La rivoluzione d’ottobre

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Se si parte dalla concezione che ha Marx della storia, la Rivoluzione d’Ottobre ha una sua legittimità storica? Secondo Marx, non tutte le crisi esistenziali del capitalismo possono essere presupposto storico per una rivoluzione socialista, ma soltanto quelle crisi in cui i rapporti produttivi (di proprietà) sono diventati un freno allo sviluppo delle forze produttive e qualora le contraddizioni del capitalismo siano arrivate al limite. Le condizioni sociali sono necessarie, ma non sufficienti come condizione per una rivoluzione. Soltanto quando si sono create adeguate condizioni storiche, la rivoluzione socialista è possibile. Secondo Marx, un’eventuale rivoluzione socialista nella Russia zarista avrebbe avuto legittimità storica se fosse stata la scintilla in grado di accendere i fuochi delle rivoluzioni socialiste nei più sviluppati paesi capitalisti d’Europa. In altre parole, soltanto sotto l’influenza dell’eredità emancipatrice dei più sviluppati paesi capitalisti, che nella rivoluzione socialista avrebbe avuto la sua piena espressione, la rivoluzione avrebbe potuto assumere il carattere di una rivoluzione socialista nei paesi capitalisti meno sviluppati.

Partendo dal concetto che aveva Marx di rivoluzione socialista, nella Russia zarista del 1917 non esisteva alcuna delle condizioni storiche per una rivoluzione socialista, ma esistevano invece le condizioni storiche per una rivoluzione civile ed anticoloniale e le condizioni sociali per un’insurrezione operaia e contadina. Nella Russia zarista la crisi esistenziale non si è determinata perchè i rapporti di produzione erano diventati un freno allo sviluppo delle forze produttive, bensì soprattutto a causa della guerra. Le contraddizioni del capitalismo invece di svilupparsi fino al massimo nella crisi economica causata dall’arresto della crescita capitalistica delle forze produttive, si sono sviluppate sulla base della generale crisi sociale causata dalla guerra. La guerra, come forma massimamente distruttiva dello sfruttamento dei lavoratori e dei contadini da parte dei capitalisti, ha acuito il conflitto di classe a tal punto che esso si è trasformato in una guerra di classe. L’uccisione di milioni di lavoratori e contadini, le sconfitte al fronte, la povertà e la morte di massa causata dalla fame, hanno creato una crisi tale da provocare una sollevazione dei contadini e dei lavoratori, diretta dai bolscevichi nel senso di cambiamenti rivoluzionari. Nella Russia zarista, dilaniata dai venti della Prima guerra mondiale, non c’erano condizioni storiche, ma esistenziali, e su questa base c’erano le condizioni politiche per una rivoluzione sociale.

Non sono stati i bolscevichi a far crollare l’Impero russo. La Rivoluzione d’Ottobre non è stata la causa bensì la conseguenza del crollo dell’Impero russo, così come la Rivoluzione di Monaco di Baviera non è stata la causa del crollo della monarchia tedesca, ma la sua conseguenza. La sconfitta nella guerra contro il Giappone, come anche la Rivoluzione russa del 1905, che i Romanov hanno soffocato nel sangue, hanno preannunciato il crollo dell’Impero russo che si è verificato durante la Prima guerra mondiale ed anche nella Rivoluzione borghese del febbraio del 1917. I bolscevichi non hanno costruito l’Unione Sovietica sulle fondamenta dell’Impero russo, ma sulle sue rovine.

Dal momento che per Marx il criterio più importante per determinare la legittimità storica di un ordinamento sociale sta nel fatto se esso consenta o meno lo sviluppo delle forze produttive, la Rivoluzione d’Ottobre ha una legittimità storica di prim’ordine. Nella Russia zarista il capitalismo non si è  sviluppo autonomamente. La Russia zarista era una colonia dell’Occidente ed il suo sviluppo economico dipendeva dall’espansione economica dell’Occidente. Il carattere anticoloniale della Rivoluzione d’Ottobre è stato di cruciale importanza poichè ha reso possibile lo sviluppo indipendente dell’URSS  e quindi lo sviluppo dell’istruzione, della scienza, dell’economia, dell’ organizzazione militare e dell’industria … Ha reso possibile che l’Unione Sovietica da arretrato paese agrario divenisse ben presto un paese industriale sviluppato. Basandosi unicamente sulle proprie risorse ed in completo isolamento economico, l’Unione Sovietica 20 anni dopo la Rivoluzione d’Ottobre divenne la prima potenza scientifica e la seconda potenza economica nel mondo. Durante la Seconda guerra mondiale (nonostante la perdita di oltre 25 milioni di persone) è stata la più potente forza militare del mondo, che ha distrutto oltre il 75% del potenziale militare della Germania nazista e ha occupato Berlino.

