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Omosessualità

O

Nel capitalismo contemporaneo si sviluppano movimenti con sempre più componenti omosessuali, i quali secondo l’ “umanesimo-naturalismo” di Marx apparterebbero ad una socialità degenerata e, di conseguenza, ad una naturalità degenerata. Non si tratta di una natura biologicamente “malata” dell’essere umano (l’uomo è un essere eterosessuale con una predisposizione organica alla omosessualità), ma dei rapporti sociali dominanti e delle corrispondenti sollecitazioni valoriali. Non è questione di un ”essere umano malato”, ma di una società malata. Quindi, non dobbiamo curare esseri umani, ma è necessario creare una “società sana” (Fromm) nella quale si sviluppino persone sane. L’omosessualità è un fenomeno sociale concreto (storico) condizionato dalla natura dell’ordinamento dominante. Questa è una delle forme in cui si manifesta un determinato sistema valoriale che regola i rapporti tra i sessi e come tale è un aspetto concreto del funzionamento sociale. L’antico Eros omosessuale ha avuto una natura sostanzialmente diversa dalla omosessualità capitalisticamente condizionata. La comunità omosessuale di oggi è una delle forme in cui si manifesta una socialità degenerata capitalisticamente. Lo sviluppo di rapporti omosessuali corrisponde allo sfacelo della famiglia in quanto comunità naturale evoluta, e della trasformazione del matrimonio in legame economico. Le comunità omosessuali ottengono una legittimità “sociale” non in relazione alla famiglia in quanto comunità naturale evoluta, bensì in relazione alla disperazione solitaria creata dal capitalismo. La comunità omosessuale è la forma estrema della famiglia capitalisticamente degenerata e lo sviluppo della pederastìa contribuisce alla soppressione della possibilità di creare la famiglia come comunità naturale evoluta. Allo stesso tempo, distruggendo l’uomo come un essere naturale ed umano il capitalismo distrugge la socialità autentica sterilizzando l’Eros ed, in questo modo, distrugge la capacità di riproduzione biologica della società. La “riproduzione sociale” è diventata un segmento della distruttiva riproduzione capitalistica la quale, come in tutti gli aspetti della vita, si basa sul principio: “I soldi non puzzano”. L’inseminazione artificiale, la vendita del materiale seminale, l’utero in affitto, la vendita di bambini – tutte queste sono forme legali e legittime di riproduzione capitalistica. Il capitalismo assorbe nella sua orbita esistenziale e valoriale le sempre più perniciose conseguenze che esso stesso produce attribuendo ad esse uno status istituzionale e trasformandole in strumenti del suo proprio sviluppo.

Avendo presente che il capitalismo distrugge l’uomo quale essere naturale ed umano, lo scopo del matrimonio è l’esistenza dell’umanità in quanto comunità evoluta e naturale. Il matrimonio è una comunità istituzionalizzata tra donna e uomo, che offre l’opportunità per una riproduzione biologica stabile della società e per educare figli. Quando il matrimonio è privo della dimensione vivificatrice, esso perde il senso primario di esistere. Allo stesso tempo, il matrimonio senza la dimensione vivificatrice diventa un involucro dove è possibile inserire i più diversi contenuti. Se si parte dal principio omosessuale come base per stabilire la comunità matrimoniale, perchè non dovrebbe essere permesso il matrimonio tra fratelli, tra sorelle, tra madre e figlia, padre e figlio, nonna e sua nipote, nonno e suo nipote…? L’importanza dei legami familiari sta innanzitutto nella prospettiva della esistenza biologica, vale a dire che si basa sul fatto che l’incesto comporta la degenerazione fisica e mentale della discendenza. Nei rapporti omosessuali, che non hanno carattere prolifico, questo problema non esiste. Nel divenire dell’omosessualità un principio-base del matrimonio, vengono cancellati tutti i limiti e con ciò ogni intendimento tradizionale dei legami familiari basati sul rapporto eterosessuale. Inoltre, viene abolita la dimensione storica dell’essere umano e, in questo contesto, la visione umanistica ed esistenziale del futuro dell’umanità. Non soltanto quale aspetto avrà, ma come sarà possibile l’esistenza della società umana se essa verrà trasformata in gay e lesbiche? A questa domanda il capitalismo può dare solo una risposta di natura tecnica: inseminazione artificiale, che vuol dire la produzione tecnica di bambini. Nel mondo contemporaneo l’omosessualità è diventata un principio anti-esistenziale. Essa è uno dei modi per distruggere le capacità riproduttive dell’umanità e per creare una società sterile. L’omosessualità appare oggi come fenomeno di quella parte del mondo che va biologicamente decadendo e che distrugge l’essere umano come essere naturale, sociale e storico.

La vera natura dei “diritti degli omosessuali” si può vedere in relazione ai diritti dei bambini. Quale è quella “umanità” che contesta necessità e diritti fondamentali dei bambini? Al posto di preservare la famiglia ed, in questo contesto, di lottare per i diritti dei bambini ad avere ambo i genitori ed il loro amore e la loro cura, si insiste sui “diritti degli omosessuali ad adottare bambini”. Per di più, la comunità di bambini e “genitori” monosessuali sta diventando un modello per la “famiglia del futuro”. In questo modo viene distrutta la dialettica del rapporto erotico tra uomo e donna che è la base dello sviluppo sano della sessualità (personalità) infantile. In fondo, perchè i bambini devono avere genitori? Perchè non vengono istituite delle industrie per la produzione e l’educazione di bambini – come proponeva Platone e come fecero i nazisti? L’adozione non è solo un modo di “risolvere il problema” dei bambini orfani, ma è diventato il principio fondamentale per i matrimoni omosessuali. La soluzione dell’adozione si fonda sulle conseguenze create dal capitalismo come ordinamento inumano par excellance, o più precisamente, sulla privazione delle possibilità per i bambini di soddisfare i loro elementari bisogni umani. L’adozione implica la privazione ai bambini dei loro genitori naturali, cioè privarli del diritto di avere un padre e una madre. Al posto di “padre” e “madre” in Occidente nei documenti personali sempre più spesso c’è scritto “primo e secondo genitore”. Gli uni “producono” ed abbandonano i bambini, gli altri li adottano. L’adozione dei bambini è diventata un’operazione commerciale-monetaria e tecnica. Bambini vengono venduti e comprati come fossero degli oggetti. Per loro c’è il “periodo di garanzia” – come per qualsiasi altra merce. Insieme alla negazione dei diritti dei bambini ad avere propri genitori viene negata la pedagogia umanistica, che vuol dire il sistema pedagogico basato sugli sforzi di valorizzare l’essere naturale nell’uomo mediante la famiglia in quanto comunità naturale evoluta. Allo stesso tempo, deprivare i bambini dell’amore e della considerazione dei genitori è la causa delle più gravi malattie mentali e delle peggiori forme di patologia sociale.

