Tagalienazione

“Alienazione” e distruzione

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Quello di “alienazione” è un concetto di base su cui si fonda la critica di Marx al capitalismo, e “dis-alienazione” è una idea-chiave su cui si basano l’intenzione libertaria della sua critica al capitalismo e la sua visione del futuro. Il divenire del capitalismo un ordinamento totalitario di distruzione ha reso il concetto marxiano  di “alienazione” insufficiente ad offrire la possibilità per la individuazione di un punto di partenza adeguato per una critica del capitalismo. La contemporanea alienazione dell’essere umano non ha soltanto un carattere disumano, ma anche un carattere distruttivo. Essa implica la distruzione della natura come generatrice di vita nel suo complesso, dell’uomo come essere umano e biologico, e dell’eredità emancipatrice delle culture nazionali e della società civile, cioè della mente visionaria e dell’idea di novum. Con l’annientamento della coscienza culturale e libertaria, viene distrutta la possibilità per l’essere umano di diventare consapevole della propria alienazione e di mettere in atto un allontanamento dal capitalismo critico e creatore di cambiamento.

Quando il capitalismo è diventato un ordinamento totalitario di distruzione, non solo la proprietà privata, il lavoro e il mercato, ma anche la vita stessa sono diventate un mezzo per l’alienazione dell’uomo dal suo essere naturale e umano. A differenza delle precedenti classi dominanti, la borghesia tende ad includere  i ceti lavorativi  non solo nella propria sfera di valori, ma anche in quella della sua vita. Il lavoratore non è solo un produttore, ma anche un consumatore di merci e, come tale, un creatore del mercato, e cioè uno strumento per la soluzione della crisi di sovrapproduzione. Le distruttive pratiche consumistiche sono diventate l’aspetto dominante dell’attività vitale dell’essere umano ed il modo principale per intrappolare il lavoratore nell’orbita esistenziale del capitalismo e dei suoi valori. Lo stile di vita capitalistico (la “società dei consumi”) diventa un potere totalizzante che non risparmia nessuno e dal quale nessuno può sfuggire. La commercializzazione della vita è la peggior forma di totalitarismo che sia mai stata sviluppata nel corso della storia umana perché subordina completamente la natura, la società e l’essere umano alla macchina distruttiva della riproduzione capitalistica. La sua essenza è codificata nella massima mostruosa “Il denaro non puzza!” che, allo stesso tempo, esprime l’essenza della barbarie capitalistica ecocida.

In Marx, l’umanità – quindi in primo luogo la libertà e la creatività – rappresenta la più importante qualità dell’essere umano, la qualità verso la quale viene applicato il concetto di “alienazione”. Essa è possibile poiché un uomo, nella sua essenza, è un essere umano: l’uomo può diventare inumano proprio perché è un uomo. Secondo Marx, anche se il sentimento umano può essere soppresso e degenerato, esso non può essere annientato. Malgrado la manipolazione e la repressione, detto con le parole di Goethe: “un uomo buono nel suo impulso indistinto è del tutto consapevole del suo retto cammino”. (Goethe: “… ein guter Mensch in seinem dunklen Drange ist sich des rechten Weges wohl bewusst…”) Il concetto di “alienazione” dell’essere umano si manifesta in relazione alla possibilità di una sua “disalienazione”, il che significa che, nonostante la totalizzazione capitalistica della vita, il capitalismo  non può riuscire a cancellare nell’uomo il sentimento umano, così che  questo, in un opportuno momento storico (una crisi economica del capitalismo), si può manifestare sotto forma di coscienza ed esperienza rivoluzionarie. La “dis-alienazione” rappresenta un principio universale ed implica la liberazione dell’essere umano dal ruolo disumano che il capitalismo gli impone. E ‘di fondamentale importanza che l’idea di Marx di “alienazione” si riferisce al fatto che l’uomo sotto il capitalismo diviene alienato dalla propria umanità in quanto viene alienato dal suo autentico potenziale umano, vale a dire, alienato da ciò che egli come essere creativo universale può diventare. Ogni uomo porta dentro di sé un illimitato potenziale di umanità – questo è il più importante messaggio umanistico di Marx e rappresenta la base della sua visione del futuro. Quanto al capitalista, egli, essendo un capitalista, non può diventare un essere umano a meno che, come uomo, non si emancipi dal capitalismo, innanzitutto assicurando la propria esistenza per mezzo del proprio lavoro. L’eliminazione delle differenze di classe e dei rapporti di classe non significa solo il ripristino del lavoratore quale autentico essere umano, ma anche il ritorno del capitalista al proprio stato di uomo. La rivoluzione socialista, per mezzo della quale ha luogo l’eliminazione la società divisa in classi basata sulla proprietà privata dei mezzi di produzione, priva anche i capitalisti della loro disumanità: i capitalisti non esistono senza il capitalismo. Obiettivo della rivoluzione socialista non è quello di sterminare i capitalisti, ma di porre fine alla società di classe e di creare relazioni sociali tali da rendere per ogni uomo possibile la realizzazione, insieme con gli altri, delle sue autentiche capacità umane.

