La natura della critica del capitalismo di Marx

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La critica del capitalismo di Marx è una delle forme concrete storiche della critica del capitalismo. Essa è una condizione necessaria, ma non sufficiente per lo sviluppo della critica contemporanea del capitalismo. La crisi ecologica e sociale sempre più drammatica, creata dal capitalismo, impone la necessità di un nuovo pensiero rivoluzionario basato non soltanto sull’umanesimo essenziale, ma innanzitutto su quello esistenziale. Si tratta, infatti, della creazione di una  coscienza contemporanea della classe del proletariato, dove si mettono in questione anche quelle idee di Marx sulle quali si fonda la sua concezione della rivoluzione socialista e del futuro, che sono considerate l’inviolabile punto di partenza  della critica del capitalismo della sinistra.

Il pensiero di Marx “ricopre” la totalità della vita dell’uomo quale essere sociale e storico ed offre la possibilità di cercare risposte a numerose domande cruciali poste dall’essere umano contemporaneo. Esso non contiene il punto più importante: l’analisi dello sviluppo del capitalismo come ordinamento distruttivo e, in questo contesto, la considerazione di un futuro possibile dell’umanità. La questione non è “se Marx sapeva” oppure “se poteva sapere” che il capitalismo è un ordinamento distruttivo (poiché a suo tempo la distruzione capitalistica della natura e dell’essere umano non aveva proporzioni drammatiche come lo è oggigiorno), ma che la sua critica del capitalismo trascura la sua essenza – il che mette in dubbio la sua esattezza, la dottrina politica basata su di essa e l’idea del futuro che ne consegue. Il pensiero di Marx ha portato la critica del capitalismo dalla sfera esistenziale (Fourier) in quella essenziale ed in questo modo ha contribuito alla mutilazione della (auto)coscienza di classe di lavoratori  come anche alla mutilazione della critica del capitalismo e, quindi, alla mutilazione della lotta politica contro il capitalismo. Nella sua critica Marx ha trascurato il punto più importante: la lotta contro il capitalismo non è soltanto la lotta per la libertà dell’essere umano ma è, allo stesso tempo, la lotta per l’esistenza dell’umanità.

Riguardo all’affermazione che il pensiero di Marx indica la natura distruttiva del capitalismo, sorge la questione:  perché Marx nel suo scritto più importante Il manifesto del partito comunista, come pure in altri testi nei quali invita lavoratori alla lotta contro il capitalismo, non indica la natura distruttiva del capitalismo e non invita lavoratori alla lotta per prevenire la distruzione della vita sulla Terra? Se Marx fosse arrivato alla conclusione che il capitalismo è un ordinamento distruttivo della vita, non dovrebbe essere logico che l’invito alla lotta per preservare la vita sarebbe stato, se non il contenuto più importante (che per sua natura dovrebbe esserlo), ma certamente uno dei più importanti del suo programma rivoluzionario? In tal caso, l’essere storico (sociale) della classe operaia non sarebbe stato  altrettanto condizionato dalla natura ecocida del capitalismo e non avrebbe la trasformazione di operai dalla classe in se nella classe per se implicato lo sviluppo di una coscienza emancipata ecologica? Non avrebbe, dunque, l’operaio quale essere di classe ed umano avuto il “compito” non solo di fare i conti con la società di classe e liberare l’umanità dall’oppressione, ma altrettanto di prevenire la sua distruzione?

