concerns with which to deal with “rebellious” peoples and establish the (American) “new world order”.

            As far as the “social state” is concerned, the official ideology claims that it is the result of a “compromise” between the bourgeoisie and the working class. Indeed, the “social state” is one of the established forms of bourgeois class domination over the workers. Rather than being founded on humanism, it is the political answer from the bourgeoisie to the ever deepening crisis of capitalism and the changing (revolutionary) potential of the workers movement in the most developed capitalist countries of the West. Its purpose is to establish a “bearable exploitation” of workers by capitalists, which means to reduce their existential threat and thus prevent the workers’ class struggle and enable a stable development of capitalism. Essentially, the “social state” is a legal form of plundering the workers, who, through the taxation system imposed by the capitalist state, finance their own “social contributions”, which should enable them to survive the capitalistically created existential crisis without any complaints. At the same time, the “social state” serves to destroy workers’ class consciousness and pull them, by instilling a consumer mentality, toward the value horizon of the “middle class”, as one of the pillars of capitalism. Ultimately, the “social state” enables the survival of capitalism and consequently contributes to the destruction of life on the planet.
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Ljubodrag Simonović: Revolutionary violence

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Ljubodrag Simonovic
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REVOLUTIONARY VIOLENCE

             The notion of violence has a historical nature. In modern times, it is determined according to the basic human and civil rights, proclaimed in the French Revolution, which form the basis of modern humanism.  Concretely, the nature of the ruling order conditions the nature of the prevailing  violence. In liberal capitalism, the prevailing violence was based on the principle bellum omnium contra omnes. In monopolistic capitalism, the prevailing violence is based on the principle “Destroy the competition!”. It is not characterized by a struggle between citizens, who are reduced to atomized private subjects, but by a struggle between gigantic corporations. The prevailing contemporary violence results from capitalism as a totalitarian destructive order.

               From the historical point of view, violence has an emancipatory dimension.  Departing from the American and French Revolutions, Marx came to the conclusion that “violence is the midwife of history”. From the onset of capitalism, bourgeois theorists insisted on the right to combat the prevailing violence, including the armed struggle. Locke and Kant share the view that free citizens not only have the right to oppose the violence threatening their freedoms, but that the opposition to violence is their most important civic duty. For Njegos, “to place a foot upon tyranny’s neck, this is the most sacred of man’s duties”. Following in the footsteps of this emancipatory legacy, Lenin put forward a theory of ”unjust” (conquering) and “just” (liberating) wars. According to Marx, violence in a proletarian revolution is not the aim, but the means for doing away with capitalist tyranny. With the development of political institutions, revolutionary violence has become one of the available means for abolishing capitalism. Engels’ insistence on a ”dictatorship of the proletariat” is meaningless, because, after a (true) socialist revolution, classes will no longer exist, and there will only be free people whose livelihoods will derive from their own work.

             In the contemporary world, the violence directed towards the capitalist order and contemporary imperialism is referred to as “terrorism”. Following the class and the colonial principles, the ideologues of capitalism do not make a distinction between the struggle for freedom and terrorism; more precisely, they equate the workers’ struggle against capitalism and the struggle of oppressed peoples against imperialism with “terrorism”. In conquered countries, colonial masters refer to those who fight against the colonial yoke as “bandits”, “murderers”, “thugs”… The notion of “terrorism” comprises all traditional qualities of fighters against the class order and colonialism.  At the same time, it also involves the spontaneous opposition of enraged young people to the capitalist order, which has deprived them of their future.

            It is not “terrorism” when capitalists, guided by greed, cause accidents in nuclear power plants, with lethal consequences to the living world; when they start thousands of fires in the Brazilian jungles every single day; when they contaminate the soil and water with poisonous heavy metals dropped from aircraft; when they empty thousands of nuclear waste containers into the oceans every single day and contaminate the seas and the coastlands with oil, killing millions of animals; when they burn entire towns with phosphorus bombs and contaminate rivers and the earth with projectiles tipped with depleted uranium; when, thanks to economic fascism, they force people to produce and consume contaminated food and genetically modified crops; when they fire millions of people from work and force women to undergo sterilization in order to get a job; when the most developed capitalist countries, through economic measures and political and military pressures, destroy the economies of less developed countries, causing suffering and death to tens of millions of children; when people are pushed into debt-slavery and deprived of their basic human and civil rights; when American capitalists provoke wars and create a war hysteria in order to ensure the survival of the American military industry; when the CIA forms terrorist groups to incite civil wars and destroy existing states … However, it is “terrorism” when a group of dissatisfied young people from the Parisian suburbs, who live on the margins of society, smash the windows of limousines or of the shops in posh areas, or throw stones at armored police vehicles and heavily armed police forces, who protect the ruling order, which creates social poverty and destroys life on Earth.