Diventando il capitalismo un ordinamento totalitario distruttivo, la Rivoluzione d’Ottobre assume una nuova dimensione. Se lo sviluppo storico dell’umanità viene considerato nel contesto esistenziale, e se si tiene conto che lo sviluppo del capitalismo si basa sulla distruzione della natura e dell’intera razza umana, la Rivoluzione d’Ottobre ha una legittimità storica di prim’ordine. La sua qualità principale è che ha abolito il capitalismo e dunque il dominio coloniale sulla Russia da parte delle potenze capitaliste più sviluppate, e ha impedito così che in Russia, come in altri paesi ove sotto la sua influenza si è verificata la rivoluzione operaia, le contraddizioni del capitalismo in quanto ordinamento ecocida e genocida si sviluppassero completamente, vale a dire ha impedito che il capitalismo in Russia distruggesse l’ambiente naturale e le popolazioni che vi vivevano. Se non ci fosse stata la Rivoluzione d’Ottobre e non fosse stata creata l’Unione Sovietica con le sue potenzialità economiche, scientifiche e militari, i popoli slavi (ed asiatici) avrebbero dovuto affrontare nel secolo XX la stessa sorte che è capitata agli indigeni del Nord America nel XIX secolo.  Il “Drang nach Osten” di Hitler è stato solo una continuazione della marcia genocida dell’Occidente capitalista verso l’Oriente, iniziata nella seconda metà del XIX secolo con la Rivoluzione industriale in Germania e poi con la Prima guerra mondiale, e continuata a seguito dello scoppio della Rivoluzione d’Ottobre. Le truppe interventiste d’Occidente non hanno “difeso” l’Impero russo, ma hanno usato la sollevazione dei bolscevichi come scusa per fare i conti  con il potenziale creativo del popolo russo (in questo contesto con la borghesia russa) al fine di impedire alla Russia di diventare una potenza in grado di contrastare l’Occidente nella lotta per il dominio globale. Infine, gli stati interventisti non cercavano di preservare lo stato russo, ma di dividerlo in protettorati, proprio come hanno fatto in Cina, nel mondo arabo, in Africa, Sud America e nei Balcani. Il rapporto dell’Occidente nei confronti della Russia si basava sul principio dominante del capitalismo monopolistico: “Distruggi la concorrenza!”, vale a dire che era di natura ecocida-genocida. Così è pure oggi. L’Occidente sostiene in Russia solo le forze politiche che cercano di trasformare la Russia in una colonia delle più potenti corporazioni capitalistiche dell’Occidente, quelle che mirano a distruggere il potenziale biologico, creativo e libertario del popolo russo.

Per quanto riguarda la sua legittimità umanistica, va detto che la Rivoluzione d’Ottobre ha reso possibile l’istruzione gratuita per tutti, il che ha portato alla eliminazione dell’analfabetismo imperante nella Russia zarista che a quei tempi affliggeva oltre l’80% della popolazione; ha portato l’assistenza sanitaria pubblica gratuita; la piena occupazione; la giornata lavorativa di 8 ore e l’umanizzazione delle condizioni di lavoro; la pari valutazione nelle prestazioni lavorative di uomini e donne (cosa che ancora oggi non esiste nei paesi capitalisti più sviluppati); il diritto di voto ed altri diritti politici per le donne; il diritto all’alloggio gratuito… La cosa più importante è che il lavoro minorile – che nella Russia zarista, come anche nell’Occidente, era sfruttato fino a 14 ore al giorno – fu abolito. Durante l’industrializzazione dell’Inghilterra, degli Stati Uniti, della Francia, della Russia zarista e di altri paesi capitalistici, nelle fabbriche e nelle miniere sono morti di esaurimento fisico, di malattie e di fame decine di milioni di bambini. Per quanto riguarda la legittimità umanistica delle rivoluzioni borghesi, i francesi ancora oggi celebrano la Rivoluzione borghese francese benchè in essa il numero di morti sia stato (percentualmente) molto più alto rispetto alla Rivoluzione d’Ottobre, con più di 36.000 membri di famiglie aristocratiche ghigliottinate in pubblico. E cosa dire riguardo alla Prima Guerra Mondiale, provocata dai capitalisti con lo scopo di “superare” la crisi economica del capitalismo, nella quale furono uccisi oltre 20 milioni di lavoratori e contadini ed altrettanti furono feriti, nella quale morirono di fame e di malattie milioni di bambini, e della quale fu diretta conseguenza la “febbre spagnola” che in Europa provocò la morte di oltre 20 milioni di persone? Non è questo un crimine dei capitalisti? Un’altra caratteristica umanistica della Rivoluzione d’Ottobre è stato il fatto che ha tirato fuori il popolo russo dalla carneficina della Prima guerra mondiale ed ha così impedito lo sterminio di milioni di persone.