Il diritto fondamentale dei bambini è il diritto al futuro, e questo vuol dire il diritto ad un mondo umano e ad un ambiente di vita sano. La realizzazione dei bisogni dei bambini come esseri umani e naturali è diventata la questione dell’esistenza stessa dell’umanità. Lo sforzo dei raggruppamenti capitalistici più reazionari di ridurre il numero di abitanti sul Pianeta sotto a un miliardo include la sterilizzazione delle persone e lannientamento della “eccedenza”. In questo contesto i bambini non sono più visti come il “più grande tesoro”, bensì come il più grande pericolo per l’esistenza dell’umanità. L’idea del futuro non è percepita partendo dalle potenzialità creative dell’essere umano e dalla visione umanistica del mondo, ma dal “fatto” che le risorse umane sono limitate e che il numero degli abitanti sul Pianeta deve essere conforme a queste. Invece di adoperarsi a sradicare la frenesia consumistica dominante nei paesi più sviluppati dell’Occidente, che è la principale causa del deperimento del Pianeta, sempre più forti sono le pretese di annientare i miliardi in “surplus”, con riferimento prima di tutto ai bambini. Annientando i bambini, il capitalismo annienta la forza vivificatrice dell’umanità e trasforma la società umana in un mondo di Matusalemme fisicamente e mentalmente degenerati.

Nelle relazioni omosessuali il corpo umano perde la sua dimensione erotica originale e viene strumentalizzato in modo innaturale ed inumano. Esso diventa l’oggetto dell’esibizionismo sessuale dove il ruolo più importante lo hanno parti del corpo che non hanno a che fare con l’erotismo originale e tanto meno con la natura vivificatrice dell’essere umano. Non si tratta di una relazione umanizzata e naturale, bensì di una innaturale e quindi disumanizzata relazione nella quale il corpo del “partner” viene ridotto a mezzo per arrivare all’orgasmo. La penetrazione del pene nell’ano è una penosa violenza nei confronti dell’organismo del “partner” e (come anche il “sesso orale”) rappresenta una forma degradante di “rapporto sessuale”. La base psicologica dell’omosessualità non è il bisogno dell’essere umano emancipato per l’amore, ma è la paura della solitudine, del rifiuto sociale, dell’incertezza… Al posto dei rapporti di parità tra i “partners”, domina il rapporto sado-masochistico che è un’espressione diretta della posizione dell’essere umano nel capitalismo quale ordinamento di classe basato sul principio: “Calpesta o sei calpestato”. Il bisogno di dominazione e di soggiogamento diventa la base della dialettica dei “giochi sessuali”. E’ stato “assunto” il modello di rapporti interpersonali su cui si basa il rapporto prevalente tra donna e uomo, dove le donne sono ridotte a oggetto di umiliazione sessuale.

L’aspirazione per la realizzazione dell’uomo come essere umano va molto oltre la dimensione (omo)sessuale dell’uomo. Insistere sull’omosessualità come questione base con la quale determinare l’identità umana diventa il modello della mutilazione del sentimento umano e produce un essere umano “unidimensionale” (Marcuse). Il sentimento umano viene ridotto ad un certo tipo di sessualità. Essere “qualcuno” significa essere gay oppure macho-man. Questo diventa la forma elementare dell’affermazione sociale dell’essere umano mediante la quale vengono rimosse altre forme di affermazione dell’uomo come essere autonomo. In questo modo l’essere umano viene annientato come essere storico, libertario e dotato di idealità. Il “movimento gay” si fonda su una umanità ridotta e su una socialità degenerata. L’essere umano acquisisce la propria individualità umana e sociale mediante la sua sessualità e non mediante il suo status civile, l’appartenenza di classe, l’autocoscienza nazionale, la famiglia, la cultura o le convinzioni politiche e religiose… L’”orgoglio” non è legato alla lotta per la libertà, all’esistenza nazionale e alla giustizia sociale, alla preservazione della natura e del genere umano… bensì a una (omo)sessualità che è di carattere anti-esistenziale. Gli omosessuali non sono orgogliosi perchè sono esseri umani, ma perchè sono “gay” e “lesbiche”. La sessualità non è più una questione personale, ma acquisisce una promozione spettacolare pubblica. Il bisogno di socialità è ridotto ad un esibizionismo sessuale con un banale carattere da circo. La umanità ridotta è oggigiorno di natura sostanzialmente differente da quella del passato. Essa si manifesta in relazione alle sempre più effettive possibilità di distruzione del mondo ed in relazione alle forze creative dell’essere umano che è capace di abolire la società di classe e di creare un nuovo mondo.

“La lotta per i diritti degli omosessuali” indica l’ipocrisia del mondo capitalistico. Perchè la “lotta per i diritti di omosessuali” è priva di una dimensione universalmente-umana e ideale? Perchè coloro che si richiamano all’”umanità” quando si tratta di omosessuali, non lottano contro il mondo inumano e per un mondo umano? “La lotta per i diritti degli omosessuali” non ha un carattere umanistico, ma politico, e contribuisce a preservare il mondo esistente.  Le parate di omosessuali sono la più alta manifestazione della “democrazia”, e il “rispetto dei diritti degli omosessuali” è la più alta affermazione dell’”umanità” dell’ordinamento dominante. Con l’imporre la questione della “realizzazione dei diritti degli omosessuali”, viene rimossa dalla scena pubblica ogni questione che riguarda l’esistenza dell’umanità e la libertà dell’essere umano: la degradazione biologica dei popoli, la depredazione senza riguardo delle classi lavoratrici, la morte per malattie, per fame e sete, la criminalizzazione della società, l’instaurazione dello stato di polizia, l’analfabetismo, la solitudine, l’annientamento di popoli interi da parte dell’Occidente “democratico”, gli esperimenti con il materiale genetico, la produzione di materiale sempre più potente per la distruzione in massa, la contaminazione della popolazione e del terreno, le malattie mentali, la distruzione del suolo e degli organismi viventi mediante le piante geneticamente modificate, le avarìe delle centrali nucleari, i suicidi, le violenze, le prestazioni mediche sempre più costose e le manipolazioni sempre più distruttive con i prodotti farmaceutici, le sempre più grandi differenze sociali e la sempre più profonda la miseria nella quale vivono le classi lavoratrici, i bambini e i pensionati, l’ambiente di vita contaminato sempre di più, il cibo sempre più tossico, il monopolio capitalista sui mass-media…  Allo stesso tempo, “la lotta per i diritti degli omosessuali” semina discordia tra le persone sulla base del loro orientamento sessuale che distrugge quelle forme di socialità (l’integrazione nazionale e di classe) che danno opportunità all’essere umano di sopravvivere e di ottenere la libertà.