La vera natura della critica del capitalismo di Marx può essere vista dagli scritti dei suoi seguaci, rimasti fedelissimi al suo pensiero. La distruzione capitalistica della vita e dell’uomo quale essere biologico ed umano non è stato, fino ai giorni nostri, il soggetto di un’analisi seria di teoretici marxisti. Nemmeno i teoretici marxisti più radicali del capitalismo hanno dato un’importanza particolare alla verità che il capitalismo nella sua essenza è un ordinamento distruttivo. Se Marx a suo tempo non ha messo in rilievo le tendenze distruttive dello sviluppo del capitalismo, perché non lo hanno fatto i suoi seguaci quando è diventato evidente che il capitalismo distrugge la natura e l’essere umano? La risposta è semplice: loro non sviluppavano la critica del capitalismo partendo dalle tendenze del suo sviluppo, ma piuttosto si occupavano dell’interpretazione della critica di Marx insistendo ostinatamente sulle nozioni già superate dal capitalismo. Gli scritti di Marx sono diventati una Bibbia peculiare dalla quale si estraggono “verità” nella forma di “giuste” citazioni la cui veridicità viene provata mediante una ciarlataneria verbale tautologica. Essi non contengono la più importante verità: il capitalismo distrugge la natura come un tutto vivificante e l’ uomo quale essere biologico ed umano e, quindi, distrugge la possibilità stessa del futuro, che vuol dire non solo la possibilità della trasformazione del mondo in un mondo umano, bensì la possibilità della sua esistenza. Il lato peggiore è che “difendere” Marx diventa una lotta contro il tentativo di voler indicare la vera natura del capitalismo e tutta la drammaticità della crisi esistenziale creata dal “progresso” capitalistico e, dunque, la lotta col pensiero critico e conflitto politico  basata sulla verità che  il capitalismo è un ordinamento totalitario distruttivo.

Considerando che per  Marx l’unica vera scienza è la storia e che l’idea della storicità della società umana è la pietra fondamentale della sua idea rivoluzionaria, diventa più ovvio perché il capitalismo non può essere un ordinamento distruttivo. Secondo Marx, il capitalismo è un ordinamento storico. Ciò fa la sua essenza concreta ed è la base della sua persistenza. Il capitalismo è un ordinamento storico in due modi: come risultato e come condizione dello sviluppo storico di società. In ambo i casi esso è una inevitabilità storica. In altre parole, il capitalismo secondo la sua essenza storica non può essere un ordinamento con il quale finisce la storia, soprattutto non un ordinamento che annulla la storia. La storia ha le sue salite e discese, ma nessuna forza è in grado di fermare per sempre la ruota dello sviluppo storico. La teoria della storia di Marx ha una forma metaforica e un carattere antropologico. Parlando della  storia, Marx parla in realtà di essere umano e della sua indistruttibile necessità di libertà  e della sua capacità di creare, mediante lo sviluppo delle sue creatività universali e con la lotta contro l’ingiustizia, un mondo umano. Periodi storici nello sviluppo d’umanità sono dei scalini per i quali  l’essere umano sale e dai quali cade per raggiungere, nonostante tutti gli ostacoli e le cadute, quelle elevatezze che aprono l’orizzonte ad una libertà incondizionata. La libertà è lo “spirito” che dà il senso alla vita umana e come tale è il tessuto connettivo della storia. La concezione di Marx di storicità della società è basata su un ottimismo libertario: il comunismo è una necessità perché la libertà dell’ essere umano è una necessità. L’ottimismo libertario presuppone l’ottimismo esistenziale basato sullo sviluppo di forze produttive mediante le quali l’essere umano si rende  indipendente dagli elementi naturali e sviluppa le proprie forze creative. Poiché la libertà è il punto essenziale della concezione di Marx della storicità della società e la condizione inviolabile del futuro, la concezione della storia di Marx si basa, naturalmente, su apriorismo esistenziale.

