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Una risposta a Noam Chomsky

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www.resistenze.org – popoli resistenti – serbia – 26-06-07

da Serbian network

 

Una risposta a Noam Chomsky

di Ljubodrag Simonovic

Maggio 2007

 

Il Signor Chomsky merita rispetto per la sua coraggiosa resistenza nei confronti della politica imperialista americana. Sfortunatamente, nell’intervista sul quotidiano di Belgrado “Politika” del 7 e 8 Maggio, Chomsky vede come ultima soluzione alla crisi nei Balcani la realizzazione della politica di Washington.

Alla domanda “Cosa vede come soluzione realistica allo status finale del Kosovo e quanto essa differisce da ciò che gli Stati Uniti sostengono oggi?” Chomsky risponde: «Già da molto tempo mi sembra che l’unica soluzione realistica allo status finale del Kosovo sia veramente quella proposta dall’ex presidente della Serbia (Dobrica Cosic), penso del 1993, che è una specie di “partizione” dei Serbi. Sono rimasti pochi Serbi, ma le regioni che sono sempre state Serbe devono far parte della Serbia, il resto può essere “indipendente”, come si dice, che vuol dire integrato all’Albania. Non vedo semplicemente nessun’altra soluzione ancora oggi».

L’idea di Chomsky non è nuova. Questo è un “modello” per il Kosovo, che durante la Seconda Guerra Mondiale fu realizzato dai fascisti Italiani e Tedeschi. A proposito del riferimento a Dobrica Cosic, l’ex Presidente della Yugoslavia, esso costituisce, nella realtà dei fatti, un alibi molto complesso, alla luce delle motivazioni che stavano dietro al sostegno di Cosic nei confronti della divisione del Kosovo. La posizione di Chomsky è esattamente identica a quella della classe dirigente americana.

Ciò significa che Chomsky non parla di una soluzione giusta e negoziata per il problema del Kosovo, ma di una “soluzione realistica”, Qual è realmente la base del “realismo” di Chomsky? Prima di tutto il fatto che gli Albanesi sono la maggioranza in Kosovo e che essi non vogliono vivere in Serbia. Sarebbe veramente “realistico” il “realismo” di Chomsky se l’America non si nascondesse dietro agli Albanesi?

In quel caso non avrebbe forse applicato un altro tipo di realismo, e cioè che gli Albanesi rappresentano circa il 15% della popolazione della Serbia e che i Serbi, che sono la maggioranza, non vogliono che il Kosovo si separi dalla Serbia? La “soluzione realistica” di Chomsky è fondata, di fatto, sui risultati della pulizia etnica nei confronti dei Serbi e degli altri non-Albanesi (circa 300.000), portata avanti dai gruppi terroristici Albanesi che, anche secondo Chomsky, furono organizzati e armati dagli Stati Uniti, come anche la colonizzazione in Kosovo di centinaia di migliaia di Albanesi provenienti dall’Albania.

Cosa succederebbe se il principio della “autodeterminazione” fosse applicato per risolvere il problema delle minoranze etniche nei paesi europei?

Secondo Chomsky, sarebbe una “soluzione realistica” il distacco della Macedonia occidentale e la sua annessione all’Albania? Oppure l’annessione da parte della Grecia di quelle parti dell’Albania in cui i Greci sono la maggioranza? Oppure l’annessione da parte dei Turchi di quelle parti della Bulgaria e della Grecia dove rappresentano la maggioranza? Oppure l’annessione da parte dell’Ungheria di quelle parti della Romania, della Serbia e della Slovacchia dove essi sono la maggioranza della popolazione?

E a proposito dell’Abkhazia, del Sud Ossezia, del Nagorno-Karabach, eccetera?

E la Catalogna, i Paesi Baschi, la Corsica, il Sud Tirolo, le parti della Turchia dove i Curdi sono la maggioranza, oppure la Crimea e altre parti dell’Ucraina popolate dai Russi, come anche gli Stati baltici con una maggioranza di popolazione russa?

Chomsky offre agli Albanesi del Kosovo come minoranza nazionale il diritto di formare uno Stato proprio e di essere annessi all’Albania. E cosa possiamo dire allora del diritto dei Serbi e dei Croati in Bosnia ed Erzegovina, dove non sono minoranze nazionali, ma popoli costitutivi, dove sta il loro diritto di decidere della loro indipendenza?

Il problema è se Chomsky è consapevole che la sua concezione “realistica”, di fatto, dà legittimità al principio della pulizia etnica apertamente sostenuta dall’amministrazione americana. La concezione di Chomsky, indipendentemente dai reali motivi del suo autore, rappresenta un invito ad una rottura violenta degli Stati multietnici. Questo cosa significherebbe per la Serbia dove vivono 24 nazionalità? In pratica, tutte le zone di confine della Serbia diventerebbero regioni in cui in cui potrebbero essere provocati conflitti etnici con lo scopo di realizzare poi un’annessione con gli Stati confinanti. In effetti, esistono già provocazioni in quelle parti del paese abitate da Musulmani (Sangiaccato) e da Ungheresi (Voivodina).

Come può la secessione di quella parte del paese che rappresenta la fondazione dello Stato Serbo e della coscienza nazionale di un popolo essere accettato “pacificamente”dai Serbi? I serbi sono consapevoli che i veri occupanti del Kosovo non sono gli Albanesi, ma gli Americani. Chomsky non menziona la presenza in Kosovo di Camp “Bond-Steel”, che è la più grande base militare americana in Europa. E questa è, di fatto, la principale ragione per cui gli Americani stanno cercando di staccare il Kosovo dalla Serbia e di annetterlo all’Albania.

Gli Americani stanno cercando di trasformare i Balcani e gli stati dell’Est europeo in un corridoio militare per isolare l’Europa dalla Russia e per impedire all’Europa di raggiungere il Medio Oriente. La “Grande Albania” diventerebbe il punto strategico principale nel piano americano di mettere radici sul territorio europeo.

Nella sua intervista Chomsky “ha dimenticato” di menzionare il fatto che la ragione fondamentale per il bombardamento della Yugoslavia fu il rifiuto di Milosevic di firmare il documento a Rambouillet, nel quale gli Americani chiedevano il dispiegamento in Yugoslavia di più di 30.000 soldati NATO. Di fatto, essi chiesero a Milosevic di sottoscrivere l’occupazione del suo paese.

Rispondendo alla domanda: “Perché gli Usa cominciarono quella guerra?”, Chomsky fa riferimento al libro di John Norris che dichiara: “la vera causa della guerra non ha niente a che vedere con gli Albanesi del Kosovo, la vera causa fu che la Serbia non effettuava le riforme sociali e di mercato richieste, che significava che era l’unico angolo d’Europa che rifiutava di accettare i programmi neo-liberisti dettati dagli Stati Uniti e questo doveva essere fermato”.

Nella stessa intervista Chomsky dice che Milosevic “avrebbe dovuto essere rovesciato, e probabilmente lo sarebbe stato, nei primi anni ’90, con i voti albanesi.” Chomsky vede nei gruppi politici che in Serbia hanno fatto da “cavallo di Troia” per gli Stati Uniti e che hanno ricevuto centinaia di migliaia di dollari dagli Usa per rovesciare Milosevic, e nei separatisti albanesi, le forze che avrebbero rovesciato Milosevic.

Come si può combattere la politica criminale degli Stati Uniti nei Balcani, e, allo tesso tempo, sostenere le forze politiche che portano avanti gli interessi americani nei Balcani?

Qual’è l’opinione di Chomsky su Milosevic? Chomsky pensa che Milosevic “ha commesso molti crimini”, “che non è una persona buona”, “che è una persona terribile, ma che le accuse contro di lui non avrebbero mai potuto essere dimostrate”. Alla domanda “Sei un simpatizzante di Milosevic?” Chomsky risponde: “No, egli era terribile…certamente non avrei mai cenato con lui o parlato con lui. Si meritava di essere condannato per i suoi crimini, ma il suo processo non è stato eseguito in modo equo. Esso era una farsa ed ora sono contenti che sia morto”.

Per quali crimini avrebbe dovuto essere stato processato Milosevic e perché avrebbe dovuto essere rovesciato all’inizio degli anni novanta?

L’uomo che introdusse il sistema multi-partitico e che portò avanti una Costituzione secondo la quale il cittadino e non la nazione sono la base per la formazione politica della società, cosa che fu fortemente combattuta dalle forze che Chomsky sostiene.

Chomsky non da’ una risposta concreta alla domanda ricorrente.

Fondamentalmente, Chomsky non ha una visione politica dei Balcani che possa dare a questi paesi la possibilità di preservare la loro indipendenza, senza la quale la storia delle “libertà democratiche” è solo una farsa. Questa è la ragione per cui Chomsky ha teorizzato un’opposizione “democratica” che avrebbe dovuto rovesciare Milosevic, qualcosa che non è mai realmente esistita.

Madeleine Albright ha detto molte volte che la Yugoslavia è stata bombardata con lo scopo di portare al potere coloro che avrebbero sostenuto la politica Americana nei Balcani. Questa è la vera opposizione che cercò di rovesciare Milosevic e che andò al potere il 5 Ottobre del 2000 e che trasformò la Serbia e il Montenegro in una colonia Americana.