La questione della (omo)sessualità può essere compresa in modo umanistico solo nel contesto della realizzazione di una integrale umanità dell’uomo, nella prospettiva della lotta per preservare la vita sulla Terra e per creare un mondo umano. La distanza critica rispetto al capitalismo dal punto di vista di una società umana implica allo stesso tempo anche la distanza critica rispetto all’omosessualità dal punto di vista dell’essere umano come essere evoluto naturale (vivificatore) e sociale. Su questa base gli omosessuali come esseri umani emancipati possono contribuire allo sviluppo di rapporti sociali che offrano la possibilità di superare la unidimensionalità (omo)sessuale. Si deve fare differenza tra quegli omosessuali che sono esseri umani emancipati e quelli la cui concezione del mondo e del futuro si basa sul loro orientamento sessuale. I primi sono in grado di comprendere l’omosessualità come fenomeno sociale nel contesto della lotta per l’esistenza dell’umanità e della creazione di un mondo umano; gli altri sono privi di una coscienza critica e ideale, e sono impantanati senza speranza nel fango capitalistico. L’emancipazione degli omosessuali, come esseri umani, dall’omosessualità è solo una delle forme mediante le quali l’essere umano viene liberato dai bisogni innaturali ed inumani che il capitalismo ha creato nell’uomo. Infatti, l’emancipazione degli omosessuali dalla omosessualità è solo una delle forme mediante cui l’essere umano viene emancipato dal capitalismo.  L’essere umano che è cosciente delle conseguenze disastrose dello sviluppo del capitalismo si deve opporre al demonio che  il capitalismo ha piantato in lui, in modo che egli, insieme ad altri esseri umani, lotterà contro il capitalismo e per un mondo umano. Tutti noi siamo delle vittime del capitalismo. Tutti noi dalla prima infanzia portiamo dentro di noi il germe del male il quale, nel mondo inumano, si sviluppa e distrugge l’umano in noi. Noi siamo tutti inclini alla violenza, alla gelosia, siamo egoisti, “perversi”, distruttivi… E’ solo questione di fino a che punto possiamo controllare e sopprimere il male in noi. L’unico modo per un essere umano di vincere il male piantato in lui è di combattere contro l’ordinamento sociale che crea il male e  sollecita il suo sviluppo. La solitudine è il terreno sul quale si sviluppa nel modo migliore il seme capitalistico del male. Lo sviluppo dei rapporti sociali e la trasformazione della società in una comunità di esseri umani liberi è il modo migliore con cui l’uomo può opporsi al male e sviluppare il proprio sentimento umano. Si tratta, infatti, dello sviluppo di una società emancipata e combattiva. Per questo motivo, iniziative sociali e movimenti operai che portano esseri umani fuori dalla loro tana di solitudine ed offrono loro la possibilità, lottando contro il mondo inumano, di avere delle esperienze di se stessi come esseri sociali, hanno un’importanza enorme. Nella lotta per l’esistenza dell’umanità e per la creazione di un mondo umano verranno alla luce quelle qualità delle persone che le uniscono e le fanno diventare umane.

Invece di adoperarsi per un mondo umano e per una umanità vera, la soluzione della questione dell’omosessualità viene cercata nel capitalismo che produce le forme peggiori di patologia sociale. In una società inumana le questioni umane possono essere “risolte” unicamente in modo inumano. Soltanto in una società umana le questioni umane possono essere risolte in modo umano.

 

Translated from Serbian by Mirjana Jovanović

Italian translation supervisor Andrea Martocchia

 

Nichilismo capitalistico

N

Il capitalismo è un ordinamento nichilistico non solo perchè esclude ogni giudizio valoriale, ma anche perchè distrugge le potenzialità vivificatrici della natura e dell’essere umano. Il nichilismo capitalistico non ha soltanto un carattere anti-umano, ma anche anti-esistenziale. La natura “conosce” la morte, che è la condizione del rinascere, ma non “conosce” la distruzione della vita. Nella natura e nella storia la morte apre alla possibilità di nuova vita: essa è per sua natura vivificatrice. Il capitalismo distrugge il ciclo stesso della morte e della rinascita, cioè le potenzialità vivificatrici della morte, e produce una nullità distruttiva.

Il capitalismo non solo crea uno Stato totalitario, bensì anche una società totalitaria. Infatti, la vita stessa è diventata una forza totalizzante che forma il carattere degli esseri umani e la loro coscienza, i rapporti tra di loro, il rapporto verso la natura… L’essere umano diventa distruttore non solo mediante il suo lavoro e il suo consumismo ma pure nella sfera vitale capitalistica, cioè vivendo la vita alla maniera capitalistica, per 24 ore al giorno e senza risparmiare nessuno. Il capitalismo costringe gli esseri umani a vivere la vita in modo distruttivo e in questo modo essi diventano complici nella distruzione del mondo. Una vita sempre più senza riguardo, che si basa sul sempre più veloce svolgimento del processo della riproduzione capitalistica, permette agli esseri umani di esistere solo se si comportano conformemente ai processi dominanti. Questa è la causa di una delle più dannose forme di patologia sociale: gli esseri umani cercano di privarsi delle elementari caratteristiche umane per poter sopravvivere nella società capitalistica totalitaria. Nel capitalismo l’essere umano non “migliora” mediante lo sviluppo delle proprie potenzialità umane specifiche, cioè come essere storico, ma mediante il modello dominante del vivere che lo priva della naturalezza e dell’umanità. L’origine della tragicità piccolo-borghese sta nel fatto che il piccolo borghese valuta se stesso mediante il vigente modello dominante il quale lo svaluta come essere umano. L’intangibile dominio del principio “I soldi non puzzano” porta al fatto che l’essere umano si espone all’umiliazione peggiore e che commette i peggiori delitti per ottenere soldi e affermazione sociale. Non è più la fuga dalla libertà (Fromm), bensì la fuga dalla responsabilità della distruzione della vita ciò che domina nelle società capitalistiche più sviluppate. Questa è la base del conformismo contemporaneo. Esso non è soltanto di natura anti-libertaria, ma prima di tutto anti-esistenziale. Il piccolo borghese si leva di dosso ogni responsabilità per la distruzione della vita e la riporta a un “Dio”, al Sole, alle stelle, alle profezie bibliche o d’altro tipo, a “forze terrestri misteriose” che si manifestano nella forma di “logge massoniche” e di altri gruppi che agiscono “dall’ombra”. La crisi sempre più drammatica dell’esistenza, invece di spingerlo alla lotta contro il capitalismo, lo induce a fuggire in mondi illusori offertigli dall’industria del divertimento, dalla chiesa, dalle sette, dalla droga, dall’ alcool… Nel contempo, la forma più importante di fuga dalla responsabilità della distruzione del mondo è il consumismo. Lo sviluppo della mentalità da “ubriacatura per l’acquisto”, cioè il totale affogamento dell’essere umano nel pantano capitalistico, è la più rovinosa forma di fuga dalla realtà. Anche qui viene confermato il principio che il capitalismo fonda il profitto sulla distruzione del mondo e dell’essere umano, e che questo ha carattere universale.

Il totalitarismo capitalistico è la forma più malvagia di totalitarismo che la storia conosca. Esso si basa sulla commercializzazione totale della natura e della società. Ogni angolo del Pianeta ed ogni segmento della vita sociale ed individuale sono diventati parte integrante del meccanismo della distruttiva riproduzione capitalistica. Altre forme storicamente date di totalitarismo appaiono relazionarsi o a un’idea di passato, o a una qualche idea trascendentale, oppure a una idea di futuro – e ciò apre la possibilità a una loro critica. Il totalitarismo capitalistico contemporaneo si fonda sul nichilismo distruttivo: esso annichilisce sia l’idea della trascendenza che l’idea di un futuro (o passato) e con ciò ogni possibilità di stabilire una distanza critica dal mondo esistente. All’inizio del suo sviluppo, il capitalismo creava una coscienza visionaria che apriva non soltanto lo spazio per il suo sviluppo, ma anche quello per il suo superamento (More, Campanella, Hobbes, Bacone, Owen, Fourier). Nel diventare un ordinamento totalitario distruttivo, il capitalismo annulla ogni coscienza visionaria e crea una coscienza positivistica totalitaria alla quale conviene l’idea della “fine della storia” e dell’”ultimo uomo” (Fukuyama). “Democrazia” è un altro termine per la fine della storia.