Sul piano metodologico, il pensiero di Marx offre la possibilità per lo sviluppo della critica contemporanea del capitalismo. Partendo dal più importante postulato metodologico di Marx che “l’anatomia dell’ essere umano è la chiave per capire l’anatomia di una scimmia”, è necessario sviluppare una tale critica del capitalismo che prende in considerazione il capitalismo monopolistico nella sua ultima (“consumistica”) fase di evoluzione nella quale si sono sviluppate totalmente le contraddizioni del capitalismo come un ordinamento distruttivo che sempre più drammaticamente minaccia l’esistenza dell’umanità. Le forme più sviluppate della critica del capitalismo, le quali corrispondono alla fase più alta del suo sviluppo, rappresentano  il punto di partenza per capire le forme precedenti della critica del capitalismo: alla luce delle forme più sviluppate della critica, le forme precedenti acquistano una legittimità storica concreta. I postulati più importanti di Marx ottengono riconoscimento storico concreto ed un valore politico (variato) soltanto nel contesto di una critica sviluppata del capitalismo come ordinamento che mette in pericolo l’esistenza dell’essere umano e della vita sul Pianeta. Senza ciò, questi vengono ridotti ad una retorica umanistica astratta che allontana la mente critica-variata dalle questioni esistenziali fondamentali. Nel mondo contemporaneo, la critica  di Marx al capitalismo quale ordinamento di sfruttamento non ha perso il suo significato. Tuttavia, essa acquista un concreto senso storico nel contesto nel diventare del capitalismo un ordinamento totalitario distruttivo. La lotta contro il capitalismo non è soltanto una questione libertaria ed economica dei lavoratori, ma è piuttosto diventata la questione  basilare esistenziale di umanità.

Malgrado l’uso di metodi scientifici e dei risultati scientifici ottenuti, il pensiero di Marx non è di natura scientifica, bensì politica. Marx non è interessato all’ “obiettivismo” scientifico e filosofico, bensì alla prassi rivoluzionaria degli oppressi. Il suo pensiero è una critica libertaria del capitalismo che tende ad  invitare i lavoratori a fare finalmente i conti con la società di classe. La sua non è soltanto una critica del capitalismo, ma è il senso della rivoluzione proletaria. La critica del capitalismo di Marx ha per obiettivo di sviluppare nel proletariato una coscienza critica-variata senza compromessi e non di indirizzare la mente verso discussioni teoretiche. Essa riconosce se stessa come una “coscienza di prassi che cambia il mondo”, cioè come uno strumento nella lotta di classe. L’essenza umana non si raggiunge mediante futili contemplazioni, ma mediante la lotta per la libertà che implica lo sviluppo creativo e libertario dell’ essere umano. La scienza e la filosofia non hanno una dimensione obiettiva, ma sono uno strumento nella lotta di classe. Questo è l’atteggiamento di Begnamin e Brecht quando si tratta d’arte, e di Bloch quando si tratta di sport e di cultura fisica. La prassi rivoluzionaria degli oppressi è la forza che deve trasformare le possibilità oggettive della libertà nelle possibilità reali della liberazione dell’essere umano.

Per Marx, la verità è un sinonimo della libertà. Essa non è di carattere relativo, ma assoluto e si basa sulla natura dell’essere umano quale essere universale creatore di libertà, e sullo sviluppo storico della società. La verità non si raggiunge mediante discussioni teoretiche, ma mediante la lotta per la libertà che comprende la realizzazione delle possibilità umane vere, e la trasformazione della società in una comunità di persone libere. La verità ha una natura storica-concreta, vale a dire che la sua essenza è determinata da possibilità concrete di ottenimento della libertà in un epoca storica concreta. Per Marx, la rivoluzione non è un principio basilare ontologico, gnoseologico ed assiologico, ma un principio fondamentale libertario. Non è la coscienza teoretica che deve essere una guida dei lavoratori nella loro lotta contro l’ordine dominante e per il futuro, bensì la loro esistenza sociale concreta, il loro stato di lavoratore salariato totalmente subordinato, l’incertezza esistenziale, l’umiliazione quotidiana… La coscienza rivoluzionaria dei lavoratori esprime il loro bisogno di libertà e di giustizia sociale. Allo stesso tempo, l’approccio scientifico nella teoria di Marx non serve soltanto ad indicare la natura inumana del capitalismo, come anche la sua temporaneità e, dunque, il suo inevitabile fallimento, ma per creare barriere al determinismo (fatalismo) natural-scientifico ed al mero volontarismo rivoluzionario che può portare alla precocità della rivoluzione socialista e, quindi, al suo fallimento (da lì il suo atteggiamento critico riguardo alla “Comune di