Nella “democrazia” che l’occidente ha imposto alla Serbia con l’aggressione militare, più del 50% della popolazione abile al lavoro è disoccupata; più del 65% dei giovani sotto i 30 anni è senza lavoro; il salario medio è al di sotto dei 300 euro al mese; circa l’80% delle persone impiegate nel settore privato non hanno tutele sociali, solo a Belgrado ci sono più di 80.000 tossicodipendenti; oggi gli studenti pagano tasse dieci volte più alte rispetto ai tempi di Milosevic; nel processo di forzata privatizzazione quasi tutte le più importanti fabbriche, miniere, risorse idriche e altre proprietà pubbliche sono state vendute per pochi soldi alle compagnie occidentali o alle mafie locali; il prodotto interno lordo è sceso al di sotto dei livelli raggiunti anche nei momenti delle più severe sanzioni economiche ed embarghi; non vi è mai stato un numero così alto come oggi di giovani che emigrano fuori del paese; le testate giornalistiche e televisive critiche verso l’Occidente sono state chiuse, ogni giorno le persone che non si adeguano alle politiche dominanti stanno perdendo il loro lavoro, ogni giorno le banche vengono rapinate, i lavoratori delle poste uccisi, la gente muore nelle lotte di mafia…

La Serbia è diventata una società “democratica”, secondo gli standard occidentali.

Che a Chomsky piaccia o meno, Slobodan Milosevic era ed è ancora un simbolo della lotta per la libertà del popolo Serbo. Non è un caso che alla sua cerimonia funebre a Belgrado e a Pozarevac fossero presenti molte più persone di quante si trovarono il 5 ottobre del 2000.

Uno degli slogan era “Il Kosovo è La Serbia!”. Questa è la realtà sulla quale dobbiamo insistere se vogliamo la pace nei Balcani. 

Traduzione dall’inglese per resistenze.org a cura del Forum Belgrado Italia

 

 

                                                  

 

La crisi Ucraina – Il vaso di pandora e’ aperto

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“La verità è totalità”. E’ il concetto di Hegel sul quale si basa la sua dialettica. Questo atteggiamento offre la possibilità di comprendere la natura della crisi in Ucraina in modo giusto.

In sostanza, la crisi in Ucraina è uno degli aspetti con cui si presenta la crisi esistenziale del mondo contemporaneo basato sul Nuovo ordine mondiale americano. La natura di questo ordinamento condiziona il rapporto dell’Occidente nei confronti della Russia e, in tale contesto, il rapporto dell’Occidente nei confronti dell’Ucraina e dei cittadini ucraini. I

E’ stata l’America a provocare la crisi nell’Ucraina per poter poi imporre un modo di “risolverla” che le darà la possibilità di realizzare i suoi interessi strategici nei confronti della Russia e dell’Europa. Il vero scopo della “soluzione” della crisi nell’Ucraina da parte dell’America è di provocare una crisi sul continente europeo per indebolire sia la Russia che gli stati guida d’Europa, da cui la posizione americana verrebbe rinforzata militarmente ed economicamente. Creare un corridoio militare intorno alla Russia ed isolarla dall’Europa e, contemporaneamente, integrare l’Europa nel sistema economico americano sono due punti strategici che direttamente condizionano il modo in cui l’America cerca di “risolvere” la crisi nell’Ucraina. Mentre la Russia si adopera per una Ucraina come ponte di cooperazione tra l’Europa e la stessa Russia, l’America si sforza di fare dell’Ucraina un muro insormontabile tra la Russia e l’Europa.

Quanto ai rapporti economici, non è in questione in quale proporzione è lo scambio economico tra la Russia e l’Europa oggi, ma si tratta di eccezionali possibilità per lo sviluppo della collaborazione tra la Russia e l’Europa. L’America è sulla strada di un collasso economico. L’integrazione dell’Europa nel meccanismo economico degli USA avrebbe rigenerato le potenzialità economiche americane e, al tempo stesso, avrebbe minacciato l’espansione economica russa che si basa, in buona parte, sulla cooperazione economica e scientifica con l’Europa.

Analizzando i passi americani nella politica estera mondiale negli ultimi venti anni, si può concludere che l’America con i suoi “interventi umanitari” non tende a dominare altri paesi e popoli, ma ad annientarli. La prassi distruttiva americana è condizionata dal fatto che l’America non è più in grado di governare il mondo. Essa non è più la potenza più grande del mondo e tra poco non sarà nemmeno la più grande potenza militare. La Russia, la Cina, l’India, il Brasile, la Bielorussia, l’Iran, l’America del Sud, il Venezuela, Cuba… questi sono i paesi che si oppongono all’imperialismo americano con sempre maggior efficacia. L’America si comporta oggi allo stesso modo come fece la Germania nazista dopo la sconfitta presso Stalingrado e Kursk quando Hitler capì che la sua soldatesca non poteva vincere l’Armata Rossa e distruggere l’URSS. I tedeschi hanno applicato il sistema della “terra bruciata”. Capeggiati dal generale più devoto a Hitler, Walter Model, i tedeschi hanno distrutto in URSS 70.000 villaggi, 1.720 città, 2.766 chiese e monasteri, 4.000 biblioteche e 427 musei, 32.000 fabbriche e hanno ucciso 27 milioni di persone. Quello che i nazisti e la soldatesca della Germania hanno commesso in URSS, l’ha fatto in modo uguale la Nato con i suoi mercenari nella Serbia, nella Bosnia, nell’Irak, nell’Afghanistan, nella Libia, nella Siria…

Ciò che costringe l’America ad annientare tutto intorno a sè è la crisi esistenziale sempre più grande che minaccia la realtà degli USA. Il fatto che l’America abbia perso la posizione di leader nel mondo si riflette inevitabilmente sulla stabilità e prospettiva del capitale americano. Allo stesso modo come il regime di Hitler potè avere l’appoggio dei tedeschi mediante la conquista dello “spazio vitale” (Lebensraum), così il regime americano può avere l’appoggio degli americani soltanto finchè assicura loro lo standard consumistico mediante la depredazione di tutto il mondo. Il Nuovo ordine mondiale americano è un’enorme piovra i cui tentàcoli assorbono la forza vitale dell’umanità e della natura. Quando essi saranno tagliati, l’America affronterà una crisi economica e sociale generale tale da portare al suo crollo. I governanti americani ne sono ben coscienti. Contemporaneamente all’indebolimento della posizione americana nel mondo, il regime americano, sotto la parvenza della “lotta contro il terrorismo”, abolisce i diritti civili fondamentali in America e crea uno stato poliziesco. Negli USA ci sono più di 3200 servizi segreti con oltre 850.000 agenti. E’ stato creato un esercito particolare di centinaia di migliaia di unità speciali che hanno armamenti più sofisticati e sono pronti a sterminare milioni di cittadini americani. Campi di concentramento FEMA (Federal Emergency Management Agency) spuntano dappertutto negli USA.

La vera natura della “democrazia” occidentale si vede a partire da quali gruppi politici l’Occidente usa per realizzare i propri interessi. Nell’Ucraina questi sono i banderisti * (*banderisti – seguaci di ideologia di Stepan Bandera, capo ucraino e collaboratore di Hitler (NdT)) che non solo non nascondono la loro ideologia fascista, ma ne vano fieri. Con la strumentalizzazione di tali gruppi, l’Occidente fa vedere quale forma di „democrazia“ vuole instaurare nell’Ucraina. I crimini mostruosi dei nazisti del „Maidan“ ad Odessa ed in altre parti dell’Ucraina e l’appoggio di cui godono da parte dell’Occidente indicano che non vi è una differenza sostanziale tra l’avanzata verso est (Drang nach Osten) di Hitler e quella contemporanea. L’annientamento degli slavi, vale a dire innanzitutto del popolo russo, e la conquista del loro spazio vitale rappresentano lo scopo primario non celato dell’Occidente. Di qui, la lealtà verso l’America viene dimostrata sotto l’aspetto di un atteggiamento nemico nei confronti della Russia. I popoli che rifiutano di andare contro la Russia ottengono lo status di traditori e sono da annientare. La Serbia sotto la guida del presidente Slobodan Milošević ha rifiutato di diventare nemica della Russia e per questo motivo è stata distrutta con le sanzioni e i bombardamenti senza pietà; il presidente Milošević è stato rapito per mano di traditori serbi (mercenari americani) – e più tardi ucciso nella prigione dell’Aia.

Per quanto riguarda l’“aiuto“ americano agli albanesi nel Kosovo, gli americani li hanno „salvati“ dai serbi gettando nella regione 30.000 proiettili all’uranio – il che corrisponde ad oltre 450 bombe atomiche lanciate dagli americani su Hiroshima e Nagasaki. Migliaia di albanesi e i loro figli (come anche serbi e bambini serbi) sono morti di leucemia ed altre malattie provocate dai bombardamenti americani. Anche altre regioni nella Serbia sono contaminate dall’uranio e disseminate di bombe a frammentazione. Ma nemmeno questa volta i russi hanno tradito la Serbia: gli americani hanno bombardato e i russi rimuovono le bombe e salvano le vite dei cittadini serbi.

Cosa può aspettarsi la Russia dall’Unione europea? La sfera politica dominante europea identifica l’Europa con l’Unione europea nello stesso modo come gli ideologi nazisti hanno identificato il Nuovo ordine europeo con l’Europa. Proprio quelli che si impegnano per una Europa come unione di popoli con parità di diritti e insistono sulla sua eredità emancipatrice – sono gli avversari più accaniti dell’Unione europea che è infatti uno strumento delle corporazioni europee più potenti per l’annientamento dell’eredità emancipatrice dei popoli d’Europa. L’Unione europea viene costituita sull’illusione che fare parte di essa garantisca a tutti i popoli d’Europa „la prosperità ed una vita migliore“. Non si deve dimenticare che lo scopo principale della proclamazione nazista del Nuovo ordine europeo è stato: „tutti i popoli d’Europa saranno felici“. L’Unione europea è un ordinamento inumano e distruttivo basato sui principi del capitalismo monopolistico: „Distruggi la concorrenza“ e „I soldi non puzzano“; la sua sfera politica non offre la possibilità dell’espressione della volontà dei cittadini, ma è una forma del dominio del capitale sui popoli; tutta la sfera istituzionale, normativa e propagandistica di questo ordinamento è indirizzata all’annientamento dell’autocoscienza emancipatrice e culturale delle persone ed alla loro integrazione nell’orbita capitalistica al livello di „masse“ lavorativo-consumistiche idiotizzate.