Il capitalismo abolisce la storia trasformando il tempo storico in eventi meccanici, cioè nel nulla positivo. Con il capitalismo comincia il tempo non-storico che è di carattere distruttivo e che rappresenta la distruzione della vita sulla Terra. Il misurare del tempo capitalistico non ha soltanto un carattere anti-storico, ma anche anti-esistenziale. Il “nulla” non è solo una vita insensata (irriflessiva), ma è la estinzione della vita. Il capitalismo è una forza totalizzante distruttiva che produce una nullità totale e cioè una tragicità di carattere fatale e senza speranza. Ciò che nella dimensione vitale ed umana appare come fenomeno reale, nell’orizzonte esistenziale e valoriale capitalistico diventa nulla. Il capitalismo annienta ciò che è umano affinché inumano ed anti-umano ottengano una dimensione spettacolare. In questo processo, non le cose e i fenomeni, ma il processo stesso dell’annientamento assume carattere feticistico. Attenendosi al mito del carattere “rivoluzionario” del capitalismo, Marx non ha capito che il capitalismo non si proietta nel futuro in primo luogo mediante lo sviluppo delle forze produttive e delle potenzialità emancipatrici della società borghese, bensì mediante la distruzione della natura e dell’essere umano, come anche mediante la distruzione dell’eredità emancipatrice della società borghese. Il “progresso” capitalistico elimina ogni possibilità di futuro: essa appare come u-topos [non-luogo, utopia] degenerata in senso capitalistico. Il capitalismo si stabilizzerà finalmente nel momento in cui avrà annientato la vita sul Pianeta e sarà arrivato al livello “zero” della natura inanimata.

Il cataclisma cristiano [l’Apocalisse] significa la fine della vita materiale e l’inizio di quella “vera”. Questo non è possibile in un essere umano privato dell’anima, vale a dire, se in lui è stata distrutta la fede in un mondo “reale”. Il capitalismo rapisce all’essere umano l’anima che è il simbolo della forza vitale dell’essere umano come essere spirituale e rappresenta la possibilità elementare di una sua deificazione. Il cataclisma capitalistico annienta la possibilità del cataclisma cristiano: non c’è peccato né redenzione, non c’è il pentimento né il perdono… Il capitalismo ha trasformato il mondo nel suo spazio pubblicitario, e l’essere umano nel fanatico edonista-distruttivo che non ha bisogno di incitamenti validi che siano al di sopra del mondo esistente. I rapporti umani hanno perso la dimensione spirituale ed etica. Il denaro come un nulla spettacolare è diventato il mezzo per annientare i valori spirituali, ed il principio “I soldi non puzzano” è diventato il principio “religioso” supremo. L’apocalisse contemporanea non si basa sulla coscienza religiosa e non ha un carattere illusorio, ma è una realtà sempre più visibile che si fonda sullo sviluppo del capitalismo come ordinamento totalitario distruttivo.

La distruzione radicale del tessuto sociale, e in questo modo la distruzione dell’essere umano come essere sociale, rappresenta un’altra “qualità” del capitalismo. Il capitalismo degenera l’essere umano in quanto essere naturale (erotico) e sociale poiché fa degenerare i rapporti tra gli esseri umani. Esso annienta il bisogno dell’uomo per l’uomo e crea un uomo patologico, in primo luogo perchè dall’infanzia gli annulla il bisogno degli altri esseri umani e in questo modo la possibilità di sviluppare il sentimento umano. Il capitalismo produce un essere umano solitario, perso nella nullità capitalistica, incline alla fuga dal mondo reale verso quello illusorio. Gli esseri umani diventano le monadi di Leibniz tecnicizzate. Ancora peggio, indurre nell’uomo la paura verso l’uomo rappresenta la base della “socialità” capitalistica. Trasformare l’uomo in nemico dell’uomo rappresenta uno dei peggiori delitti del capitalismo. Con la distruzione dell’essere umano come essere sociale mediante la “fabbricazione” di individui atomizzati, in guerra permanente, il capitalismo acuisce il dissidio tra la certezza dell’esistenza immediata dell’essere umano come individuo e la certezza dell’esistenza dell’umanità. Infatti, la certezza dell’esistenza immediata dell’essere umano come individuo in virtù del meccanismo di riproduzione capitalistico, che lo trasforma in un egoista distruttivo, mette sempre più drammaticamente in questione la capacità dell’umanità di assicurarsi l’esistenza. E questo a maggior ragione in quanto l’atomizzazione degli esseri umani è la peggior forma della loro de-politicizzazione.

Il capitalismo produce forme di “socialità” che degenerano l’essere umano in quanto essere sociale. La “socialità” si riduce alla lotta tra gli esseri umani, alla bugia, all’inganno, al delitto… Nel mondo contemporaneo niente distrugge con più efficacia il bisogno dell’uomo per l’uomo che il contatto dell’uomo con l’uomo. Cessano i rapporti autentici tra gli uomini, nei quali l’essere umano può realizzarsi come un essere libero, erotico, emotivo, spirituale e creativo, e i rapporti tra gli uomini assumono un carattere tecnico e distruttivo così come l’essere umano stesso diventa un essere meccanico e distruttivo. Il capitalismo crea un surrogato della socialità nella forma dei “consumatori”, degli “spettatori”, dei “fans”, “del popolo di facebook”… Lo sport è uno dei mezzi più importanti della degenerazione e della distruzione della socialità umana. Gli sportivi sono ridotti a classe quasi-militare adibita al divertimento e al circo, come equilibristi da salti mortali, e il pubblico è ridotto alla “massa dei tifosi”. Gli spettacoli musicali, le feste della birra ed altre sbevazzate, le discoteche, i supermercati ed i centri commerciali, le zone pedonali nei quartieri commerciali delle città eccetera – sono tutte forme di produzione capitalistica di “socialità” privata di ogni naturalezza e sentimento umano. Essa si riduce a quelle ”masse consumistiche” il cui atteggiamento condiziona il processo della riproduzione capitalistica distruttiva, vale a dire una vita del tutto commercializzata. Il capitalismo trasforma l’essere umano da essere sociale in essere consumistico, e la società da comunità di persone emancipate diviene moltitudine di consumatori. Il mega-store è diventato lo spazio sociale più importante, e i “saldi” di fine stagione con la relativa pazza corsa consumistica  sono le forme più autentiche mediante le quali si manifesta la socialità capitalistica.