Lev Trotzkij, il comandante dell’Armata Rossa, ha pubblicato negli anni trenta del XX secolo il libro “Rivoluzione tradita” dove ha messo in dubbio il carattere socialista dell’Unione Sovietica post-rivoluzionaria per essersi essa allontanata dagli ideali della Rivoluzione d’Ottobre. Trotzkij non mette in dubbio la storicità della Rivoluzione, ma fa i conti con il volontarismo politico dei capi del partito che hanno portato all’alterazione degli ideali e hanno compromesso gli obiettivi della Rivoluzione. La Rivoluzione d’Ottobre ha avuto, secondo Trotzkij, una legittimità storica come rivoluzione socialista poichè è stata una rivoluzione di massa dei lavoratori, mentre nel periodo post-rivoluzionario gli obiettivi della Rivoluzione sarebbero stati distorti dai capi del partito che si sono appropriati del potere conquistato dai lavoratori nella Rivoluzione che è diventato  un potere alienato dai lavoratori. Trotzkij non comprende che la natura della Rivoluzione ha condizionato la natura degli sviluppi post-rivoluzionari. Ciò non significa che non c’erano delle idee politiche alternative, ma solamente che non esistevano delle forze politiche abbastanza potenti da indirizzare il corso degli avvenimenti in un’altra direzione. La rivolta dei lavoratori a Kronštadt (nel febbraio del 1921 NdT) ne è un tipico esempio. Osservando quest’evento attraverso una lente non-storica, certi teorici contrappongono al volontarismo dei capi del partito il romanticismo rivoluzionario e trasformano la classe lavoratrice dell’Unione Sovietica dell’inizio del XX secolo in una forza mitologica che incarnerebbe non solo l’eredità emancipatrice della lotta della classe lavoratrice nei paesi capitalistici più sviluppati dell’Occidente, ma anche gli ideali umanistici portati avanti da Marx come idea-guida per i lavoratori. Da questo punto di vista ideale, gli operai e i contadini essendo in grado di vincere la borghesia (e le forze interventiste d’Occidente) erano anche in grado di creare una società socialista. In realtà, la conquista del potere da parte dei lavoratori è stato soltanto un primo passo verso lo sviluppo della  società socialista che sarebbe dovuta essere  il vero risultato della rivoluzione socialista.

Il “culto del Partito” e il “culto del Leader”, che furono  creati durante la Rivoluzione, erano possibili perchè non c’erano le condizioni storiche per una vera rivoluzione socialista. Esisteva un partito rivoluzionario, ma non la classe operaia rivoluzionaria. La rivolta dei lavoratori e dei contadini è iniziata dal “basso”, ma la rivoluzione è stata mossa dall’”alto”. Il fanatismo del volontarismo rivoluzionario si basava sugli sforzi umani necessari per superare il divario che divideva un’arretrata Russia zarista dall’Occidente industrialmente sviluppato. Lenin sostiene che “Il socialismo è l’elettrificazione più l’industrializzazione”. La realtà dell’arretrata Russia zarista, devastata dalla Prima guerra mondiale e dalla guerra civile, doveva essere “adeguata” a quelle condizioni storiche necessarie per la creazione (e la sopravvivenza) di una società socialista. Il socialismo nell’Unione Sovietica non è nato al punto culminante dello sviluppo del capitalismo o come frutto dello sviluppo storico ed, in questo contesto, di un generale sviluppo sociale, ma è stato piuttosto un “progetto” politicamente ideato che doveva essere realizzato dal Partito. La leadership del Partito ha ottenuto letteralmente  lo status di “ingegneri sociali” il cui compito era di “costruire il socialismo” nell’Unione Sovietica mentre le masse dei lavoratori divennero il mezzo per portare a termine questo compito. Una delle più importanti tesi politiche di Lenin di quel periodo è stata che  “dal capitalismo si deve ricavare tutto quello che rende  possibile lo sviluppo del socialismo”. La natura meccanicistica di questo modo di pensare mostra la non-storica natura dell’”instaurazione del socialismo” nell’Unione Sovietica. Il volontarismo della leadership del partito, strumentalizzato nella forma dell’apparato statale, fu, prima di tutto, condizionato dal fatto che il capitalismo non era stato sradicato nella Rivoluzione. La lotta contro la restaurazione del capitalismo è stata un punto di riferimento strategico per l’ordinamento dominante fino al suo crollo.