L’Unione europea non è una „comunità democratica dei popoli“, bensì una forma di integrazione di raggruppamenti multinazionali europei in lotta con quelli americani che usano lo stato americano per realizzare i propri interessi sul piano globale. Essa non si basa sulle tradizioni (culturali) emancipatrici dei popoli europei, ma sulle tradizioni imperialistiche del capitale europeo. L’Unione europea non è un obiettivo umanistico, ma è un mezzo dei gruppi capitalistici più potenti per l’effettuazione, mediante „misure“ economiche e politiche, degli stessi obiettivi che Hitler con le armi ha cercato di realizzare per il capitale tedesco. Essa è una fase transitoria nello sviluppo d’Europa che porta ad un nuovo ordinamento fascista (ecocida). Proprio questa forzata e capitalisticamente instaurata integrazione dei popoli d’Europa porta all’emergere dei movimenti politici più reazionari come risposta alla mancanza di diritti elementari umani e civili. Questo è il preludio a un regolamento di conti sempre più drammatico che si svilupperà sulla base della logica dominante imposta dal capitalismo monopolistico e sulla base dell’ambiente naturale sempre più contaminato e sul deperimento biologico dei popoli europei. Il terrorismo capitalistico ecocida produce inevitabilmente il nazionalismo che non si basa più sulla lotta per un posto di lavoro o per lo standard consumistico, bensì sulla lotta per la sopravvivenza. „Unificando l’Europa“, invece di svilupparsi nei cittadini quell’ottimismo e quella tolleranza che corrisponderebbero agli „ideali umanistici“ sui quali i politici giurano continuamente, crescono la paura del futuro e l’intoleranza. Discorsi „umanistici“ non possono celare i fenomeni della criminalità in crescita, disoccupazione, disfacimento del „welfare state“ e protezione civile, distruzione dell’ambiente vitale, consumo di droga, violenza, suicidi, fanatismo, estremismo, l’aumento di sette satanistiche e del fascismo, lo sfascio della famiglia, bambini senza genitori in numero crescente, i traffici di adulti e bambini a scopi di vessazione e la loro uccisione per il commercio di organi (solo in Inghilterra ogni anno „scompaiono“ oltre 40milla minorenni), la proliferazione dell’AIDS per decimare i poveri, la solitudine di proporzioni epidemiche…

L’Unione europea produce un razzismo simile a quello degli USA. I popoli dell’Europa dell’Est e dei Balcani ottengono lo status di „popoli senza cultura“ ossia di „razza inferiore“. Le lingue dei Gastarbeiter non vengono concepite come eredità culturale europea, ma diventano il motivo di discriminazione. E’ un fenomeno largamente esteso che i lavoratori stranieri impediscono ai figli di imparare la madrelingua per non far scoprire la loro origine e, di conseguenza , non essere esposti all’umiliazione. Considerando che soltanto una piccola percentuale di figli degli stranieri arriva ad ottenere l’educazione della scuola superiore e quella universitaria, è chiaro che privare i bambini della madrelingua significa l’annichilazione del loro essere culturale, il che li porta ad essere ridotti a mano d’opera „sporca“ che è „predestinata“ ai lavori più pesanti e pericolosi. Nell’Unione europea è delineata molto visibilmente una piramide razzista basata sul potere economico, politico e militare: in cima si trovano la Germania, la Francia e l’Inghilterra, seguite dall’Italia, dalla Spagna, dall’Olanda, dal Belgio… I popoli dei Balcani stanno in fondo della piramide. Per loro, nell’Europa unita è riservato quel posto che hanno gli afroamericani negli USA. Sulla „strada per l’Europa“ i popoli dei Balcani devono rinunziare all’autocoscienza (culturale) storica e alla dignità nella libertà, e diventare manodopera „sporca“. I Balcani sono destinati a trasformarsi in un pozzo nero. Ai popoli balcanici viene richiesto di rinunziare ai loro miti di emancipazione che sono il fondamento della loro autocoscienza di libertà storica, mentre si pretende, simultaneamente, che accettino il mito dell’Europa come „comunità di popoli liberi“: i miti della liberazione vengono sostituiti dai miti della colonizzazione. L’“Unione Europea“ secondo il modello americano, ovvero sulla base dell’interesse di raggruppamenti multinazionali e della loro tendenza a dominare, porta all’annullamento dell’eredità culturale dei popoli europei e del loro diritto a decidere politicamente in modo sovrano. Negli USA vive lo scarto di popoli europei ed altri che sono degenerati dal „modo di vita americano“ e dalla „cultura della coca cola“. In Europa, i popoli legano la loro identità nazionale, civile e culturale alla terra che è l’autenticità della loro esistenza storica e per la cui libertà hanno lottato i loro antenati. Essa è la loro terra natale in senso vitale e spirituale e la base della loro autocoscienza .

L’identità europea non si può creare sulla base di principi formali (come la Costituzione), bensì sulla tradizione emancipatrice e l’eredità culturale dei popoli europei. Gli europei devono opporsi in modo saggio e combattivo ai processi di distruzione di vita ed eredità culturale dei popoli e devono trasformare, mediante la lotta politica, le possibilità oggettive accumulate per creare un mondo nuovo, basato sulla libertà intellettuale, in possibilità reali di liberazione. L’Europa (il mondo) devono diventare un giardino dove crescono i fiori delle culture europee (e mondiali). Si tratta della realizzazione delle idee guida della Rivoluzione francese borghese che non sono soltanto umanistiche, ma sono diventate un principio esistenziale elementare. Soltanto sulla base della lotta per un mondo nuovo, l’eredità emancipatrice dei popoli europei e degli altri che vivono in Europa può realizzarsi. L’Europa supererà la crisi sociale sempre più profonda creando un mondo nuovo – oppure fallirà. Accettare il „modello di vita americano“ per i popoli europei significa un vero suicidio.

Il macchinario propagandistico dominante dell’Occidente ha creato il mito che l’Europa e l’America sono „amici“. Intercettazioni e spionaggio di cittadini europei da parte dell’America sono diventati di tali proporzioni che pochi possono nutrire illusioni sull’amicizia americana nei confronti dell’Europa. Considerando che l’America vuole sfruttare l’Europa come poligono per un attacco nucleare contro la Russia, è evidente che il nemico mortale europeo è l’America. La crescente popolarità del presidente Putin in Europa si basa, innanzitutto, sul fatto che gli europei in numero sempre maggiore comprendono che l’Europa non può liberarsi dalla tirannia americana se non si appoggia alla Russia. Perciò non è da meravigliarsi che la maggior parte dei tedeschi sostengono la politica di Putin riguardo all’Ucraina.

La guerra tra l’Occidente e la Russia nello spazio ucraino non è solo di natura militare ed economica. Questa è, nello stesso tempo, una guerra tra due concezioni del mondo, tra due concezioni della natura, dell’umanità, dei rapporti sociali, del futuro… La politica americana interna e quella estera si basano sugli interessi delle più grandi corporazioni capitalistiche. Queste cercano di abolire istituzioni che limitano la loro espansione e di instaurare un ordinamento internazionale basato sul principio del capitalismo monopolistico: „Il pesce grande inghiotta il pesce piccolo!“ e „Distruggi la concorrenza!“ Si tratta infatti del mondialismo che sottintende la distruzione delle nazioni e la loro transformazione in una massa lavorativa-consumistica, come anche la trasformazione del loro spazio vitale e storico in oggetto di sfruttamento e di devastazione ecologica. Le corporazioni capitalistiche più potenti annichiliscono stati nazionali per eliminare le forze in grado di limitare il loro potere. In questo contesto viene imposta la regionalizzazione quale espressione della aspirazione a smembrare stati esistenti e creare protettorati che non saranno in grado di opporsi alla dominazione totalitaria delle corporazioni capitalistiche più potenti. La regionalizzazione diventa una feudalizzazione degli stati esistenti. Con lo sviluppo della democrazia, la possibilità dell’influenza sulla politica dominante da parte dei cittadini non cresce, bensì accade l’opposto: il cerchio sempre più ristretto dei capitalisti ha possibilità sempre più grandi di instaurare un dominio ineffabile – con mezzi economici, politici, scientifici, tecnici, mass-mediatici, farmaceutici, militari ed altri – sulle persone ridotte ad astratti „cittadini del mondo“ e di diventare il padrone della vita e della morte. Alle persone non resta altro che combattere disperatamente, a livello regionale e locale, le conseguenze della prassi criminale delle corporazioni capitalistiche più potenti. Comunque, non sono solo le corporazioni capitalistiche, ma anche la vita stessa, ad essere condizionata dal modo capitalistico di produzione che è diventata forza totalitaria che distrugge le culture nazionali e le specificità individuali delle persone trasformandole nella „massa“ lavorativa-consumistica idiotizzata, e fa del mondo un campo di concentramento capitalistico. Anche i popoli che non sono sotto il dominio diretto dell’Occidente, ma hanno accettato il modo consumistico di vita, stanno perdendo l’identità culturale e affogano nella „cultura coca cola“, il fenomeno più autentico dell’idiotismo mondialistico.