Per quanto riguarda l’internet, le possibilità sempre più grandi della “comunicazione” tecnica sono diventate sostitutive delle sempre più esigue occasioni di rapporti umani autentici. Invece di instaurare rapporti immediati tra gli esseri umani, si instaurano “rapporti” mediante un’immagine “abbellita” che corrisponde al modello del “volto di successo” secondo i criteri dei valori dominanti, cioè mediante l’auto-degradazione e l’auto-menomazione dell’essere umano. L’anonimato, la possibilità della immediata interruzione del contatto, la possibilità della “trasformazione” e del “ritocco” – tutto questo si frappone alla “comunicazione”. Sullo schermo del computer non appare la vera immagine dell’essere umano, ma la sua maschera. Per il tramite di internet non si instaurano rapporti tra gli esseri umani, bensì comunicazioni tecniche con le quali gli esseri umani vengono “liberati” dalla esistenza sensibile, erotica, emotiva, ovvero dalla esistenza sociale e dalla mediazione sociale. Sullo schermo appaiono immagini che non si possono percepire con i sensi, toccare, guardare negli occhi… immagini senza odore, senza voce, senza calore… Si ha l’impressione di essere “liberati” da quel mondo in cui l’essere umano non può realizzare la sua umanità e questo in modo da ridurre l’essere umano ad una apparizione tecnica mascherata. Il populismo di internet è la forma meno umana di populismo. Apparentemente, chiunque può mostrarsi in “pubblico” – ma è un “pubblico” virtuale, di esseri umani anonimi che si nascondono dietro lo schermo del computer. Inoltre, la maggior parte dei testi pubblicati in internet sono al di sotto di ogni livello culturale e vengono imposti agli altri mediante una sempre più aggressiva “presentazione tecnica” che corrisponde al meccanismo delle campagne pubblicitarie della “società consumistica”. La cosa peggiore è che i giovani accettano di essere precipitati nel mondo virtuale. Questa è la “risposta” conformistica dell’uomo solitario affondato nel fango della disperazione capitalistica. Accettare il mondo virtuale significa, infatti, accettare il mondo esistente dove non c’è posto per la giovinezza, per l’amore, per il futuro… Si tratta, in definitiva, di togliere ogni possibilità agli esseri umani di unirsi e di operare in quanto esseri politici tesi a sradicare ciò che è male.  L’annientamento dell’essere umano come essere sociale mediante la tecnica ed il modo di vita “consumistico” rappresentano la maniera più efficace per la sua de-politicizzazione. Senza alcun legame immediato e  organizzazione degli oppressi basata su di una qualche visione di un mondo futuro per il quale si debba lottare, uscire sulle strade si riduce allo scaricare la frustrazione, il che non contribuisce all’abbatimento del mondo inumano, bensì produce nuove forme di oppressione e sfruttamento.

 

Translated from Serbian by Mirjana Jovanović

Italian translation supervisor Andrea Martocchia

 

La rivoluzione d’ottobre

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Se si parte dalla concezione che ha Marx della storia, la Rivoluzione d’Ottobre ha una sua legittimità storica? Secondo Marx, non tutte le crisi esistenziali del capitalismo possono essere presupposto storico per una rivoluzione socialista, ma soltanto quelle crisi in cui i rapporti produttivi (di proprietà) sono diventati un freno allo sviluppo delle forze produttive e qualora le contraddizioni del capitalismo siano arrivate al limite. Le condizioni sociali sono necessarie, ma non sufficienti come condizione per una rivoluzione. Soltanto quando si sono create adeguate condizioni storiche, la rivoluzione socialista è possibile. Secondo Marx, un’eventuale rivoluzione socialista nella Russia zarista avrebbe avuto legittimità storica se fosse stata la scintilla in grado di accendere i fuochi delle rivoluzioni socialiste nei più sviluppati paesi capitalisti d’Europa. In altre parole, soltanto sotto l’influenza dell’eredità emancipatrice dei più sviluppati paesi capitalisti, che nella rivoluzione socialista avrebbe avuto la sua piena espressione, la rivoluzione avrebbe potuto assumere il carattere di una rivoluzione socialista nei paesi capitalisti meno sviluppati.

Partendo dal concetto che aveva Marx di rivoluzione socialista, nella Russia zarista del 1917 non esisteva alcuna delle condizioni storiche per una rivoluzione socialista, ma esistevano invece le condizioni storiche per una rivoluzione civile ed anticoloniale e le condizioni sociali per un’insurrezione operaia e contadina. Nella Russia zarista la crisi esistenziale non si è determinata perchè i rapporti di produzione erano diventati un freno allo sviluppo delle forze produttive, bensì soprattutto a causa della guerra. Le contraddizioni del capitalismo invece di svilupparsi fino al massimo nella crisi economica causata dall’arresto della crescita capitalistica delle forze produttive, si sono sviluppate sulla base della generale crisi sociale causata dalla guerra. La guerra, come forma massimamente distruttiva dello sfruttamento dei lavoratori e dei contadini da parte dei capitalisti, ha acuito il conflitto di classe a tal punto che esso si è trasformato in una guerra di classe. L’uccisione di milioni di lavoratori e contadini, le sconfitte al fronte, la povertà e la morte di massa causata dalla fame, hanno creato una crisi tale da provocare una sollevazione dei contadini e dei lavoratori, diretta dai bolscevichi nel senso di cambiamenti rivoluzionari. Nella Russia zarista, dilaniata dai venti della Prima guerra mondiale, non c’erano condizioni storiche, ma esistenziali, e su questa base c’erano le condizioni politiche per una rivoluzione sociale.

Non sono stati i bolscevichi a far crollare l’Impero russo. La Rivoluzione d’Ottobre non è stata la causa bensì la conseguenza del crollo dell’Impero russo, così come la Rivoluzione di Monaco di Baviera non è stata la causa del crollo della monarchia tedesca, ma la sua conseguenza. La sconfitta nella guerra contro il Giappone, come anche la Rivoluzione russa del 1905, che i Romanov hanno soffocato nel sangue, hanno preannunciato il crollo dell’Impero russo che si è verificato durante la Prima guerra mondiale ed anche nella Rivoluzione borghese del febbraio del 1917. I bolscevichi non hanno costruito l’Unione Sovietica sulle fondamenta dell’Impero russo, ma sulle sue rovine.

Dal momento che per Marx il criterio più importante per determinare la legittimità storica di un ordinamento sociale sta nel fatto se esso consenta o meno lo sviluppo delle forze produttive, la Rivoluzione d’Ottobre ha una legittimità storica di prim’ordine. Nella Russia zarista il capitalismo non si è  sviluppo autonomamente. La Russia zarista era una colonia dell’Occidente ed il suo sviluppo economico dipendeva dall’espansione economica dell’Occidente. Il carattere anticoloniale della Rivoluzione d’Ottobre è stato di cruciale importanza poichè ha reso possibile lo sviluppo indipendente dell’URSS  e quindi lo sviluppo dell’istruzione, della scienza, dell’economia, dell’ organizzazione militare e dell’industria … Ha reso possibile che l’Unione Sovietica da arretrato paese agrario divenisse ben presto un paese industriale sviluppato. Basandosi unicamente sulle proprie risorse ed in completo isolamento economico, l’Unione Sovietica 20 anni dopo la Rivoluzione d’Ottobre divenne la prima potenza scientifica e la seconda potenza economica nel mondo. Durante la Seconda guerra mondiale (nonostante la perdita di oltre 25 milioni di persone) è stata la più potente forza militare del mondo, che ha distrutto oltre il 75% del potenziale militare della Germania nazista e ha occupato Berlino.