Alla luce della tendenza prevalente nello  sviluppo del capitalismo, invece del concetto marxiano  di “alienazione”, l’idea di distruzione dovrebbe diventare il punto di partenza nella critica del capitalismo. Quest’idea offre l’opportunità di percepire la più significativa e, per l’umanità e il mondo vivente, la più rovinosa potenzialità del capitalismo. Il concetto di distruzione non si limita a definire lo status dell’uomo sotto il capitalismo e il suo rapporto con la natura intesa come oggetto di lavoro e come “corpo inorganico” (Marx) dell’uomo, ma descrive anche la relazione del capitalismo verso il mondo vivente, vale a dire verso la natura come un tutto ecologico e, in tale contesto, verso l’uomo come essere biologico e umano. Il capitalismo non solo aliena il mondo naturale dall’essere umano ma, distruggendola, trasforma la natura in nemico mortale dell’uomo. Non è l’alienazione, ma la distruttività del lavoro che è dominante nel capitalismo; non è la manipolazione ma l’obliterazione della natura, non la soppressione della natura erotica dell’essere umano e il deterioramento dei suoi sensi, ma la degenerazione umana e biologica (genetica) dell’essere umano; non solo il far apparire l’uomo insano di mente ma lo svuotamento della sua mente … Nel diventare sempre più un ordinamento totalitario di distruzione, il capitalismo annulla ogni possibilità di conflitto tra l’umano e l’inumano distruggendo l’umano ed eliminando così la possibilità di alienazione: quanto meno l’uomo rimane uomo, tanto minore è la possibilità di una sua alienazione da sé stesso in quanto essere umano.

Lo sviluppo del capitalismo come ordinamento totalitario di distruzione pone la domanda: può il capitalismo degenerare l’uomo così da eliminare tutte lesue caratteristiche umane?  Considerata la follia distruttiva prevalentemente nei paesi capitalisti più sviluppati, non è irragionevole concludere che il capitalismo ha superato i limiti antropologici immaginati da Marx con il suo concetto di “alienazione”: che sarebbe riuscito solamente a degenerare l’essere umano a tal punto che i suoi “bisogni” distruttivi si sarebbero trasformati nel potere che lo motiva e dà senso alla sua vita. Non si tratta solo dell’alienazione dell’uomo dalla sua essenza umana, ma della sua degenerazione in quanto essere umano e biologico. Il capitalismo non solo disumanizza l’uomo, ma altresì lo snatura, lo priva delle caratteristiche proprie degli esseri viventi. Il capitalismo costringe l’uomo non solo ad agire come una parte meccanica del processo di lavoro industriale, distorcendolo così fisiologicamente, come sostiene Marx, ma lo deforma anche geneticamente e lo mutila in quanto essere vivente. Si tratta di una mutazione capitalisticamente prodotta dell’uomo da essere naturale e culturale a meccanismo lavorativo-distruttivo (consumistico). La “reificazione” dell’uomo da parte del mercato capitalistico è stata anche seguita dalla sua trasformazione da lavoratore e consumatore, a complice nella distruzione del mondo. La distruzione è diventata un autentico bisogno dell’essere umano capitalisticamente degenerato.