Non è un caso la reazione forte da parte di politici anti-russi d’Occidente contro l’impegno di Putin di salvare l’eredità umanistica del cristianesimo ortodosso come uno dei più importanti punti d’appoggio della società russa. Si tratta, infatti, della premura ad evitare l’esiziale influenza della civiltà consumistica e tecnica sullo sviluppo sociale e far sì che i valori tradizionali, che nei momenti più difficili del passato univano il popolo russo, possano avere di nuovo un significato importante. Contemporaneamente, la lotta per l’esistenza nazionale e per l’emancipazione è una lotta per preservare l’eredità emancipatrice della società civile e delle culture nazionali, dell’eredità spirituale dell’antichità, del rinascimento, dell’illuminismo, della Rivoluzione francese, della filosofia classica tedesca e di Marx, del movimento filantropico, della lotta operaia per una società giusta, della Rivoluzione d’Ottobre, della lotta anticoloniale ed antifascista, come pure della lotta di emancipazione di donne…

Perchè la legge russa che impedisce la propaganda omosessuale tra i giovani ha suscitato forti critiche in Occidente? Il capitalismo contemporaneo distrugge l’umanità tradizionale e così anche la famiglia e i sessi. I regimi dominanti nell’Occidente non sono in grado di evitare il deperimento biologico dei popoli europei. Cresce la paura della sparizione. Nella Russia sono ben consapevoli che la lotta per tutelare la famiglia e con ciò la riproduzione biologica della società rappresenta la pietra fondamentale per l’esistenza della popolazione. Invece dei „diritti degli omosessuali“, in Russia la preferenza è data al diritto del bambino ad avere genitori ed un’infanzia felice. La lotta per tutelare la famiglia e l’esistenza biologica delle popolazioni trova un appoggio sempre più grande presso le persone tradizionaliste in Occidente.

La Russia quale grande potenza militare è il maggior ostacolo per l’Occidente a realizzare i suoi progetti di annientamento dei miliardi di persone in „surplus“ sulla Terra. La distruzione sempre più intensiva delle risorse naturali nell’Occidente porta alla radicalizzazione della politica di genocidio: l’annientamento di un numero sempre più grande di persone diventa condizione elementare per l’esistenza di persone in numero sempre minore. In questo contesto è stata ideata la teoria del „miliardo d’oro“ che rappresenta il punto strategico della prassi politica, militare ed economica dell’America nel mondo. La smania capitalistica ecocida provoca una paura dell’esistenza sempre maggiore e su questa base crea le condizioni per radicalizzare le decisioni e azioni politiche. L’uso di bombe atomiche e al neutrone, l’uso di virus artificiali e di altri mezzi micidiali sta diventando uno strumento legittimo per la „difesa“. In quasi tutte le relazioni degli „esperti“ dell’emisfero occidentale la „sovrappopolazione del Pianeta è il pericolo più grande per l’esistenza dell’umanità“. La paura per l’esistenza viene indirizzata contro i popoli con una natalità „troppo alta“ che in questo modo espongono a rischio la sopravvivenza di tutti. La conclusione viene da se: è necessario annientare i miliardi in „eccesso“ per poter salvare l’umanità. Coloro che distruggono spietatamente la natura e decimano popolazioni diventano „salvatori del genere umano“. L’Occidente ha un’esperienza molto ricca nell’annientamento di popoli: lo sterminio degli indios dell’America settentrionale da parte dei capitalisti americani, l’uccisione di cinesi e di indigeni australiani da parte dell’Imperialismo britannico – indica la „tradizione“ occidentale nel confrontarsi con l’umanità in „surplus“. Simultaneamente, il globalismo fondato sul Nuovo ordine mondiale americano condiziona la creazione di una plutocratia genocida nazionale il cui compito è di sterminare, con misure economiche ed altre, la „popolazione in eccesso“ sul proprio territorio. Lo sviluppo ulteriore del capitalismo sarà pagato con la morte di miliardi di persone innocenti, con l’estinzione di tante specie di animali, con conseguenze per tutto il mondo vivente… In fondo, tutto questo serve per la comodità di qualche milione di ricconi mentalmente degenerati che potrebbero così godersi la loro ricchezza materiale, frutto di sangue e ceneri, mentre la loro esistenza è assicurata mediante la tirannia poliziesca, quella mafiosa e militare e mediante l’illusione creata dall’industria del divertimento. I fanatici del capitalismo sono i peggior terroristi: loro annichiliscono la vita sulla Terra.

Considerando l’intensità con la quale viene distrutto l’ambiente naturale, non c’è da meravigliarsi che nell’Occidente sempre più persone vedono nello spazio naturale russo la base dell’esistenza dell’umanità. Lo spazio euro-asiatico contienne il 75% delle ricchezze naturali mondiali. La Siberia è un tesoro dell’umanità e il popolo russo con una politica intelligente lo salverà per generazioni future. Di importanza primaria è anche il fatto che la Russia è diventata il cardine della lotta contro la „Monsanto“ e altre corporazioni che cercano di distruggere le sementi organiche e il modo tradizionale della produzione di cibo sano. Avendo presente l’influenza di queste corporazioni sui regimi dominanti, non c’è da stupirsi se le autorità americane vedono nella Russia un nemico mortale.

Il fatto che la Russia sia diventata di nuovo una grande potenza in grado di influire sulle sorti del mondo è la cosa più importante che sia successa nella storia contemporanea. Così come la vittoria dell’Armata Rossa presso Stalingrado e la sua marcia senza sosta contro il fascismo ha mosso molti popoli a lottare contro il colonialismo e l’imperialismo, così pure la ripresa della Russia infonde la speranza che il fascismo contemporaneo, nella forma del Nuovo ordine mondiale, sarà distrutto, il che offrirà la possibilità per un’integrazione dei popoli liberi europei ed asiatici dall’Atlantico fino a Vladivostok.

Traduzione: Mirjana Jovanović Pisani

Supervisore: Andrea Martocchia

 

La natura della critica del capitalismo di Marx

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La critica del capitalismo di Marx è una delle forme concrete storiche della critica del capitalismo. Essa è una condizione necessaria, ma non sufficiente per lo sviluppo della critica contemporanea del capitalismo. La crisi ecologica e sociale sempre più drammatica, creata dal capitalismo, impone la necessità di un nuovo pensiero rivoluzionario basato non soltanto sull’umanesimo essenziale, ma innanzitutto su quello esistenziale. Si tratta, infatti, della creazione di una  coscienza contemporanea della classe del proletariato, dove si mettono in questione anche quelle idee di Marx sulle quali si fonda la sua concezione della rivoluzione socialista e del futuro, che sono considerate l’inviolabile punto di partenza  della critica del capitalismo della sinistra.

Il pensiero di Marx “ricopre” la totalità della vita dell’uomo quale essere sociale e storico ed offre la possibilità di cercare risposte a numerose domande cruciali poste dall’essere umano contemporaneo. Esso non contiene il punto più importante: l’analisi dello sviluppo del capitalismo come ordinamento distruttivo e, in questo contesto, la considerazione di un futuro possibile dell’umanità. La questione non è “se Marx sapeva” oppure “se poteva sapere” che il capitalismo è un ordinamento distruttivo (poiché a suo tempo la distruzione capitalistica della natura e dell’essere umano non aveva proporzioni drammatiche come lo è oggigiorno), ma che la sua critica del capitalismo trascura la sua essenza – il che mette in dubbio la sua esattezza, la dottrina politica basata su di essa e l’idea del futuro che ne consegue. Il pensiero di Marx ha portato la critica del capitalismo dalla sfera esistenziale (Fourier) in quella essenziale ed in questo modo ha contribuito alla mutilazione della (auto)coscienza di classe di lavoratori  come anche alla mutilazione della critica del capitalismo e, quindi, alla mutilazione della lotta politica contro il capitalismo. Nella sua critica Marx ha trascurato il punto più importante: la lotta contro il capitalismo non è soltanto la lotta per la libertà dell’essere umano ma è, allo stesso tempo, la lotta per l’esistenza dell’umanità.

Riguardo all’affermazione che il pensiero di Marx indica la natura distruttiva del capitalismo, sorge la questione:  perché Marx nel suo scritto più importante Il manifesto del partito comunista, come pure in altri testi nei quali invita lavoratori alla lotta contro il capitalismo, non indica la natura distruttiva del capitalismo e non invita lavoratori alla lotta per prevenire la distruzione della vita sulla Terra? Se Marx fosse arrivato alla conclusione che il capitalismo è un ordinamento distruttivo della vita, non dovrebbe essere logico che l’invito alla lotta per preservare la vita sarebbe stato, se non il contenuto più importante (che per sua natura dovrebbe esserlo), ma certamente uno dei più importanti del suo programma rivoluzionario? In tal caso, l’essere storico (sociale) della classe operaia non sarebbe stato  altrettanto condizionato dalla natura ecocida del capitalismo e non avrebbe la trasformazione di operai dalla classe in se nella classe per se implicato lo sviluppo di una coscienza emancipata ecologica? Non avrebbe, dunque, l’operaio quale essere di classe ed umano avuto il “compito” non solo di fare i conti con la società di classe e liberare l’umanità dall’oppressione, ma altrettanto di prevenire la sua distruzione?