Diventando il capitalismo un ordinamento totalitario distruttivo, la Rivoluzione d’Ottobre assume una nuova dimensione. Se lo sviluppo storico dell’umanità viene considerato nel contesto esistenziale, e se si tiene conto che lo sviluppo del capitalismo si basa sulla distruzione della natura e dell’intera razza umana, la Rivoluzione d’Ottobre ha una legittimità storica di prim’ordine. La sua qualità principale è che ha abolito il capitalismo e dunque il dominio coloniale sulla Russia da parte delle potenze capitaliste più sviluppate, e ha impedito così che in Russia, come in altri paesi ove sotto la sua influenza si è verificata la rivoluzione operaia, le contraddizioni del capitalismo in quanto ordinamento ecocida e genocida si sviluppassero completamente, vale a dire ha impedito che il capitalismo in Russia distruggesse l’ambiente naturale e le popolazioni che vi vivevano. Se non ci fosse stata la Rivoluzione d’Ottobre e non fosse stata creata l’Unione Sovietica con le sue potenzialità economiche, scientifiche e militari, i popoli slavi (ed asiatici) avrebbero dovuto affrontare nel secolo XX la stessa sorte che è capitata agli indigeni del Nord America nel XIX secolo.  Il “Drang nach Osten” di Hitler è stato solo una continuazione della marcia genocida dell’Occidente capitalista verso l’Oriente, iniziata nella seconda metà del XIX secolo con la Rivoluzione industriale in Germania e poi con la Prima guerra mondiale, e continuata a seguito dello scoppio della Rivoluzione d’Ottobre. Le truppe interventiste d’Occidente non hanno “difeso” l’Impero russo, ma hanno usato la sollevazione dei bolscevichi come scusa per fare i conti  con il potenziale creativo del popolo russo (in questo contesto con la borghesia russa) al fine di impedire alla Russia di diventare una potenza in grado di contrastare l’Occidente nella lotta per il dominio globale. Infine, gli stati interventisti non cercavano di preservare lo stato russo, ma di dividerlo in protettorati, proprio come hanno fatto in Cina, nel mondo arabo, in Africa, Sud America e nei Balcani. Il rapporto dell’Occidente nei confronti della Russia si basava sul principio dominante del capitalismo monopolistico: “Distruggi la concorrenza!”, vale a dire che era di natura ecocida-genocida. Così è pure oggi. L’Occidente sostiene in Russia solo le forze politiche che cercano di trasformare la Russia in una colonia delle più potenti corporazioni capitalistiche dell’Occidente, quelle che mirano a distruggere il potenziale biologico, creativo e libertario del popolo russo.

Per quanto riguarda la sua legittimità umanistica, va detto che la Rivoluzione d’Ottobre ha reso possibile l’istruzione gratuita per tutti, il che ha portato alla eliminazione dell’analfabetismo imperante nella Russia zarista che a quei tempi affliggeva oltre l’80% della popolazione; ha portato l’assistenza sanitaria pubblica gratuita; la piena occupazione; la giornata lavorativa di 8 ore e l’umanizzazione delle condizioni di lavoro; la pari valutazione nelle prestazioni lavorative di uomini e donne (cosa che ancora oggi non esiste nei paesi capitalisti più sviluppati); il diritto di voto ed altri diritti politici per le donne; il diritto all’alloggio gratuito… La cosa più importante è che il lavoro minorile – che nella Russia zarista, come anche nell’Occidente, era sfruttato fino a 14 ore al giorno – fu abolito. Durante l’industrializzazione dell’Inghilterra, degli Stati Uniti, della Francia, della Russia zarista e di altri paesi capitalistici, nelle fabbriche e nelle miniere sono morti di esaurimento fisico, di malattie e di fame decine di milioni di bambini. Per quanto riguarda la legittimità umanistica delle rivoluzioni borghesi, i francesi ancora oggi celebrano la Rivoluzione borghese francese benchè in essa il numero di morti sia stato (percentualmente) molto più alto rispetto alla Rivoluzione d’Ottobre, con più di 36.000 membri di famiglie aristocratiche ghigliottinate in pubblico. E cosa dire riguardo alla Prima Guerra Mondiale, provocata dai capitalisti con lo scopo di “superare” la crisi economica del capitalismo, nella quale furono uccisi oltre 20 milioni di lavoratori e contadini ed altrettanti furono feriti, nella quale morirono di fame e di malattie milioni di bambini, e della quale fu diretta conseguenza la “febbre spagnola” che in Europa provocò la morte di oltre 20 milioni di persone? Non è questo un crimine dei capitalisti? Un’altra caratteristica umanistica della Rivoluzione d’Ottobre è stato il fatto che ha tirato fuori il popolo russo dalla carneficina della Prima guerra mondiale ed ha così impedito lo sterminio di milioni di persone.

Lev Trotzkij, il comandante dell’Armata Rossa, ha pubblicato negli anni trenta del XX secolo il libro “Rivoluzione tradita” dove ha messo in dubbio il carattere socialista dell’Unione Sovietica post-rivoluzionaria per essersi essa allontanata dagli ideali della Rivoluzione d’Ottobre. Trotzkij non mette in dubbio la storicità della Rivoluzione, ma fa i conti con il volontarismo politico dei capi del partito che hanno portato all’alterazione degli ideali e hanno compromesso gli obiettivi della Rivoluzione. La Rivoluzione d’Ottobre ha avuto, secondo Trotzkij, una legittimità storica come rivoluzione socialista poichè è stata una rivoluzione di massa dei lavoratori, mentre nel periodo post-rivoluzionario gli obiettivi della Rivoluzione sarebbero stati distorti dai capi del partito che si sono appropriati del potere conquistato dai lavoratori nella Rivoluzione che è diventato  un potere alienato dai lavoratori. Trotzkij non comprende che la natura della Rivoluzione ha condizionato la natura degli sviluppi post-rivoluzionari. Ciò non significa che non c’erano delle idee politiche alternative, ma solamente che non esistevano delle forze politiche abbastanza potenti da indirizzare il corso degli avvenimenti in un’altra direzione. La rivolta dei lavoratori a Kronštadt (nel febbraio del 1921 NdT) ne è un tipico esempio. Osservando quest’evento attraverso una lente non-storica, certi teorici contrappongono al volontarismo dei capi del partito il romanticismo rivoluzionario e trasformano la classe lavoratrice dell’Unione Sovietica dell’inizio del XX secolo in una forza mitologica che incarnerebbe non solo l’eredità emancipatrice della lotta della classe lavoratrice nei paesi capitalistici più sviluppati dell’Occidente, ma anche gli ideali umanistici portati avanti da Marx come idea-guida per i lavoratori. Da questo punto di vista ideale, gli operai e i contadini essendo in grado di vincere la borghesia (e le forze interventiste d’Occidente) erano anche in grado di creare una società socialista. In realtà, la conquista del potere da parte dei lavoratori è stato soltanto un primo passo verso lo sviluppo della  società socialista che sarebbe dovuta essere  il vero risultato della rivoluzione socialista.