La vita basata sul totalitarismo capitalista distruttivo è diventata la causa della degenerazione fisica e mentale tra le persone. La “società dei consumi” costringe l’essere umano ad adattarsi all’ordinamento dominante attraverso la distruttiva attività consumistica, che “risolve” la crisi di sovrapproduzione con una sempre più intensiva distruzione di merci (dinamica di distruzione), liberando così nuovi spazi nel mercato. Ciò condiziona nella maniera più immediata lo stile di vita, la mentalità e l’orizzonte di valori del (piccolo) borghese contemporaneo. La differenza tra il capitalismo “classico” e quello contemporaneo sta nel fatto che il capitalismo contemporaneo sfigura e degenera le persone non solo riducendo ogni necessità umana alla “necessità di possedere” (Marx), ma anche alla necessità di distruggere. “Possedere” implica il possesso permanente e l’utilizzo del patrimonio. La durabilità, che un tempo rappresentava la più alta qualità delle merci, in una “società dei consumi” diventa il più grande ostacolo alla rinnovata richiesta del mercato e alla crescita del capitale. I beni (le merci) non sono più un feticcio, come sostiene Marx, ma è la distruzione, in sé, che è divenuta il feticcio. Il capitalismo trasforma l’energia creatrice di vita (erotica) dell’essere umano in una macchina per la distruzione. In questo modo si distrugge l’ autentica socialità e si crea la socialità distruttiva. Distruggere la più grande quantità di merci nel più breve tempo è diventato l’obiettivo finale per il fanatico capitalista contemporaneo. Durante le vendite di Capodanno 2011, in un centro commerciale a Londra è apparso lo slogan: “Acquisto, dunque esisto”. Questa grottesca parafrasi della massima di Cartesio, cogito ergo sum, indica in modo inequivocabile il carattere della degenerazione capitalistica contemporanea dell’uomo. Il risultato finale e più rovinoso dello sviluppo della “società dei consumi” è la distruzione dell’essere umano quale essere razionale e la trasformazione della comunità umana in una folla di fanatici distruttori capitalisti.

Marx sottolinea che il capitalismo sviluppa bisogni umani universali, e nei Manoscritti economico-filosofici egli sostiene che il capitalismo riduce tutto il bisogno umano al bisogno di possedere: “La proprietà privata ci ha reso così ottusi e unidimensionali che un oggetto diventa nostro solo quando noi lo possediamo, cioè solo quando esiste come un bene per noi o quando è posseduto direttamente, mangiato, bevuto, portato, abitato, ecc, da noi, in una parola, usato. Ma la proprietà privata stessa vede queste realizzazioni dirette di possesso semplicemente come mezzi per vivere, ma la vita per la quale dovrebbero essere strumentali è una vita di proprietà privata, lavoro e capitalizzazione” (…)”Tutte le sensazioni fisiche e spirituali o sentimenti sono sostituite dall’alienazione di tutti quei sentimenti in sentimento di possesso. L’essere umano doveva essere ridotto a questa povertà assoluta al fine di generare una ricchezza interiore all’interno di sé stesso …” Che cosa è questa “ricchezza interiore” che l’essere umano “estrae da sé” quando il capitalismo lo riduce alla “povertà assoluta”? Questo gioco di parole, basato sull’ottimismo libertario  per cui l’umanità diventa un’astrazione, nasconde la verità che il capitalismo può degenerare l’essere umano a tal punto che egli perde la sua umanità, una qualità senza la quale egli non avrà bisogno di giustizia e di libertà e, perciò, non lotterà per un mondo giusto e libero. Marx, tuttavia, avrebbe potuto sviluppare la sua critica fino alle estreme conseguenze, disponendo i problemi in modo tale da concludere che il capitalismo degenera completamente l’essere umano, e quindi elimina qualsiasi possibilità di dis-alienazione, perfino la possibilità stessa che l’essere umano possa creare un nuovo mondo. In questo modo, il limite antropologico sarebbe stato superato e quindi la disposizione a lottare contro il capitalismo sarebbe senza senso. Secondo Marx, malgrado il fatto che l’uomo è alienato da sé stesso, nel profondo del suo essere la fiamma dell’ umanità continua a bruciare e divamperà e pervaderà il mondo intero con la sua brillantezza ed il suo calore incoraggiato dalla lotta comune contro il capitalismo e per un mondo umano. Indiscutibilmente la visione del futuro dovrebbe essere basata sulla fede nell’essere umano, ma anche sulla  consapevolezza che il capitalismo è in grado di distruggere il sentimento umano nell’uomo.