La vera natura della critica del capitalismo di Marx può essere vista dagli scritti dei suoi seguaci, rimasti fedelissimi al suo pensiero. La distruzione capitalistica della vita e dell’uomo quale essere biologico ed umano non è stato, fino ai giorni nostri, il soggetto di un’analisi seria di teoretici marxisti. Nemmeno i teoretici marxisti più radicali del capitalismo hanno dato un’importanza particolare alla verità che il capitalismo nella sua essenza è un ordinamento distruttivo. Se Marx a suo tempo non ha messo in rilievo le tendenze distruttive dello sviluppo del capitalismo, perché non lo hanno fatto i suoi seguaci quando è diventato evidente che il capitalismo distrugge la natura e l’essere umano? La risposta è semplice: loro non sviluppavano la critica del capitalismo partendo dalle tendenze del suo sviluppo, ma piuttosto si occupavano dell’interpretazione della critica di Marx insistendo ostinatamente sulle nozioni già superate dal capitalismo. Gli scritti di Marx sono diventati una Bibbia peculiare dalla quale si estraggono “verità” nella forma di “giuste” citazioni la cui veridicità viene provata mediante una ciarlataneria verbale tautologica. Essi non contengono la più importante verità: il capitalismo distrugge la natura come un tutto vivificante e l’ uomo quale essere biologico ed umano e, quindi, distrugge la possibilità stessa del futuro, che vuol dire non solo la possibilità della trasformazione del mondo in un mondo umano, bensì la possibilità della sua esistenza. Il lato peggiore è che “difendere” Marx diventa una lotta contro il tentativo di voler indicare la vera natura del capitalismo e tutta la drammaticità della crisi esistenziale creata dal “progresso” capitalistico e, dunque, la lotta col pensiero critico e conflitto politico  basata sulla verità che  il capitalismo è un ordinamento totalitario distruttivo.

Considerando che per  Marx l’unica vera scienza è la storia e che l’idea della storicità della società umana è la pietra fondamentale della sua idea rivoluzionaria, diventa più ovvio perché il capitalismo non può essere un ordinamento distruttivo. Secondo Marx, il capitalismo è un ordinamento storico. Ciò fa la sua essenza concreta ed è la base della sua persistenza. Il capitalismo è un ordinamento storico in due modi: come risultato e come condizione dello sviluppo storico di società. In ambo i casi esso è una inevitabilità storica. In altre parole, il capitalismo secondo la sua essenza storica non può essere un ordinamento con il quale finisce la storia, soprattutto non un ordinamento che annulla la storia. La storia ha le sue salite e discese, ma nessuna forza è in grado di fermare per sempre la ruota dello sviluppo storico. La teoria della storia di Marx ha una forma metaforica e un carattere antropologico. Parlando della  storia, Marx parla in realtà di essere umano e della sua indistruttibile necessità di libertà  e della sua capacità di creare, mediante lo sviluppo delle sue creatività universali e con la lotta contro l’ingiustizia, un mondo umano. Periodi storici nello sviluppo d’umanità sono dei scalini per i quali  l’essere umano sale e dai quali cade per raggiungere, nonostante tutti gli ostacoli e le cadute, quelle elevatezze che aprono l’orizzonte ad una libertà incondizionata. La libertà è lo “spirito” che dà il senso alla vita umana e come tale è il tessuto connettivo della storia. La concezione di Marx di storicità della società è basata su un ottimismo libertario: il comunismo è una necessità perché la libertà dell’ essere umano è una necessità. L’ottimismo libertario presuppone l’ottimismo esistenziale basato sullo sviluppo di forze produttive mediante le quali l’essere umano si rende  indipendente dagli elementi naturali e sviluppa le proprie forze creative. Poiché la libertà è il punto essenziale della concezione di Marx della storicità della società e la condizione inviolabile del futuro, la concezione della storia di Marx si basa, naturalmente, su apriorismo esistenziale.

Sul piano metodologico, il pensiero di Marx offre la possibilità per lo sviluppo della critica contemporanea del capitalismo. Partendo dal più importante postulato metodologico di Marx che “l’anatomia dell’ essere umano è la chiave per capire l’anatomia di una scimmia”, è necessario sviluppare una tale critica del capitalismo che prende in considerazione il capitalismo monopolistico nella sua ultima (“consumistica”) fase di evoluzione nella quale si sono sviluppate totalmente le contraddizioni del capitalismo come un ordinamento distruttivo che sempre più drammaticamente minaccia l’esistenza dell’umanità. Le forme più sviluppate della critica del capitalismo, le quali corrispondono alla fase più alta del suo sviluppo, rappresentano  il punto di partenza per capire le forme precedenti della critica del capitalismo: alla luce delle forme più sviluppate della critica, le forme precedenti acquistano una legittimità storica concreta. I postulati più importanti di Marx ottengono riconoscimento storico concreto ed un valore politico (variato) soltanto nel contesto di una critica sviluppata del capitalismo come ordinamento che mette in pericolo l’esistenza dell’essere umano e della vita sul Pianeta. Senza ciò, questi vengono ridotti ad una retorica umanistica astratta che allontana la mente critica-variata dalle questioni esistenziali fondamentali. Nel mondo contemporaneo, la critica  di Marx al capitalismo quale ordinamento di sfruttamento non ha perso il suo significato. Tuttavia, essa acquista un concreto senso storico nel contesto nel diventare del capitalismo un ordinamento totalitario distruttivo. La lotta contro il capitalismo non è soltanto una questione libertaria ed economica dei lavoratori, ma è piuttosto diventata la questione  basilare esistenziale di umanità.

Malgrado l’uso di metodi scientifici e dei risultati scientifici ottenuti, il pensiero di Marx non è di natura scientifica, bensì politica. Marx non è interessato all’ “obiettivismo” scientifico e filosofico, bensì alla prassi rivoluzionaria degli oppressi. Il suo pensiero è una critica libertaria del capitalismo che tende ad  invitare i lavoratori a fare finalmente i conti con la società di classe. La sua non è soltanto una critica del capitalismo, ma è il senso della rivoluzione proletaria. La critica del capitalismo di Marx ha per obiettivo di sviluppare nel proletariato una coscienza critica-variata senza compromessi e non di indirizzare la mente verso discussioni teoretiche. Essa riconosce se stessa come una “coscienza di prassi che cambia il mondo”, cioè come uno strumento nella lotta di classe. L’essenza umana non si raggiunge mediante futili contemplazioni, ma mediante la lotta per la libertà che implica lo sviluppo creativo e libertario dell’ essere umano. La scienza e la filosofia non hanno una dimensione obiettiva, ma sono uno strumento nella lotta di classe. Questo è l’atteggiamento di Begnamin e Brecht quando si tratta d’arte, e di Bloch quando si tratta di sport e di cultura fisica. La prassi rivoluzionaria degli oppressi è la forza che deve trasformare le possibilità oggettive della libertà nelle possibilità reali della liberazione dell’essere umano.

Per Marx, la verità è un sinonimo della libertà. Essa non è di carattere relativo, ma assoluto e si basa sulla natura dell’essere umano quale essere universale creatore di libertà, e sullo sviluppo storico della società. La verità non si raggiunge mediante discussioni teoretiche, ma mediante la lotta per la libertà che comprende la realizzazione delle possibilità umane vere, e la trasformazione della società in una comunità di persone libere. La verità ha una natura storica-concreta, vale a dire che la sua essenza è determinata da possibilità concrete di ottenimento della libertà in un epoca storica concreta. Per Marx, la rivoluzione non è un principio basilare ontologico, gnoseologico ed assiologico, ma un principio fondamentale libertario. Non è la coscienza teoretica che deve essere una guida dei lavoratori nella loro lotta contro l’ordine dominante e per il futuro, bensì la loro esistenza sociale concreta, il loro stato di lavoratore salariato totalmente subordinato, l’incertezza esistenziale, l’umiliazione quotidiana… La coscienza rivoluzionaria dei lavoratori esprime il loro bisogno di libertà e di giustizia sociale. Allo stesso tempo, l’approccio scientifico nella teoria di Marx non serve soltanto ad indicare la natura inumana del capitalismo, come anche la sua temporaneità e, dunque, il suo inevitabile fallimento, ma per creare barriere al determinismo (fatalismo) natural-scientifico ed al mero volontarismo rivoluzionario che può portare alla precocità della rivoluzione socialista e, quindi, al suo fallimento (da lì il suo atteggiamento critico riguardo alla “Comune di

Parigi” ancora prima della sua formazione) che può avere conseguenze negative sullo sviluppo del movimento operaio. Anche questo “particolare” indica quale importanza Marx dà all’entusiasmo rivoluzionario dei lavoratori, ma altrettanto alla loro autocoscienza basata sulla valutazione oggettiva delle condizioni sociali (storiche) concrete per unapossibile rivoluzione. Marx era cosciente che una rivoluzione socialista sarebbe riuscita, cioè, che avrebbe aperto la strada ad una società comunista, soltanto se fosse eseguita al posto giusto (paesi capitalistici più sviluppati d’Europa) e nel momento giusto (al punto culminante di una crisi economica e, su questa base, di una crisi sociale generale).

Il pensiero di Marx offre la possibilità di stabilire la differenza del principio tra un’insurrezione di lavoratori ed una rivoluzione socialista. Un’insurrezione di lavoratori non è di per se una rivoluzione socialista; essa diventa una rivoluzione socialista soltanto se abolisce il capitalismo in modo da stabilire un ordine (socialista) che supera il capitalismo ed apre la strada per creare una società comunista. In altre parole, una rivoluzione socialista è possibile soltanto sulla base di una crisi economica, cioè sociale-generale che implica le contraddizioni capitalistiche completamente sviluppate. Soltanto sulla base di una rivoluzione socialista autentica è possibile creare una società vera, in  quanto tale da presupporre il superamento definitivo del capitalismo. Se è creata  una vera società socialista, il capitalismo non è più possibile. Il vero segnale del superamento finale del capitalismo è quando una società socialista diventa comunista.