              Capitalism is opposed to the emancipatory legacy of bourgeois society and produces forms of political struggle with a destructive character. Contemporary “terrorism” is a capitalistically degenerated struggle against capitalism, namely, a destructive violence that uses the capitalist means and methods and thus further intensifies the process of destruction. It is a manifestation of the ruling spirit of  destructive capitalist irrationalism. It does not seek to create a new world, but to destroy the existing one. That is the basic difference between a revolutionary struggle and terrorist acts. Terrorism is not marked by a visionary consciousness, but by fanaticism, as a result of the increasingly ruthless destruction of entire nations by the most powerful capitalist corporations.

             The ever-deeper existential crisis in the world creates conditions for the development of religious fanaticism, with a fatalistic and destructive character. For fanatics, who glorify an illusory world “in the heavens”, this world is but a springboard for their departure into “eternity”. By killing the “infidels”, they acquire their tickets for “The Pearly Gates”. Terrorism, under the veil of religious fanaticism, is based on anti-existential nihilism. However, only a naive person can believe that the eradication of religion would bring the eradication of violence. Over 99% of young “terrorists” have not read a single religious book, a fact Michel Onfray, in his “Atheist Manifesto”, claims is the source of their violent behavior.  At the same time, the main “spiritual sustenance” for almost all “terrorists” in the West is the products of the capitalist entertainment industry:  Hollywood films, “video games” and sports, where violence acquires a spectacular dimension. Onfray “overlooks” the most important point: young people’s violence results from their positions in society and the nature of the ruling order. It is the consequence of reducing young people, particularly those living in ghettos, to “hooliganism”. Onfray’s intention is clear: by shifting the responsibility to religion, he relieves the ruling capitalist order of any responsibility for the increasing violence in society.  At the same time, he does not see the difference between the violent character and the violent consciousness. He also does not make any distinction between the violence of the young, who just mimic the model behavior, and the violence used to express dissatisfaction with the current state of affairs. The destructive behavior of the young is a capitalistically degenerated expression of their justified dissatisfaction with their life and the world in which they live. Just as do existing religions, Onfray conceals the true nature of monopolistic capitalism and resorts to an “anthropological argument”, which holds man at the social-Darwinist level that characterizes liberal capitalism. Onfray: “The primitive still exists in the post-modern, the animal still endures in man, the beast still lives in homo sapiens …” (30)

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Ljubodrag Simonović: Contemporary socialist revolution

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Ljubodrag Simonović
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ON CONTEMPORARY SOCIALIST REVOLUTION

          Marx’s critique of capitalism is, in essence, the thought of a socialist revolution. It is the fundamental idea for determining the integrity and relativity of the “Marxist” attribute’s authenticity. The view that a “correct theory is the consciousness of a world-changing practice” is the self-consciousness of Marx’s revolutionary thought. Based on this self-consciousness, and relative to it, Marx’s own thoughts acquire a Marxist legitimacy. Marx’s views do not all correspond to his theory of revolution. Marx’s thought was not the theory of a socialist revolution from the very beginning, it became so later, with the development of capitalism and the workers’ movement. Marx’s thought became the theory of a socialist revolution when the proletariat in the most developed capitalist countries in Europe became a political force capable of changing the world.