Parigi” ancora prima della sua formazione) che può avere conseguenze negative sullo sviluppo del movimento operaio. Anche questo “particolare” indica quale importanza Marx dà all’entusiasmo rivoluzionario dei lavoratori, ma altrettanto alla loro autocoscienza basata sulla valutazione oggettiva delle condizioni sociali (storiche) concrete per unapossibile rivoluzione. Marx era cosciente che una rivoluzione socialista sarebbe riuscita, cioè, che avrebbe aperto la strada ad una società comunista, soltanto se fosse eseguita al posto giusto (paesi capitalistici più sviluppati d’Europa) e nel momento giusto (al punto culminante di una crisi economica e, su questa base, di una crisi sociale generale).

Il pensiero di Marx offre la possibilità di stabilire la differenza del principio tra un’insurrezione di lavoratori ed una rivoluzione socialista. Un’insurrezione di lavoratori non è di per se una rivoluzione socialista; essa diventa una rivoluzione socialista soltanto se abolisce il capitalismo in modo da stabilire un ordine (socialista) che supera il capitalismo ed apre la strada per creare una società comunista. In altre parole, una rivoluzione socialista è possibile soltanto sulla base di una crisi economica, cioè sociale-generale che implica le contraddizioni capitalistiche completamente sviluppate. Soltanto sulla base di una rivoluzione socialista autentica è possibile creare una società vera, in  quanto tale da presupporre il superamento definitivo del capitalismo. Se è creata  una vera società socialista, il capitalismo non è più possibile. Il vero segnale del superamento finale del capitalismo è quando una società socialista diventa comunista.

La teoria di Marx non tratta le forme possibili dello sviluppo del capitalismo ( ed, in questo contesto, le forme possibili della lotta politica di classe sia quella borghese che quella del mondo operaio), ma riguarda la sua abolizione (il suo superamento) ed, in questo contesto, parte dal mito strumentalizzato politico dell’imminente fallimento del capitalismo. Il punto essenziale della XI Tesi su Feuerbach è di dare l’importanza primaria alla prassi variata poiché, secondo Marx, nei paesi capitalistici più sviluppati d’Europa sono già state create possibilità oggettive per i cambiamenti rivoluzionari. Non è questione soltanto della critica della filosofia borghese, ma del fatto che il mondo ragionevole sul quale insistono Kant e Hegel, non può essere il risultato della  riflessione di filosofi, ma il risultato della lotta politica di ceti sociali privati dei loro diritti. La Rivoluzione francese borghese è stata condotta dalle “masse” operaie oppresse e dalla borghesia private dei loro diritti, mentre la filosofia classica tedesca ha tratto vantaggio dalla lotta politica dei disprezzati trasformando lo spirito rivoluzionario nei postulati filosofici diventati la base di una teoria e prassi politica che è stata il presupposto per la creazione in Germania di una società borghese e di uno stato unitario – e nello stesso tempo per  prevenire una rivoluzione borghese. Le “masse” operaie “irragionevoli” sono diventate una forza motrice nel creare un mondo ragionevole. Marx parte dalle idee-guida della Rivoluzione francese borghese, ma non come mezzo per procurare legittimità “umanistica” all’ordinamento dominante, bensì come  principio basilare politico nella lotta per un mondo umano. Egli parte dagli ideali umanistici dell’epoca moderna, adoperandosi che questi saranno realizzati. La sua visione predominante del futuro non si basa sulla creazione di un’immagine idealizzata di una società futura, ma sulla critica del capitalismo e sulla fiducia nella dignità libertaria e nelle forze  creative dell’essere umano: l’ uomo come essere realizzato universale creatore di libertà è “l’immagine” del futuro.