La teoria di Marx non tratta le forme possibili dello sviluppo del capitalismo ( ed, in questo contesto, le forme possibili della lotta politica di classe sia quella borghese che quella del mondo operaio), ma riguarda la sua abolizione (il suo superamento) ed, in questo contesto, parte dal mito strumentalizzato politico dell’imminente fallimento del capitalismo. Il punto essenziale della XI Tesi su Feuerbach è di dare l’importanza primaria alla prassi variata poiché, secondo Marx, nei paesi capitalistici più sviluppati d’Europa sono già state create possibilità oggettive per i cambiamenti rivoluzionari. Non è questione soltanto della critica della filosofia borghese, ma del fatto che il mondo ragionevole sul quale insistono Kant e Hegel, non può essere il risultato della  riflessione di filosofi, ma il risultato della lotta politica di ceti sociali privati dei loro diritti. La Rivoluzione francese borghese è stata condotta dalle “masse” operaie oppresse e dalla borghesia private dei loro diritti, mentre la filosofia classica tedesca ha tratto vantaggio dalla lotta politica dei disprezzati trasformando lo spirito rivoluzionario nei postulati filosofici diventati la base di una teoria e prassi politica che è stata il presupposto per la creazione in Germania di una società borghese e di uno stato unitario – e nello stesso tempo per  prevenire una rivoluzione borghese. Le “masse” operaie “irragionevoli” sono diventate una forza motrice nel creare un mondo ragionevole. Marx parte dalle idee-guida della Rivoluzione francese borghese, ma non come mezzo per procurare legittimità “umanistica” all’ordinamento dominante, bensì come  principio basilare politico nella lotta per un mondo umano. Egli parte dagli ideali umanistici dell’epoca moderna, adoperandosi che questi saranno realizzati. La sua visione predominante del futuro non si basa sulla creazione di un’immagine idealizzata di una società futura, ma sulla critica del capitalismo e sulla fiducia nella dignità libertaria e nelle forze  creative dell’essere umano: l’ uomo come essere realizzato universale creatore di libertà è “l’immagine” del futuro.

Tacitamente, non è solo la natura del capitalismo, alla quale si arriva mediante metodi empirici ed analisi scientifiche, quella che condiziona la lotta politica contro il capitalismo, ma lo è anche la natura della lotta politica considerata di essere in grado di portare alla distruzione del capitalismo. In fondo, la natura concreta e le capacità della classe operaia come soggetto di rivoluzione condizionano l’attitudine nei confronti del capitalismo e, dunque, determinano il suo carattere. La stessa “natura del capitalismo” viene strumentalizzata a motivo di realizzare una lotta politica più efficace contro il capitalismo. La tesi di Marx che “la teoria corretta è la coscienza di una prassi che cambia il mondo” indica che il cambiamento del mondo è il criterio per valutare la correttezza della teoria. Poichè non c’è il cambiamento del mondo senza la lotta rivoluzionaria del proletariato, ne consegue che la teoria corretta può (e deve) porre, anzitutto, quelle domande che offrono la possibilità di arrivare al cambiamento, e ciò significa che possono motivare l’essere umano a combattere per un mondo nuovo come un essere concreto sociale, partendo da sfide concrete (esistenziali). La questione di esistenza del mondo vivente e dell’umanità non si è trovata all’ordine del giorno poiché era molto astratta per  l’essere umano sopraffatto dalla minaccia esistenziale immediata, vissuta quotidianamente come mano d’opera salariata totalmente subordinata, costretto ad  iniziare la lotta per cambiare la sua posizione da schiavo. Per Marx,  la questione primaria non è stata la crisi ecologica, ma quella economica ed in questo contesto la condizione esistenziale della classe operaia. E’ risultato che la crisi economica colpisce l’essere umano più immediatamente e più drammaticamente che non quella ecologica. Se la crisi ecologica creata dal capitalismo nella seconda metà del XIX secolo fosse potuta essere strumentalizzata e fosse diventata l’impulso per lavoratori nella lotta contro il capitalismo, avrebbe Marx ignorato l’avvertimento di Fourier dell’inizio del XIX secolo sulla distruzione della natura e sul cambiamento del clima e non si sarebbe “accorto” che il capitalismo di sua natura è un ordinamento distruttivo, e avrebbe Engels nell’ultima decade della sua attività creativa, quando richiamava l’attenzione sulla distruzione della natura, spostato la responsabilità dal capitalismo all’umanità usando un astratto “noi”?

Il modo stesso di porre questioni ed ottenere risposte è l’espressione del  rapporto concreto dell’essere umano nei confronti di problemi esistenziali ed essenziali (in fondo, nei confronti del mondo attuale e di quello futuro) imposti da un’epoca storica concreta. Le questioni vengono poste in un modo quando c’è la certezza esistenziale (sulla quale si basa il modo moderno di pensare) e quando il possibile annientamento del mondo ha un carattere astratto (in cinque o dieci milioni d’anni), ed in un modo completamente diverso quando l’umanità sta di fronte ad una sempre più reale possibilità di distruzione. Nella XI Tesi su Feuerbach Marx ha dato la priorità al principio creativo-variato su quello contemplativo, ma il cambiamento del mondo non appare in Marx in relazione ad una sempre più reale possibilità della sua distruzione, bensì in relazione all’ingiustizia ed alle possibilità limitate dello sviluppo di forze produttive basate su proprietà privata, come anche in relazione alle possibilità emancipatrici create nella società borghese e alle  possibilità creative dell’essere umano quale essere universale creatore di libertà. Il pensiero di Marx si basa altrettanto sulla certezza esistenziale, ma il rapporto tra teoria e prassi è posto in un contesto essenziale. Le cose acquistano un senso diverso quando la questione viene posta in un contesto esistenziale, vale a dire quando si prende in considerazione il pericolo sempre più reale che il capitalismo distruggerà l’umanità.

 

Translated from Serbian by Mirjana Jovanović

Omosessualità

O

Nel capitalismo contemporaneo si sviluppano movimenti con sempre più componenti omosessuali, i quali secondo l’ “umanesimo-naturalismo” di Marx apparterebbero ad una socialità degenerata e, di conseguenza, ad una naturalità degenerata. Non si tratta di una natura biologicamente “malata” dell’essere umano (l’uomo è un essere eterosessuale con una predisposizione organica alla omosessualità), ma dei rapporti sociali dominanti e delle corrispondenti sollecitazioni valoriali. Non è questione di un ”essere umano malato”, ma di una società malata. Quindi, non dobbiamo curare esseri umani, ma è necessario creare una “società sana” (Fromm) nella quale si sviluppino persone sane. L’omosessualità è un fenomeno sociale concreto (storico) condizionato dalla natura dell’ordinamento dominante. Questa è una delle forme in cui si manifesta un determinato sistema valoriale che regola i rapporti tra i sessi e come tale è un aspetto concreto del funzionamento sociale. L’antico Eros omosessuale ha avuto una natura sostanzialmente diversa dalla omosessualità capitalisticamente condizionata. La comunità omosessuale di oggi è una delle forme in cui si manifesta una socialità degenerata capitalisticamente. Lo sviluppo di rapporti omosessuali corrisponde allo sfacelo della famiglia in quanto comunità naturale evoluta, e della trasformazione del matrimonio in legame economico. Le comunità omosessuali ottengono una legittimità “sociale” non in relazione alla famiglia in quanto comunità naturale evoluta, bensì in relazione alla disperazione solitaria creata dal capitalismo. La comunità omosessuale è la forma estrema della famiglia capitalisticamente degenerata e lo sviluppo della pederastìa contribuisce alla soppressione della possibilità di creare la famiglia come comunità naturale evoluta. Allo stesso tempo, distruggendo l’uomo come un essere naturale ed umano il capitalismo distrugge la socialità autentica sterilizzando l’Eros ed, in questo modo, distrugge la capacità di riproduzione biologica della società. La “riproduzione sociale” è diventata un segmento della distruttiva riproduzione capitalistica la quale, come in tutti gli aspetti della vita, si basa sul principio: “I soldi non puzzano”. L’inseminazione artificiale, la vendita del materiale seminale, l’utero in affitto, la vendita di bambini – tutte queste sono forme legali e legittime di riproduzione capitalistica. Il capitalismo assorbe nella sua orbita esistenziale e valoriale le sempre più perniciose conseguenze che esso stesso produce attribuendo ad esse uno status istituzionale e trasformandole in strumenti del suo proprio sviluppo.

Avendo presente che il capitalismo distrugge l’uomo quale essere naturale ed umano, lo scopo del matrimonio è l’esistenza dell’umanità in quanto comunità evoluta e naturale. Il matrimonio è una comunità istituzionalizzata tra donna e uomo, che offre l’opportunità per una riproduzione biologica stabile della società e per educare figli. Quando il matrimonio è privo della dimensione vivificatrice, esso perde il senso primario di esistere. Allo stesso tempo, il matrimonio senza la dimensione vivificatrice diventa un involucro dove è possibile inserire i più diversi contenuti. Se si parte dal principio omosessuale come base per stabilire la comunità matrimoniale, perchè non dovrebbe essere permesso il matrimonio tra fratelli, tra sorelle, tra madre e figlia, padre e figlio, nonna e sua nipote, nonno e suo nipote…? L’importanza dei legami familiari sta innanzitutto nella prospettiva della esistenza biologica, vale a dire che si basa sul fatto che l’incesto comporta la degenerazione fisica e mentale della discendenza. Nei rapporti omosessuali, che non hanno carattere prolifico, questo problema non esiste. Nel divenire dell’omosessualità un principio-base del matrimonio, vengono cancellati tutti i limiti e con ciò ogni intendimento tradizionale dei legami familiari basati sul rapporto eterosessuale. Inoltre, viene abolita la dimensione storica dell’essere umano e, in questo contesto, la visione umanistica ed esistenziale del futuro dell’umanità. Non soltanto quale aspetto avrà, ma come sarà possibile l’esistenza della società umana se essa verrà trasformata in gay e lesbiche? A questa domanda il capitalismo può dare solo una risposta di natura tecnica: inseminazione artificiale, che vuol dire la produzione tecnica di bambini. Nel mondo contemporaneo l’omosessualità è diventata un principio anti-esistenziale. Essa è uno dei modi per distruggere le capacità riproduttive dell’umanità e per creare una società sterile. L’omosessualità appare oggi come fenomeno di quella parte del mondo che va biologicamente decadendo e che distrugge l’essere umano come essere naturale, sociale e storico.