Marx sostiene che l’essere umano sotto il capitalismo è alienato da sé stesso ed è sottoposto a reificazione, che il lavoro lo degenera, eccetera, ma al tempo stesso sostiene che il capitale produce una “universalità”, i cui limiti sono nella stessa natura del capitale. Marx afferma: “L’universalità, verso cui il capitale irresistibilmente tende, trova nella sua stessa natura quei limiti che, a un certo livello del suo sviluppo, si tradurranno nella consapevolezza che esso stesso è il limite maggiore di questa tendenza e sarà, pertanto, costretto alla auto-eliminazione.” Marx non riesce a notare il reale carattere della universalità capitalistica e non distingue l’universalità nel senso tecnico dalla universalità nel senso umanistico. La varietà di forme tecniche di rielaborazione della natura non implica, di per sé, lo sviluppo di capacità creative universali dell’essere umano né alcuna apertura dello spazio di libertà. Il capitalismo non sviluppa bisogni universali dell’uomo, ma forme universali di manipolazione dell’uomo, che sono di carattere essenzialmente disumanizzante e s-naturalizzante. Esso annienta gli autentici bisogni dell’essere umano e la stessa possibilità di avere bisogni propri, e gli impone dei “bisogni” e un modo in cui vanno soddisfatti in maniera tale da degenerare l’essere umano sia biologicamente che mentalmente. Il capitalismo plasma l’essere umano a propria immagine – trasforma l’uomo in un essere distruttivo, e trasforma le sue potenziali capacità creative universali in poteri distruttivi universali. Marx parla dell’”universalità verso cui il capitale tende irresistibilmente”, tuttavia, questo non riguarda lo sviluppo di autentiche esigenze e capacità umane, ma, in fondo, riguarda lo sviluppo di standard consumistici che degradano la qualità della vita e quindi degenerano l’uomo in quanto essere universale creatore di vita. Il capitalismo produce falsi bisogni, repressivi e distruttivi, e trasforma l’uomo in un produttore disumanizzato e in un consumatore distruttivo. Quanto più l’uomo è povero di spirito e quanto più inadeguate sono le relazioni interpersonali, tanto più grande è il suo bisogno di distruggere sia le cose sia tutto ciò che è naturale ed umano. Vi è il rischio concreto che il capitalismo degeneri l’uomo a tal punto che egli non sarà – né vorrà essere – in condizione di opporsi alla distruzione della vita.

Il capitalismo non soltanto priva l’uomo della sua patria storica, ma anche della sua patria naturale. Esso esaurisce la natura come sorgente di materie prime e di risorse energetiche in modo tale da snaturarla, e quindi s-naturalizza e dis-umanizza l’essere umano. Nella stragrande maggioranza dei paesi più sviluppati si vive e si lavora in spazi che sono diventati gabbie tecnologiche ed in città che si sono trasformate in campi di concentramento capitalistici. Al loro interno la degenerazione capitalistica della natura, della vita e dell’uomo ha raggiunto il suo apice: l’uomo è “illuminato” dalla luce artificiale, respira aria inquinata, beve acqua inquinata, mangia cibo tossico, vive una vita che corrode il suo legame con la natura ed il suo essere naturale… Allo stesso tempo, l’annientamento della natura come “corpo inorganico” dell’uomo (Marx) implica una distruzione del corpo quale insieme creatore di vita, dei sensi, del sistema nervoso, del ritmo naturale di lavoro dell’organismo, della sua capacità riproduttiva, del potenziale creativo del corpo…  Il capitalismo crea un mondo pervertito ed un uomo che corrisponde a questo mondo, e che in quanto essere pervertito, non è in grado di discernere ciò che è bene da ciò che è male, quello di cui ha bisogno da quello di cui non ha bisogno…  Il piccolo borghese capitalista è una Alice nel “paese delle meraviglie” capitalisticamente degenerata che non percepisce più le meraviglie in quanto tali perché ha perso la sua capacità di ragionare e con essa la capacità di meravigliarsi. La macchina propagandistica dominante e lo stile di vita capitalistico inducono l’essere umano a percepire il mondo in maniera errata; a sperimentare il mondo in modo erroneo; a pensare in maniera erronea e, di conseguenza, a comportarsi in modo erroneo-distruttivo. Tutto diventa qualcosa di diverso da quello che realmente è e che, in una prospettiva umanistica, potrebbe essere. Le persone che lottano per la libertà diventano “terroristi” e coloro che terrorizzano il mondo intero diventano “salvatori del genere umano”; una insipida Coca Cola diventa “La Cosa Vera!”; farmaci che uccidono le persone diventano “fonti di salute”; è “normale” che le persone siano preoccupate che la loro squadra vinca la partita di calcio, ma non siano preoccupate per la sopravvivenza del genere umano e del mondo vivente… Al tempo stesso, il capitalismo crea mondi virtuali nella mente delle persone. Dalla prima infanzia le persone si identificano con i personaggi degli schermi della TV e dei computer e percepiscono quelle vite falsate e subdolamente imposte come se fossero le proprie. L’essere umano vive nel mondo reale solo attraverso il proprio corpo fisico, e perfino questo corpo è degenerato dal capitalismo.