Il “culto del Partito” e il “culto del Leader”, che furono  creati durante la Rivoluzione, erano possibili perchè non c’erano le condizioni storiche per una vera rivoluzione socialista. Esisteva un partito rivoluzionario, ma non la classe operaia rivoluzionaria. La rivolta dei lavoratori e dei contadini è iniziata dal “basso”, ma la rivoluzione è stata mossa dall’”alto”. Il fanatismo del volontarismo rivoluzionario si basava sugli sforzi umani necessari per superare il divario che divideva un’arretrata Russia zarista dall’Occidente industrialmente sviluppato. Lenin sostiene che “Il socialismo è l’elettrificazione più l’industrializzazione”. La realtà dell’arretrata Russia zarista, devastata dalla Prima guerra mondiale e dalla guerra civile, doveva essere “adeguata” a quelle condizioni storiche necessarie per la creazione (e la sopravvivenza) di una società socialista. Il socialismo nell’Unione Sovietica non è nato al punto culminante dello sviluppo del capitalismo o come frutto dello sviluppo storico ed, in questo contesto, di un generale sviluppo sociale, ma è stato piuttosto un “progetto” politicamente ideato che doveva essere realizzato dal Partito. La leadership del Partito ha ottenuto letteralmente  lo status di “ingegneri sociali” il cui compito era di “costruire il socialismo” nell’Unione Sovietica mentre le masse dei lavoratori divennero il mezzo per portare a termine questo compito. Una delle più importanti tesi politiche di Lenin di quel periodo è stata che  “dal capitalismo si deve ricavare tutto quello che rende  possibile lo sviluppo del socialismo”. La natura meccanicistica di questo modo di pensare mostra la non-storica natura dell’”instaurazione del socialismo” nell’Unione Sovietica. Il volontarismo della leadership del partito, strumentalizzato nella forma dell’apparato statale, fu, prima di tutto, condizionato dal fatto che il capitalismo non era stato sradicato nella Rivoluzione. La lotta contro la restaurazione del capitalismo è stata un punto di riferimento strategico per l’ordinamento dominante fino al suo crollo.

L’ordinamento dominante nell’Unione Sovietica ha avuto la sua legittimità storica fin quando è stato in grado di sviluppare le forze produttive. Nel momento in cui la proprietà statale è diventata l’ostacolo principale per lo sviluppo economico, esso è diventato un ingombro. Invece di arrivare ad una rivoluzione socialista “correttiva”, in cui i lavoratori avrebbero sottratto il potere alla burocrazia corrotta e quindi assunto direttamente il controllo della produzione e del processo complessivo di riproduzione sociale, quelli che avevano il potere esecutivo effettuarono il colpo di stato che portò alla restaurazione del capitalismo e trasformò l’Unione Sovietica in una colonia dei più potenti paesi capitalisti dell’Occidente. Quello che non è riuscita a fare nemmeno la Germania nazista è riuscita a fare la “borghesia rossa” incorporata nella corrotta ed alienata leadership del Partito comunista: distruggere l’Unione Sovietica. La proprietà privata ristabilita, invece di far crescere le forze produttive, ha portato ad un diffuso saccheggio ed alla rovina economica, scientifica, ecologica e biologica delle ex-repubbliche dell’ URSS. La distruzione dell’URSS e l’”introduzione” del capitalismo senza una opposizione di  massa  da parte della classe lavoratrice è stata possibile perchè, da una parte, la struttura politica dominante era del tutto alienata dai lavoratori ed aveva un potere inattaccabile, e, dall’altra parte, perchè nell’URSS i lavoratori come astratti “cittadini” avevano perso la loro autenticità  di classe e con ciò la possibilità di influire come forza politica organizzata nella vita del paese. Lo smembramento dell’URSS da parte della “borghesia rossa” è stato, infatti, una fatale sconfitta della classe lavoratrice dell’URSS dalla quale tuttora essa non si è ripresa. La distruzione dell’URSS, insieme alla distruzione della Jugoslavia, sono state la fase finale dell’annientamento delle potenzialità emancipatrici dell’ordinamento socialista e la instaurazione di una dittatura capitalista sui lavoratori.

Nonostante le esigenze sempre più radicali di cambiamento, la crescente crisi esistenziale, creata dal capitalismo, distrugge in modo sempre più drammatico qualsiasi visione umanistica del futuro. Tutti sfoderano una spada, chi per uccidere chi per difendersi. Invece dell’essenza, è l’esistenza che diventa un imperativo incontestabile. Le dominanti corporazioni capitalistiche dell’Occidente hanno portato l’umanità sull’orlo di un abisso, e la lotta per la sopravvivenza si sta conducendo sul bordo di un  baratro. Coloro che sono più deboli cadranno per primi nel vuoto e scompariranno per sempre. Questa è la principale ragione per cui in Russia, nonostante i crimini del regime stalinista, si sta ricreando il “culto di Stalin”. La crisi sempre più profonda dell’Occidente e le sempre più aggressive politiche fondate su di essa, indirizzate ad annientare i miliardi in “surplus” e ad impadronirsi di territori stranieri, hanno fatto sì che in Russia una grande importanza viene attribuita a quei personaggi storici che hanno operato per costruire il suo potere economico, scientifico e militare, e per opporsi all’Occidente. Stalin è un simbolo della vittoria, vale a dire innanzitutto è un simbolo del potenziale esistenziale del popolo russo, e questo è ciò che lo rende popolare. Lo stesso avviene per Lenin. Non solo il carattere sociale (di classe), ma piuttosto la natura anticoloniale della Rivoluzione d’Ottobre e le fondamenta del potere economico, scientifico e militare, che sono posti in essa, sono la base della popolarità di Lenin in Russia e nei paesi che stanno lottando contro l’imperialismo moderno. Quando si glorifica la Russia zarista, si pensa piuttosto alle sue potenzialità costruttive dello stato. In questo contesto un significato di prim’ordine lo ha Pietro il Grande.

 

Translated from Serbian by Mirjana Jovanović

Italian translation supervisor Andrea Martocchia

 

La mente vivificante contro l’irrazionalita’ distruttiva

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Nel diventare un ordinamento totalitario distruttivo, il capitalismo ha messo in discussione il modo moderno di pensare basato sull’apriorismo esistenziale e sulla corrispondente  idea di progresso. In questo contesto, vengono messi in discussione l’umanesimo che ha un carattere essenziale e la critica del capitalismo che parte da criteri essenziali. Distruggendo in modo sempre più intensivo la vita sulla Terra, il capitalismo ha abolito il relativismo ontologico che si fonda sulla certezza esistenziale. Ciò che veramente esiste, viene determinato dall’annientamento capitalistico della vita che ha carattere totalitario. Niente  è più non-essere, il che significa nullità essenziale, ma una  completa  e definitiva sparizione dell’umanità.

E’ necessario sviluppare un modo di pensare tale che renda possibile capire in maniera esatta la dominante tendenza dello sviluppo globale e che, sulla base dell’eredità umanistica, instauri un vasto movimento sociale che potrà impedire la distruzione del mondo. Dal punto di vista storico la mente ha acquisito l’autocoscienza dalla lotta dell’uomo per la libertà. Considerando che il capitalismo in modo sempre più drammatico minaccia la sopravvivenza del mondo vivente, la mente contemporanea può acquisire l’ autocoscienza dalla lotta del genere umano per la sopravvivenza. La critica al capitalismo basata sul relativismo essenziale deve essere sostituita dalla critica che parte dalle provocazioni esistenziali del capitalismo imposte al genere umano. Al posto della dominante irrazionalità distruttiva, che porta alla totale annichilazione, deve essere affermata una mente vivificante capace di creare un mondo umano.