La vera natura dei “diritti degli omosessuali” si può vedere in relazione ai diritti dei bambini. Quale è quella “umanità” che contesta necessità e diritti fondamentali dei bambini? Al posto di preservare la famiglia ed, in questo contesto, di lottare per i diritti dei bambini ad avere ambo i genitori ed il loro amore e la loro cura, si insiste sui “diritti degli omosessuali ad adottare bambini”. Per di più, la comunità di bambini e “genitori” monosessuali sta diventando un modello per la “famiglia del futuro”. In questo modo viene distrutta la dialettica del rapporto erotico tra uomo e donna che è la base dello sviluppo sano della sessualità (personalità) infantile. In fondo, perchè i bambini devono avere genitori? Perchè non vengono istituite delle industrie per la produzione e l’educazione di bambini – come proponeva Platone e come fecero i nazisti? L’adozione non è solo un modo di “risolvere il problema” dei bambini orfani, ma è diventato il principio fondamentale per i matrimoni omosessuali. La soluzione dell’adozione si fonda sulle conseguenze create dal capitalismo come ordinamento inumano par excellance, o più precisamente, sulla privazione delle possibilità per i bambini di soddisfare i loro elementari bisogni umani. L’adozione implica la privazione ai bambini dei loro genitori naturali, cioè privarli del diritto di avere un padre e una madre. Al posto di “padre” e “madre” in Occidente nei documenti personali sempre più spesso c’è scritto “primo e secondo genitore”. Gli uni “producono” ed abbandonano i bambini, gli altri li adottano. L’adozione dei bambini è diventata un’operazione commerciale-monetaria e tecnica. Bambini vengono venduti e comprati come fossero degli oggetti. Per loro c’è il “periodo di garanzia” – come per qualsiasi altra merce. Insieme alla negazione dei diritti dei bambini ad avere propri genitori viene negata la pedagogia umanistica, che vuol dire il sistema pedagogico basato sugli sforzi di valorizzare l’essere naturale nell’uomo mediante la famiglia in quanto comunità naturale evoluta. Allo stesso tempo, deprivare i bambini dell’amore e della considerazione dei genitori è la causa delle più gravi malattie mentali e delle peggiori forme di patologia sociale.

Il diritto fondamentale dei bambini è il diritto al futuro, e questo vuol dire il diritto ad un mondo umano e ad un ambiente di vita sano. La realizzazione dei bisogni dei bambini come esseri umani e naturali è diventata la questione dell’esistenza stessa dell’umanità. Lo sforzo dei raggruppamenti capitalistici più reazionari di ridurre il numero di abitanti sul Pianeta sotto a un miliardo include la sterilizzazione delle persone e lannientamento della “eccedenza”. In questo contesto i bambini non sono più visti come il “più grande tesoro”, bensì come il più grande pericolo per l’esistenza dell’umanità. L’idea del futuro non è percepita partendo dalle potenzialità creative dell’essere umano e dalla visione umanistica del mondo, ma dal “fatto” che le risorse umane sono limitate e che il numero degli abitanti sul Pianeta deve essere conforme a queste. Invece di adoperarsi a sradicare la frenesia consumistica dominante nei paesi più sviluppati dell’Occidente, che è la principale causa del deperimento del Pianeta, sempre più forti sono le pretese di annientare i miliardi in “surplus”, con riferimento prima di tutto ai bambini. Annientando i bambini, il capitalismo annienta la forza vivificatrice dell’umanità e trasforma la società umana in un mondo di Matusalemme fisicamente e mentalmente degenerati.

Nelle relazioni omosessuali il corpo umano perde la sua dimensione erotica originale e viene strumentalizzato in modo innaturale ed inumano. Esso diventa l’oggetto dell’esibizionismo sessuale dove il ruolo più importante lo hanno parti del corpo che non hanno a che fare con l’erotismo originale e tanto meno con la natura vivificatrice dell’essere umano. Non si tratta di una relazione umanizzata e naturale, bensì di una innaturale e quindi disumanizzata relazione nella quale il corpo del “partner” viene ridotto a mezzo per arrivare all’orgasmo. La penetrazione del pene nell’ano è una penosa violenza nei confronti dell’organismo del “partner” e (come anche il “sesso orale”) rappresenta una forma degradante di “rapporto sessuale”. La base psicologica dell’omosessualità non è il bisogno dell’essere umano emancipato per l’amore, ma è la paura della solitudine, del rifiuto sociale, dell’incertezza… Al posto dei rapporti di parità tra i “partners”, domina il rapporto sado-masochistico che è un’espressione diretta della posizione dell’essere umano nel capitalismo quale ordinamento di classe basato sul principio: “Calpesta o sei calpestato”. Il bisogno di dominazione e di soggiogamento diventa la base della dialettica dei “giochi sessuali”. E’ stato “assunto” il modello di rapporti interpersonali su cui si basa il rapporto prevalente tra donna e uomo, dove le donne sono ridotte a oggetto di umiliazione sessuale.

L’aspirazione per la realizzazione dell’uomo come essere umano va molto oltre la dimensione (omo)sessuale dell’uomo. Insistere sull’omosessualità come questione base con la quale determinare l’identità umana diventa il modello della mutilazione del sentimento umano e produce un essere umano “unidimensionale” (Marcuse). Il sentimento umano viene ridotto ad un certo tipo di sessualità. Essere “qualcuno” significa essere gay oppure macho-man. Questo diventa la forma elementare dell’affermazione sociale dell’essere umano mediante la quale vengono rimosse altre forme di affermazione dell’uomo come essere autonomo. In questo modo l’essere umano viene annientato come essere storico, libertario e dotato di idealità. Il “movimento gay” si fonda su una umanità ridotta e su una socialità degenerata. L’essere umano acquisisce la propria individualità umana e sociale mediante la sua sessualità e non mediante il suo status civile, l’appartenenza di classe, l’autocoscienza nazionale, la famiglia, la cultura o le convinzioni politiche e religiose… L’”orgoglio” non è legato alla lotta per la libertà, all’esistenza nazionale e alla giustizia sociale, alla preservazione della natura e del genere umano… bensì a una (omo)sessualità che è di carattere anti-esistenziale. Gli omosessuali non sono orgogliosi perchè sono esseri umani, ma perchè sono “gay” e “lesbiche”. La sessualità non è più una questione personale, ma acquisisce una promozione spettacolare pubblica. Il bisogno di socialità è ridotto ad un esibizionismo sessuale con un banale carattere da circo. La umanità ridotta è oggigiorno di natura sostanzialmente differente da quella del passato. Essa si manifesta in relazione alle sempre più effettive possibilità di distruzione del mondo ed in relazione alle forze creative dell’essere umano che è capace di abolire la società di classe e di creare un nuovo mondo.

“La lotta per i diritti degli omosessuali” indica l’ipocrisia del mondo capitalistico. Perchè la “lotta per i diritti di omosessuali” è priva di una dimensione universalmente-umana e ideale? Perchè coloro che si richiamano all’”umanità” quando si tratta di omosessuali, non lottano contro il mondo inumano e per un mondo umano? “La lotta per i diritti degli omosessuali” non ha un carattere umanistico, ma politico, e contribuisce a preservare il mondo esistente.  Le parate di omosessuali sono la più alta manifestazione della “democrazia”, e il “rispetto dei diritti degli omosessuali” è la più alta affermazione dell’”umanità” dell’ordinamento dominante. Con l’imporre la questione della “realizzazione dei diritti degli omosessuali”, viene rimossa dalla scena pubblica ogni questione che riguarda l’esistenza dell’umanità e la libertà dell’essere umano: la degradazione biologica dei popoli, la depredazione senza riguardo delle classi lavoratrici, la morte per malattie, per fame e sete, la criminalizzazione della società, l’instaurazione dello stato di polizia, l’analfabetismo, la solitudine, l’annientamento di popoli interi da parte dell’Occidente “democratico”, gli esperimenti con il materiale genetico, la produzione di materiale sempre più potente per la distruzione in massa, la contaminazione della popolazione e del terreno, le malattie mentali, la distruzione del suolo e degli organismi viventi mediante le piante geneticamente modificate, le avarìe delle centrali nucleari, i suicidi, le violenze, le prestazioni mediche sempre più costose e le manipolazioni sempre più distruttive con i prodotti farmaceutici, le sempre più grandi differenze sociali e la sempre più profonda la miseria nella quale vivono le classi lavoratrici, i bambini e i pensionati, l’ambiente di vita contaminato sempre di più, il cibo sempre più tossico, il monopolio capitalista sui mass-media…  Allo stesso tempo, “la lotta per i diritti degli omosessuali” semina discordia tra le persone sulla base del loro orientamento sessuale che distrugge quelle forme di socialità (l’integrazione nazionale e di classe) che danno opportunità all’essere umano di sopravvivere e di ottenere la libertà.