Il capitalismo non solo non sviluppa bisogni e capacità universali ed umani, ma produce meccanismi per la liquidazione generalizzata di quei bisogni che definiscono l’uomo in quanto tale. Il prodotto più significativo della macchina pubblicitaria capitalistica non è convincere la gente a comprare ciò che è pubblicizzato, ma è la distruzione della loro capacità di ragionare e la loro trasformazione in una folla di consumatori idiotizzata. Una delle principali caratteristiche del piccolo borghese capitalisticamente degenerato è che lui non guarda il mondo con i propri occhi e non pensa con il proprio cervello. Privare l’essere umano della capacità di ragionare non è soltanto di importanza economica, ma anche di notevole importanza politica. Ciò permette all’oligarchia capitalistica di imporre al popolo, attraverso le tecniche della pubblicità, non solo programmi politici ed economici che sono antitetici ai suoi interessi umani, ma anche uno stile di vita che porta alla distruzione dei fondamenti naturali e sociali della sua sopravvivenza. Allo stesso tempo, lo stesso stile di vita consumistico è diventato una forma capitalisticamente degenerata di realizzazione dell’uomo come essere politico. Vivere in modo consumistico la vita è il modo più significativo in cui l’essere umano esprime la sua fedeltà al capitalismo. Ponendo una elementare, ragionevole domanda: “Perché dovrei comprare una cosa che non mi serve?” – l’uomo dimostra che, nonostante tutto, egli continua ad esistere come essere umano autonomo e così scredita il capitalismo come ordinamento distruttivo totalitario.

Vi è un rischio sempre più reale che il capitalismo possa pervertire l’essere umano a tal punto che egli non sarà più in grado di comprendere il mondo e relazionarsi ad esso come un autentico essere umano naturale. Contribuiscono a questo anche il processo sempre più intensivo di impoverimento e la tecnicizzazione del linguaggio che ha degenerato il processo del pensiero e limitato la possibilità di qualsivoglia espressione dell’umano nonché di qualsiasi sviluppo delle relazioni interpersonali. Le persone non sono in grado di distinguere l’apparente dall’essenziale, il falso dal vero, il fondamentale dal marginale, la causa dal fattore scatenante, il passato dalla storia, l’alterità dal novum, l’uguaglianza dall’uniformità, l’intelligenza dalla ragione, il logico-formale dalla dialettica, il progresso dal progressismo, il virtuale dal vero, il reale dall’illusorio, il giusto dal legale, l’utopico dall’utopistico… Allo stesso tempo, il retaggio culturale del genere umano diventa inaccessibile ad un numero sempre maggiore di persone, perché non sono in grado di capirlo e apprezzarlo. Il fatto è che le menti delle persone non sono rimpicciolite, ma piuttosto capitalisticamente degenerate. Questo vale soprattutto per la “intelligenza tecnica” [intellighenzia nel testo originale, ndT] che è la portatrice del “progresso” capitalistico. Infine, si tratta della distorsione della mente delle persone e della loro trasformazione in distruttivi idioti capitalistici.

Nella cosiddetta “società post-industriale”, grazie allo sviluppo della scienza e della tecnica, sono state in gran parte superate quelle forme indebite di lavoro fisico che costringevano l’uomo ad eseguire una attività fisica eccessivamente estenuante e degenerante. Allo stesso tempo, i processi che degradano l’uomo come essere umano e biologico sono stati intensificati, soprattutto con l’avvento dello stile di vita consumistico. L’annientamento del “genere umano tradizionale” è in corso e prevede l’eliminazione di preoccupazioni umane come l’amore, la solidarietà, la simpatia, l’estetica, l’impegno, la saggezza, l’affetto e la cura da parte dei genitori, la storicità, l’essere liberi, l’ autentica socialità… Un prodotto immediato della “società dei consumi” è l’ “uomo-consumatore”, contenuto all’interno del “corpo – consumatore”. Il capitalismo distrugge il corpo umano e lo trasforma in una macchina distruttiva provocando ipertrofia di quelle funzioni corporali che forniscono opportunità per lo sviluppo di processi di consumo ed atrofia di quelle funzioni dell’organismo che non possono essere rese profittevoli. Il capitalismo è diventato un ordinamento distruttivo unidimensionale e, come tale, produce un uomo distruttivo “unidimensionale” (Marcuse). Al tempo stesso, il capitalismo degenera le persone a livello mentale. Decine di milioni di cittadini in Occidente soffrono di depressione, ansia e altre patologie mentali, che sono diventate causa della maggior parte delle forme più gravi di patologia sociale. Lo sport è un settore in cui la distruzione capitalistica dell’umano e del naturale ha raggiunto una dimensione totalitaria e spettacolare. L’individuo che non è disposto ad eliminare il suo “avversario”, insieme al proprio corpo, non ha nulla da cercare nello sport. Lo sport produce gladiatori robotizzati, cascatori ed acrobati circensi, i quali, essendo attori nello show-business dello sport, hanno il compito di privare le persone della loro consapevolezza di sé culturale e libertaria, e di trasformarli in zombie capitalisti. Lo spettacolo sportivo è lo spot commerciale di un mondo capitalisticamente degenerato.