La pratica vivificante come principio universale e totalizzante deve essere il punto di partenza nella lotta contro il capitalismo. Essa acquisisce un concreto significato storico nei confronti del capitalismo come ordinamento totalitario distruttivo e sulla base delle potenzialità vivificanti della natura e dell’essere umano. Pratica vivificante significa ravvivare le potenzialità vivificanti della materia, della natura vivente, dell’uomo, della storia, della società umana… Il risultato più importante della pratica vivificante deve essere la società come comunità di persone libere e creative, e la natura come totalità elaborata e vivificante. Il capitalismo non dà vita, bensì distrugge le potenzialità vivificanti della materia, della natura vivente, della storia… Esso ha strumentalizzato e degenerato le potenzialità vivificanti dell’essere umano: esse servono per creare un “mondo tecnico” nel quale non c’è posto né per la natura né per l’uomo.

La pratica vivificante umana implica la libertà, il che significa superamento della pura naturalezza mediante un attivo e variato rapporto verso la natura e mediante la creazione di un mondo nuovo. Le specifiche potenzialità vivificanti dell’uomo quale più alta forma nell’evoluzione della natura rappresentano un legame tra la natura e l’uomo e sono la base dell’evoluzione dell’uomo in quanto essere naturale peculiare. Trattasi della trasformazione dell’uomo da puro essere naturale in essere libertario. Mediante una elaborata pratica vivificante, l’essere umano si trasforma da essere generico in un essere vivificante emancipato che non riproduce solo la sua capacità vivificante, come succede nel mondo animale, ma plasma il proprio mondo. In questo senso, si deve fare differenza tra la pratica vivificante come creazione di pura vita e la pratica vivificante come creazione di un mondo umano. In altre parole, si deve fare la differenza tra il principio naturalistico di vitalizzazione e quello storico: l’essenza del principio naturalistico di vitalizzazione è il determinismo; l’essenza del principio storico di vitalizzazione è la libertà.

Le potenzialità vivificanti dell’uomo come essere naturale e umano possono essere realizzate nella natura solo in quanto insieme vivificante.  Il rapporto attivo dell’essere umano verso la natura offre la possibilità di superare la pura naturalezza se ciò implica la preservazione e lo sviluppo delle forze vivificanti della natura. Il principio vivificante è il cordone ombelicale che unisce l’essere umano alla natura trasformandoli in un insieme vivificante. La natura vivente non è mera materia, ma una materia formata mediante il processo vivificante dell’evoluzione, ed in questo senso è una materia specifica, e come tale è la base del mondo umano come universo specifico. Essa è organizzata come un tuttoorganico che sviluppa forme di vita superiori, il che significa che è caratterizzata da un attivismo vivificante. L’essere umano è la più alta forma vivificante nell’evoluzione della materia vivente mediante la quale la natura è diventata auto-consapevole e vivificante insieme. La pratica libertaria e creativa dell’uomo è quel potere che dà alla materia una dimensione storica, il che vuol dire che mediante essa un insensato movimento meccanico diventa un sensato movimento storico. L’ universale e creativo essere dell’uomo, che ha illimitate potenzialità auto-riproduttive rappresenta la base del principio vivificante umano. Ogni atto creativo apre nell’uomo un nuovo spazio creativo e così ad infinitum. Il diventare dell’uomo un essere storico auto-consapevole, vale a dire un essere del futuro, rappresenta il risultato più importante della realizzazione delle potenzialità vivificanti della natura, e la capacità di plasmare il futuro rappresenta la più autentica espressione della forza vivificante della società umana.

Il capitalismo in quanto ordinamento totalitario distruttivo non annichilisce soltanto la storia, ma anche l’evoluzione degli esseri viventi, il che innanzitutto vuol dire l’evoluzione dell’essere umano come forma più sviluppata della vita sulla Terra. Si tratta di una mutazione capitalisticamente condizionata dell’uomo che lo riduce alla sua degenerazione come essere naturale, creativo e sociale. Il capitalismo annienta le potenzialità vivificanti dell’essere umano condizionate dalla natura e dalla storia, lo riduce ad una materia tecnicamente organizzata, e riduce la società umana ad un formicaio meccanico.  In questo modo, vengono degenerate ed annientate le potenzialità vivificanti della materia vivente accumulate nel gene umano nel corso di più di tre miliardi di anni di evoluzione del mondo vivente, come anche le capacità creative dell’essere umano che sono il prodotto dello sviluppo storico e che possono realizzarsi soltanto dentro una società come comunità naturale umanizzata. In essenza, il capitalismo svaluta e abolisce l’uomo come essere umano e naturale. La tesi sempre più diffusa secondo cui “l’umanità tradizionale” sarebbe superata e che debba svilupparsi la razza dei cyborgs indica che l’uomo come essere umano e naturale è diventato un ostacolo per il capitalismo, e come tale inutile.

Il ponte che l’essere umano ha costruito durante la sua esistenza storica, che lo porta verso il futuro, ha già cominciato a crollare. Il meccanismo capitalistico di propaganda cerca di impedire all’essere umano di diventare consapevole di questo processo. Ancora peggio, la vita degenerata in modo capitalistico plasma una coscienza di tipo tale da impedire agli esseri umani di capire la natura del pericolo che sovrasta l’umanità. Il capitalismo impone un modo di pensare che non permette all’uomo di cercare risposte a domande che sono di vitale importanza per la sua sopravvivenza e libertà. Allo stesso tempo, il crollo economico del capitalismo, che direttamente espone a pericolo la vita di un sempre più alto numero di esseri umani, marginalizza domande dalle quali dipende l’esistenza dell’umanità e relativizza la loro drammaticità. Che importanza ha la distruzione di boschi e lo sciogliersi di ghiacciai per un uomo che con la sua famiglia sta morendo in povertà? La cosa più fatale è che la sfida esistenziale imposta dal capitalismo all’umanità sta in totale contraddizione con la natura dell’uomo plasmato dal capitalismo. Costui è un piccolo borghese che non sente alcuna responsabilità per l’esistenza del mondo e per il quale la questione della sopravvivenza dell’umanità si riduce alla questione della sopravvivenza personale. La reazione spontanea del piccolo borghese atomizzato alla sempre più reale possibilità di una distruzione globale non è di prevenire la distruzione del mondo, ma di trovare rifugio per sé stesso. Questo a maggior ragione in quanto la preservazione del ponte rappresenta una sfida che supera di gran lunga forze individuali umane e l’uomo come individuo solitario si sente inerme davanti all’imminente cataclisma. Il compito più importante della mente vivificante è quello di indicare l’importanza esistenziale della socialità e di contribuire in questo modo ad accrescere il bisogno dell’essere umano per il suo prossimo. Senza una emancipata e combattiva socialità l’essere umano è condannato ad una solitaria disperazione che lo porta alla morte.

 

Translated from Serbian by Mirjana Jovanović

Italian translation supervisor Andrea Martocchia

 

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