L’ordinamento dominante nell’Unione Sovietica ha avuto la sua legittimità storica fin quando è stato in grado di sviluppare le forze produttive. Nel momento in cui la proprietà statale è diventata l’ostacolo principale per lo sviluppo economico, esso è diventato un ingombro. Invece di arrivare ad una rivoluzione socialista “correttiva”, in cui i lavoratori avrebbero sottratto il potere alla burocrazia corrotta e quindi assunto direttamente il controllo della produzione e del processo complessivo di riproduzione sociale, quelli che avevano il potere esecutivo effettuarono il colpo di stato che portò alla restaurazione del capitalismo e trasformò l’Unione Sovietica in una colonia dei più potenti paesi capitalisti dell’Occidente. Quello che non è riuscita a fare nemmeno la Germania nazista è riuscita a fare la “borghesia rossa” incorporata nella corrotta ed alienata leadership del Partito comunista: distruggere l’Unione Sovietica. La proprietà privata ristabilita, invece di far crescere le forze produttive, ha portato ad un diffuso saccheggio ed alla rovina economica, scientifica, ecologica e biologica delle ex-repubbliche dell’ URSS. La distruzione dell’URSS e l’”introduzione” del capitalismo senza una opposizione di  massa  da parte della classe lavoratrice è stata possibile perchè, da una parte, la struttura politica dominante era del tutto alienata dai lavoratori ed aveva un potere inattaccabile, e, dall’altra parte, perchè nell’URSS i lavoratori come astratti “cittadini” avevano perso la loro autenticità  di classe e con ciò la possibilità di influire come forza politica organizzata nella vita del paese. Lo smembramento dell’URSS da parte della “borghesia rossa” è stato, infatti, una fatale sconfitta della classe lavoratrice dell’URSS dalla quale tuttora essa non si è ripresa. La distruzione dell’URSS, insieme alla distruzione della Jugoslavia, sono state la fase finale dell’annientamento delle potenzialità emancipatrici dell’ordinamento socialista e la instaurazione di una dittatura capitalista sui lavoratori.

Nonostante le esigenze sempre più radicali di cambiamento, la crescente crisi esistenziale, creata dal capitalismo, distrugge in modo sempre più drammatico qualsiasi visione umanistica del futuro. Tutti sfoderano una spada, chi per uccidere chi per difendersi. Invece dell’essenza, è l’esistenza che diventa un imperativo incontestabile. Le dominanti corporazioni capitalistiche dell’Occidente hanno portato l’umanità sull’orlo di un abisso, e la lotta per la sopravvivenza si sta conducendo sul bordo di un  baratro. Coloro che sono più deboli cadranno per primi nel vuoto e scompariranno per sempre. Questa è la principale ragione per cui in Russia, nonostante i crimini del regime stalinista, si sta ricreando il “culto di Stalin”. La crisi sempre più profonda dell’Occidente e le sempre più aggressive politiche fondate su di essa, indirizzate ad annientare i miliardi in “surplus” e ad impadronirsi di territori stranieri, hanno fatto sì che in Russia una grande importanza viene attribuita a quei personaggi storici che hanno operato per costruire il suo potere economico, scientifico e militare, e per opporsi all’Occidente. Stalin è un simbolo della vittoria, vale a dire innanzitutto è un simbolo del potenziale esistenziale del popolo russo, e questo è ciò che lo rende popolare. Lo stesso avviene per Lenin. Non solo il carattere sociale (di classe), ma piuttosto la natura anticoloniale della Rivoluzione d’Ottobre e le fondamenta del potere economico, scientifico e militare, che sono posti in essa, sono la base della popolarità di Lenin in Russia e nei paesi che stanno lottando contro l’imperialismo moderno. Quando si glorifica la Russia zarista, si pensa piuttosto alle sue potenzialità costruttive dello stato. In questo contesto un significato di prim’ordine lo ha Pietro il Grande.

 

Translated from Serbian by Mirjana Jovanović

Italian translation supervisor Andrea Martocchia

 

O autoru

ducisimonovic

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