Il capitalismo priva l’essere umano di umanità e naturalità al fine di trasformarlo in un “consumatore ideale” che, senza obiezioni, consumerà quantità sempre più grandi di merci tossiche prodotte dalla macchina capitalistica della morte. In tale contesto la contrapposizione tra il desiderio e la volontà viene eliminata attraverso l’annullamento degli autentici bisogni dell’essere umano e della sua capacità di prendere le proprie decisioni e, quindi, della sua volontà di agire in conformità con le sue reali esigenze e desideri. Il capitalismo trasforma l’essere umano in un consumatore-distruttore, sviluppando i suoi bisogni “normali” fino al livello dell’autodistruzione e generando “nuovi bisogni” al fine della mera espansione del mercato (campi di distruzione). Queste esigenze vengono soddisfatte in modo così tecnico da provocare nell’essere umano la percezione sempre più crescente di sé stesso come essere robotizzato piuttosto che naturale e umano. L’intensità dell’impulso a soddisfare queste esigenze è determinata dalle esigenze del capitale e, in fondo, dalla dinamica della sua valorizzazione ed accumulazione. Il capitalismo annulla la possibilità dell’essere umano di soddisfare i suoi bisogni naturali e umani in modo umano, e sviluppa in lui bisogni artificiali di tipo commerciale che sono, in realtà, presentati come compensazione per l’impossibilità di realizzare i suoi bisogni reali come essere sociale creativo. In tale contesto, il capitalismo non solo produce un eccesso di prodotti con valore d’uso, ma crea sempre maggiori quantità di merci senza alcun valore d’uso. Generare la necessità di ciò che è inutile è il più importante compito del settore pubblicitario. Allo stesso tempo, è necessario creare un interesse per l’effimero, che può essere espresso in forma spettacolare, diventando semplicemente un pacchetto pubblicitario volto a far apparire l’effimero indispensabile, in modo che questioni che sono effettivamente significative per il futuro dell’uomo possano essere marginalizzate e, quindi, eliminate dalla sfera pubblica (politica).

La trasformazione di esigenze distruttive in energia propulsiva per la creazione di mercato e, quindi, per lo sviluppo capitalistico, rappresenta la base per la creazione di un modello normativo da applicare all’essere umano. Tutto viene valutato sulla base di una scala di valori creata dal macchinario propagandistico della “società dei consumi”. Qualunque cosa comprometta lo sviluppo del capitalismo viene eliminata dall’attenzione del pubblico e viene posta in una posizione marginale e distorta, mentre il modello capitalistico di “cittadino esemplare” diventa criterio determinante per il “socialmente accettabile”. Chiunque provi a relazionarsi con il mondo in modo ragionevole, guidato dai suoi autentici bisogni naturali e umani, è disprezzato come “lunatico”. L’immagine dell’ “uomo sano”, in quanto creato dal macchinario propagandistico capitalista, non è quella di un uomo che non ha bisogno di servizi di assistenza medica né medicine, ma è quella di un uomo che consuma una quantità crescente di prodotti farmaceutici sempre più costosi ed è costantemente in cura dai medici. Lo stesso vale per la bellezza. Il concetto di “bello” non è associato a ciò che è genuinamente naturale o spirituale, ma a prodotti e trattamenti medici sempre più costosi. Le donne che non usano i (sempre più tossici) prodotti per il loro corpo e viso e non scelgono di sottoporsi ad interventi chirurgici (che sempre più spesso hanno un esito fatale) diventano incarnazioni di “bruttezza”.