          According to Marx, the existential and, thus, the general social crises are the result of the economic crisis of capitalism when the relations of production (proprietary relations) become obstructive to the development of the productive forces. This is clearly indicated by Marx’s view in „A Contribution to the Critique of Political Economy”, the founding stone of his theory of revolution:  “At a certain stage of their development, the material productive forces of society come in conflict with the existing relations of production, which turn into their fetters. Then begins an epoch of social revolution.” The working class is “wedged” between productive forces and productive (proprietary) relations.  Class consciousness tells the worker not to try to abolish capitalism as long as it continues to develop its productive forces and thus enables his existence. Since the capitalist mode of developing the productive forces is progressive, the workers’ struggle against capitalism, as long as it continues to develop its productive forces, hinders progress and is therefore unacceptable. At the same time, a socialist order, as the final overcoming of capitalism, can be created only when capitalism has exhausted its potential for development. Without such conditions, a revolution is not based on objective historical conditions, but on political voluntarism. The elimination of the bourgeoisie from the political arena by the proletariat is historically legitimate only when the bourgeoisie becomes a reactionary force, precisely, when capitalism has exhausted all potential for the development of productive forces and when the bourgeoisie, through repression, struggles to safeguard private ownership, which hinders further development of productive forces. According to Marx, the proletariat can become the “grave digger” of capitalism only on the basis of the economic and the resulting general social crises, which cannot be resolved without a radical step out of the capitalist world.

            By overlooking that capitalism is essentially a destructive order, Marx overlooked the specificity of capitalist dialectics. According to Marx, the development of capitalism involves the development of conflicts between the productive forces and productive (proprietary) relations, but not between the capitalist development of productive forces, on the one hand, and nature as a life-creating whole and man as a natural and human being, on the other. In spite of Marx’s critique of the plundering and destructive capitalist relation towards the soil, according to Marx, capitalism is progressive as long as it continues to develop its productive forces.  Actually, for him, the problem is not in the productive forces of capitalism and the fatal consequences of their development, but in the limited possibilities presented by the relations of production, that is to say, by private ownership, which will stop further growth of the productive forces, “compelling” capitalism to “self-destruction”. It turns out that it is precisely the development of productive forces based on private ownership that leads to the increasingly dramatic existential and, thus, the general social crises, as they arise from an mounting destruction of nature and man as a human and biological being. The increasingly dramatic destruction of the world indicates that capitalist “progress” and the survival of humankind are antagonistic to one another. Marx’s view of soil exhaustion suggests that the survival of humankind is threatened precisely by the economic development of capitalism. It follows that workers should fight against the economic development of capitalism, which means against the capitalist mode of development of productive forces, and not “wait” for productive (proprietary) relations to become an obstacle for further development of productive forces. A contemporary socialist revolution can result from the existential crisis caused by capitalism, but it can also serve as a bulwark preventing capitalism from destroying the environment and climate to such an extent that life would be impossible on the planet. A contemporary socialist revolution cannot be of an aposteriori and essential character, but, rather, of an apriori and existential character.
future
With capitalism becoming a destructive totalitarian order, Marx’s conception of socialist revolution has become obsolete. Marx does not arrive at the concept of socialist revolution relative to capitalism as a destructive totalitarian order, but relative to capitalism as an exploitatory order with a “revolutionary”  character. For Marx, a socialist revolution is the last revolution in the history of humankind and therefore the final act in man’s struggle for freedom.  At the same time, by sticking to existential apriorism, Marx does not regard the socialist revolution as the beginning of a decisive struggle for survival, but as the end of the historical process of man’s bonding with nature and the beginning of the true history of humankind. Following that idea, Gajo Petrovic, one of the most distinguished representatives of Yugoslav praxis philosophy, regards Marx’s notion of the revolution as the overcoming of the social and political moment and the final resolution of man’s relation to nature and to himself as a natural being. In those terms, the socialist revolution is the “essence of being” (“The Thought of Revolution”). However, the concrete “essence of being” cannot be acquired from an abstract notion of nature and man, but only in relation to the totalitarian and destructive practices of capitalism. Capitalist “progress” has brought humankind to the brink of an abyss and thus “resolved” all contradictions within it and completed the critique of capitalism. Capitalism does not liberate man from his dependence on nature. It rather makes him, through its destruction of nature, more dependent on it. Not only does it not create the possibilities of “leaping from the realm of necessity to the realm of freedom”, it creates a new – destructive and, thus, totalitarian realm of necessity. A socialist revolution can acquire its concrete historical dimensions only in relation to the lethal consequences of the development of capitalism and with respect to its destructive potential. Rather than being the beginning of man’s true freedom, it is the beginning of a decisive struggle for the survival of humankind, which will alleviate the consequences of the capitalist destruction of nature and man and open the possibilities for man’s liberation from the natural elements and class society, enabling him to realize his universal creative powers and turn society into a familial community of free people.

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