Tacitamente, non è solo la natura del capitalismo, alla quale si arriva mediante metodi empirici ed analisi scientifiche, quella che condiziona la lotta politica contro il capitalismo, ma lo è anche la natura della lotta politica considerata di essere in grado di portare alla distruzione del capitalismo. In fondo, la natura concreta e le capacità della classe operaia come soggetto di rivoluzione condizionano l’attitudine nei confronti del capitalismo e, dunque, determinano il suo carattere. La stessa “natura del capitalismo” viene strumentalizzata a motivo di realizzare una lotta politica più efficace contro il capitalismo. La tesi di Marx che “la teoria corretta è la coscienza di una prassi che cambia il mondo” indica che il cambiamento del mondo è il criterio per valutare la correttezza della teoria. Poichè non c’è il cambiamento del mondo senza la lotta rivoluzionaria del proletariato, ne consegue che la teoria corretta può (e deve) porre, anzitutto, quelle domande che offrono la possibilità di arrivare al cambiamento, e ciò significa che possono motivare l’essere umano a combattere per un mondo nuovo come un essere concreto sociale, partendo da sfide concrete (esistenziali). La questione di esistenza del mondo vivente e dell’umanità non si è trovata all’ordine del giorno poiché era molto astratta per  l’essere umano sopraffatto dalla minaccia esistenziale immediata, vissuta quotidianamente come mano d’opera salariata totalmente subordinata, costretto ad  iniziare la lotta per cambiare la sua posizione da schiavo. Per Marx,  la questione primaria non è stata la crisi ecologica, ma quella economica ed in questo contesto la condizione esistenziale della classe operaia. E’ risultato che la crisi economica colpisce l’essere umano più immediatamente e più drammaticamente che non quella ecologica. Se la crisi ecologica creata dal capitalismo nella seconda metà del XIX secolo fosse potuta essere strumentalizzata e fosse diventata l’impulso per lavoratori nella lotta contro il capitalismo, avrebbe Marx ignorato l’avvertimento di Fourier dell’inizio del XIX secolo sulla distruzione della natura e sul cambiamento del clima e non si sarebbe “accorto” che il capitalismo di sua natura è un ordinamento distruttivo, e avrebbe Engels nell’ultima decade della sua attività creativa, quando richiamava l’attenzione sulla distruzione della natura, spostato la responsabilità dal capitalismo all’umanità usando un astratto “noi”?

Il modo stesso di porre questioni ed ottenere risposte è l’espressione del  rapporto concreto dell’essere umano nei confronti di problemi esistenziali ed essenziali (in fondo, nei confronti del mondo attuale e di quello futuro) imposti da un’epoca storica concreta. Le questioni vengono poste in un modo quando c’è la certezza esistenziale (sulla quale si basa il modo moderno di pensare) e quando il possibile annientamento del mondo ha un carattere astratto (in cinque o dieci milioni d’anni), ed in un modo completamente diverso quando l’umanità sta di fronte ad una sempre più reale possibilità di distruzione. Nella XI Tesi su Feuerbach Marx ha dato la priorità al principio creativo-variato su quello contemplativo, ma il cambiamento del mondo non appare in Marx in relazione ad una sempre più reale possibilità della sua distruzione, bensì in relazione all’ingiustizia ed alle possibilità limitate dello sviluppo di forze produttive basate su proprietà privata, come anche in relazione alle possibilità emancipatrici create nella società borghese e alle  possibilità creative dell’essere umano quale essere universale creatore di libertà. Il pensiero di Marx si basa altrettanto sulla certezza esistenziale, ma il rapporto tra teoria e prassi è posto in un contesto essenziale. Le cose acquistano un senso diverso quando la questione viene posta in un contesto esistenziale, vale a dire quando si prende in considerazione il pericolo sempre più reale che il capitalismo distruggerà l’umanità.

 

Translated from Serbian by Mirjana Jovanović

O autoru

ducisimonovic

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