E’ in atto la distorsione degli esseri umani attraverso uno stile di vita consumistico ed un ambiente snaturato. Non è solamente la rovina della salute del lavoratore, di cui scrive Marx, ma una distorsione genetica dell’essere umano. Il capitalismo non solo allontana l’uomo dalla propria esistenza naturale e umana, ma distrugge anche l’uomo in quanto essere naturale e umano. Non è solo “soppressione” di autentici bisogni umani, ma una mutazione dell’uomo indotta capitalisticamente. Il capitalismo produce “bisogni” che hanno un carattere distruttivo e sono “soddisfatti” in modo distruttivo. Trasformare la necessità di vita in esigenza di distruzione è la forma finale della degenerazione capitalistica dell’essere umano. Il capitalismo trasforma l’aggressività vitale intrinseca dell’uomo come essere vivente in necessità di distruzione e consente in tal modo lo sviluppo del potenziale distruttivo del capitalismo. I bisogni di distruzione diventano energia propulsiva per lo sviluppo del capitalismo. Il “bisogno” di distruggere le cose, il “bisogno” di torturare il proprio corpo e di rovinarlo attraverso un regime devastante di allenamento e di doping, il “bisogno” di far soffrire il proprio “partner” per avere un orgasmo; il “bisogno” di abusare di bambini e di indifesi, il “bisogno” di distruggere la natura e tutto ciò che è vivo; il “bisogno” di mangiare eccessivamente e compulsivamente, di bere, di usare narcotici… – queste sono tutte forme distruttive di alienazione dell’essere umano da sé stesso in quanto essere caratterizzato dalla libertà, creativo, erotico, affettivo e sociale. Allo stesso tempo, questi sono i meccanismi compensativi con cui l’essere umano tenta disperatamente di “risolvere” il problema della solitudine, della paura esistenziale, della depressione, della disperazione … – e così facendo può solo esacerbare le cause della miseria umana. Essere un conformista oggi significa adattarsi al capitalismo come ordinamento distruttivo e diventare così un essere distruttivo.

L’oppressione dei deboli è tra le modalità più disumane con cui gli schiavi del capitalismo identificano sé stessi in quanto complici di un ordinamento dominante basato sulla repressione strumentale alla liquidazione di individui. Le immagini di violenza viste in TV ed in Internet tutti i giorni, in cui la violenza è presentata in un modo tecnico-fantastico e spettacolare, contribuiscono a questo. Soppressione, abusi, umiliazioni, torture, omicidi, distruzione… queste sono le scene che si accumulano nel subconscio dalla prima infanzia dell’essere umano e che condizionano inevitabilmente le sue relazioni con gli altri. Allo stesso tempo, le persone sono, fin da bambini, prive d’amore e di rispetto, il che causa la formazione di una personalità patologica e lo sviluppo di un carattere sado-masochistico.

I bambini sono le prime vittime del capitalismo. Il più importante obiettivo strategico dei clan capitalistici dominanti in Occidente è l’eliminazione di miliardi di persone “superflue”. I bambini sono i primi obiettivi. Questa è la prevalente tendenza del capitalismo contemporaneo: uccidere i bambini. Ucciderli in ogni modo possibile: per fame, per disidratazione, con virus, bombe, vaccini, armi, lavoro estenuante, radiazioni, pugnali, bisturi… Più di trentamila bambini muoiono nel mondo ogni giorno. Inoltre la “sovrappopolazione” (cioè: “la proliferazione globale dei poveri”) è presentata come “la causa fondamentale del declino globale”. Perciò i bambini dovono essere uccisi nel più grande numero possibile – spietatamente. Il bombardamento americano di Corea, Vietnam, Iraq, Bosnia Erzegovina, Serbia, Libia, Afghanistan… – utilizzando le tossine, bombe a frammentazione e missili pieni di uranio impoverito – aveva come obiettivo non solo di uccidere milioni di persone, ma anche di contaminare l’ambiente e, quindi, causare la mortalità di massa tra i bambini/neonati e la distruzione genetica della popolazione in generale.

Nei paesi più sviluppati dell’Occidente, la pedofilia ha raggiunto il livello di un’epidemia. Ogni anno milioni di ragazze e ragazzi sono vittime di abusi sessuali. Negli Stati Uniti una ragazza su quattro e un ragazzo su sei vengono violentati, e più di 100.000 ragazze all’anno vengono rapite e costrette a prostituirsi nei bordelli per pedofili (Der Spiegel, 26/6/2012). Perché l’amministrazione americana non elimina questo male che ogni giorno, negli USA, costringe centinaia di migliaia di ragazzine ad essere violentate e ridotte in schiavitù sessuale in speciali bordelli per i bambini? A cosa servono i 3200 agenti dei servizi segreti e milioni di poliziotti, guardie di sicurezza private e soldati, decine di milioni di telecamere, un sistema totalitario di intercettazioni telefoniche e sorveglianza di e-mail – se i cittadini non possono essere protetti e le bande criminali eliminate? Allo stesso tempo, la violenza sessuale nei confronti di bambini con disabilità fisiche e mentali (bambini con menomazioni della vista o dell’udito, e bambini con difficoltà di sviluppo) e orfani ha raggiunto proporzioni orrende. In questi casi, “alti funzionari” della Chiesa cattolica sono i colpevoli principali. Nel febbraio 2012, Der Spiegel ha pubblicato un articolo nel quale si descrive un processo svoltosi a Braunschweig (Germania) a carico di un sacerdote cattolico che ha confessato di aver commesso 223 stupri (!) e 57 altre forme di violenza sessuale nei confronti di bambini, tra il 2004 e il 2011. Dalla seconda Guerra Mondiale fino ad oggi, rappresentanti del clero cristiano in Europa occidentale e negli Stati Uniti hanno violentato centinaia di migliaia di bambini disabili affidati alle loro cure. Migliaia di mostri in abiti canonici non solo sono rimasti impuniti, ma stanno ancora eseguendo i “loro doveri pastorali” in tutta Europa e negli Stati Uniti, continuando ad abusare del loro “gregge”. Che ogni anno decine di migliaia di bambini vengono uccisi da bande appositamente addestrate al fine di “fare il raccolto” dei loro organi vitali per la rivendita sul mercato nero attraverso cliniche rinomate in Occidente, dove medici-mostri li trapianteranno in quei pazienti che possono permettersi di pagare le operazioni, è un fatto che descrive il carattere reale del “mondo libero”. Il rapimento di bambini da parte della Chiesa cattolica (oltre 300.000 casi solo in Spagna), la uccisione di bambini non ancora nati e la rivendita dei loro resti alle aziende farmaceutiche americane ed europee che li trasformano in “creme superfini per la cura della pelle” (Corea del Sud, Albania…); lo sfruttamento spietato di decine di milioni di bambini in tutto il mondo da parte delle aziende americane ed europee; l’abuso mostruoso dei bambini nello sport… – questi sono tutti “dettagli” che indicano la vera natura della “democrazia” occidentale.

La contemporanea “volontà di potenza” (Nietzsche) è diventata la volontà di potere assoluto sui popoli e sulla natura ed è l’espressione della completa privazione dell’uomo di umanità e naturalità. Non si tratta solo della volontà di soggiogare, ma anche della volontà di distruggere le persone ed il mondo vivente. Essa si basa sulla natura del capitalismo in quanto ordinamento totalitario di distruzione e viene strumentalizzata con il potere distruttivo della tecnologia. L’uomo capitalisticamente degenerato fantastica di essere sulla cima della piramide del potere totalitario e distruttivo. Il capitalismo impone la distruzione come modello predominante di comportamento e, in tal modo, plasma la natura (auto)distruttiva dell’uomo e la sua distruttiva “socievolezza”. Il provare “gioia” in eventi sportivi, in cui persone rovinate fisicamente e mentalmente lottano per la vittoria e per i record, rischiando la distruzione dei loro rivali e causando danni irreparabili al proprio corpo, implica la presenza di spettatori similmente sfigurati come esseri umani. Al tempo stesso, l’uomo sperimenta la “libertà” esprimendo brutalmente una non-libertà e distruggendo in tal modo sé stesso in quanto essere libero e sociale. Un esempio tipico è fare il “tifo” negli stadi sportivi. L’essere umano come “fan” è stato trasformato in un membro idiotizzato della “calca” dei tifosi. “Tutto è permesso” non è un’espressione che afferma la libertà dell’uomo, ma un riconoscimento della totale irrilevanza della condizione umana e dell’odierno sprofondare nelle peggiori forme di barbarie.

 

Translated from Serbian by Mirjana Jovanović

Italian translation supervisor Andrea Martocchia

 

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