La questione della (omo)sessualità può essere compresa in modo umanistico solo nel contesto della realizzazione di una integrale umanità dell’uomo, nella prospettiva della lotta per preservare la vita sulla Terra e per creare un mondo umano. La distanza critica rispetto al capitalismo dal punto di vista di una società umana implica allo stesso tempo anche la distanza critica rispetto all’omosessualità dal punto di vista dell’essere umano come essere evoluto naturale (vivificatore) e sociale. Su questa base gli omosessuali come esseri umani emancipati possono contribuire allo sviluppo di rapporti sociali che offrano la possibilità di superare la unidimensionalità (omo)sessuale. Si deve fare differenza tra quegli omosessuali che sono esseri umani emancipati e quelli la cui concezione del mondo e del futuro si basa sul loro orientamento sessuale. I primi sono in grado di comprendere l’omosessualità come fenomeno sociale nel contesto della lotta per l’esistenza dell’umanità e della creazione di un mondo umano; gli altri sono privi di una coscienza critica e ideale, e sono impantanati senza speranza nel fango capitalistico. L’emancipazione degli omosessuali, come esseri umani, dall’omosessualità è solo una delle forme mediante le quali l’essere umano viene liberato dai bisogni innaturali ed inumani che il capitalismo ha creato nell’uomo. Infatti, l’emancipazione degli omosessuali dalla omosessualità è solo una delle forme mediante cui l’essere umano viene emancipato dal capitalismo.  L’essere umano che è cosciente delle conseguenze disastrose dello sviluppo del capitalismo si deve opporre al demonio che  il capitalismo ha piantato in lui, in modo che egli, insieme ad altri esseri umani, lotterà contro il capitalismo e per un mondo umano. Tutti noi siamo delle vittime del capitalismo. Tutti noi dalla prima infanzia portiamo dentro di noi il germe del male il quale, nel mondo inumano, si sviluppa e distrugge l’umano in noi. Noi siamo tutti inclini alla violenza, alla gelosia, siamo egoisti, “perversi”, distruttivi… E’ solo questione di fino a che punto possiamo controllare e sopprimere il male in noi. L’unico modo per un essere umano di vincere il male piantato in lui è di combattere contro l’ordinamento sociale che crea il male e  sollecita il suo sviluppo. La solitudine è il terreno sul quale si sviluppa nel modo migliore il seme capitalistico del male. Lo sviluppo dei rapporti sociali e la trasformazione della società in una comunità di esseri umani liberi è il modo migliore con cui l’uomo può opporsi al male e sviluppare il proprio sentimento umano. Si tratta, infatti, dello sviluppo di una società emancipata e combattiva. Per questo motivo, iniziative sociali e movimenti operai che portano esseri umani fuori dalla loro tana di solitudine ed offrono loro la possibilità, lottando contro il mondo inumano, di avere delle esperienze di se stessi come esseri sociali, hanno un’importanza enorme. Nella lotta per l’esistenza dell’umanità e per la creazione di un mondo umano verranno alla luce quelle qualità delle persone che le uniscono e le fanno diventare umane.

Invece di adoperarsi per un mondo umano e per una umanità vera, la soluzione della questione dell’omosessualità viene cercata nel capitalismo che produce le forme peggiori di patologia sociale. In una società inumana le questioni umane possono essere “risolte” unicamente in modo inumano. Soltanto in una società umana le questioni umane possono essere risolte in modo umano.

 

Translated from Serbian by Mirjana Jovanović

Italian translation supervisor Andrea Martocchia

 

Nichilismo capitalistico

N

Il capitalismo è un ordinamento nichilistico non solo perchè esclude ogni giudizio valoriale, ma anche perchè distrugge le potenzialità vivificatrici della natura e dell’essere umano. Il nichilismo capitalistico non ha soltanto un carattere anti-umano, ma anche anti-esistenziale. La natura “conosce” la morte, che è la condizione del rinascere, ma non “conosce” la distruzione della vita. Nella natura e nella storia la morte apre alla possibilità di nuova vita: essa è per sua natura vivificatrice. Il capitalismo distrugge il ciclo stesso della morte e della rinascita, cioè le potenzialità vivificatrici della morte, e produce una nullità distruttiva.

Il capitalismo non solo crea uno Stato totalitario, bensì anche una società totalitaria. Infatti, la vita stessa è diventata una forza totalizzante che forma il carattere degli esseri umani e la loro coscienza, i rapporti tra di loro, il rapporto verso la natura… L’essere umano diventa distruttore non solo mediante il suo lavoro e il suo consumismo ma pure nella sfera vitale capitalistica, cioè vivendo la vita alla maniera capitalistica, per 24 ore al giorno e senza risparmiare nessuno. Il capitalismo costringe gli esseri umani a vivere la vita in modo distruttivo e in questo modo essi diventano complici nella distruzione del mondo. Una vita sempre più senza riguardo, che si basa sul sempre più veloce svolgimento del processo della riproduzione capitalistica, permette agli esseri umani di esistere solo se si comportano conformemente ai processi dominanti. Questa è la causa di una delle più dannose forme di patologia sociale: gli esseri umani cercano di privarsi delle elementari caratteristiche umane per poter sopravvivere nella società capitalistica totalitaria. Nel capitalismo l’essere umano non “migliora” mediante lo sviluppo delle proprie potenzialità umane specifiche, cioè come essere storico, ma mediante il modello dominante del vivere che lo priva della naturalezza e dell’umanità. L’origine della tragicità piccolo-borghese sta nel fatto che il piccolo borghese valuta se stesso mediante il vigente modello dominante il quale lo svaluta come essere umano. L’intangibile dominio del principio “I soldi non puzzano” porta al fatto che l’essere umano si espone all’umiliazione peggiore e che commette i peggiori delitti per ottenere soldi e affermazione sociale. Non è più la fuga dalla libertà (Fromm), bensì la fuga dalla responsabilità della distruzione della vita ciò che domina nelle società capitalistiche più sviluppate. Questa è la base del conformismo contemporaneo. Esso non è soltanto di natura anti-libertaria, ma prima di tutto anti-esistenziale. Il piccolo borghese si leva di dosso ogni responsabilità per la distruzione della vita e la riporta a un “Dio”, al Sole, alle stelle, alle profezie bibliche o d’altro tipo, a “forze terrestri misteriose” che si manifestano nella forma di “logge massoniche” e di altri gruppi che agiscono “dall’ombra”. La crisi sempre più drammatica dell’esistenza, invece di spingerlo alla lotta contro il capitalismo, lo induce a fuggire in mondi illusori offertigli dall’industria del divertimento, dalla chiesa, dalle sette, dalla droga, dall’ alcool… Nel contempo, la forma più importante di fuga dalla responsabilità della distruzione del mondo è il consumismo. Lo sviluppo della mentalità da “ubriacatura per l’acquisto”, cioè il totale affogamento dell’essere umano nel pantano capitalistico, è la più rovinosa forma di fuga dalla realtà. Anche qui viene confermato il principio che il capitalismo fonda il profitto sulla distruzione del mondo e dell’essere umano, e che questo ha carattere universale.

Il totalitarismo capitalistico è la forma più malvagia di totalitarismo che la storia conosca. Esso si basa sulla commercializzazione totale della natura e della società. Ogni angolo del Pianeta ed ogni segmento della vita sociale ed individuale sono diventati parte integrante del meccanismo della distruttiva riproduzione capitalistica. Altre forme storicamente date di totalitarismo appaiono relazionarsi o a un’idea di passato, o a una qualche idea trascendentale, oppure a una idea di futuro – e ciò apre la possibilità a una loro critica. Il totalitarismo capitalistico contemporaneo si fonda sul nichilismo distruttivo: esso annichilisce sia l’idea della trascendenza che l’idea di un futuro (o passato) e con ciò ogni possibilità di stabilire una distanza critica dal mondo esistente. All’inizio del suo sviluppo, il capitalismo creava una coscienza visionaria che apriva non soltanto lo spazio per il suo sviluppo, ma anche quello per il suo superamento (More, Campanella, Hobbes, Bacone, Owen, Fourier). Nel diventare un ordinamento totalitario distruttivo, il capitalismo annulla ogni coscienza visionaria e crea una coscienza positivistica totalitaria alla quale conviene l’idea della “fine della storia” e dell’”ultimo uomo” (Fukuyama). “Democrazia” è un altro termine per la fine della storia.

Il capitalismo abolisce la storia trasformando il tempo storico in eventi meccanici, cioè nel nulla positivo. Con il capitalismo comincia il tempo non-storico che è di carattere distruttivo e che rappresenta la distruzione della vita sulla Terra. Il misurare del tempo capitalistico non ha soltanto un carattere anti-storico, ma anche anti-esistenziale. Il “nulla” non è solo una vita insensata (irriflessiva), ma è la estinzione della vita. Il capitalismo è una forza totalizzante distruttiva che produce una nullità totale e cioè una tragicità di carattere fatale e senza speranza. Ciò che nella dimensione vitale ed umana appare come fenomeno reale, nell’orizzonte esistenziale e valoriale capitalistico diventa nulla. Il capitalismo annienta ciò che è umano affinché inumano ed anti-umano ottengano una dimensione spettacolare. In questo processo, non le cose e i fenomeni, ma il processo stesso dell’annientamento assume carattere feticistico. Attenendosi al mito del carattere “rivoluzionario” del capitalismo, Marx non ha capito che il capitalismo non si proietta nel futuro in primo luogo mediante lo sviluppo delle forze produttive e delle potenzialità emancipatrici della società borghese, bensì mediante la distruzione della natura e dell’essere umano, come anche mediante la distruzione dell’eredità emancipatrice della società borghese. Il “progresso” capitalistico elimina ogni possibilità di futuro: essa appare come u-topos [non-luogo, utopia] degenerata in senso capitalistico. Il capitalismo si stabilizzerà finalmente nel momento in cui avrà annientato la vita sul Pianeta e sarà arrivato al livello “zero” della natura inanimata.

Il cataclisma cristiano [l’Apocalisse] significa la fine della vita materiale e l’inizio di quella “vera”. Questo non è possibile in un essere umano privato dell’anima, vale a dire, se in lui è stata distrutta la fede in un mondo “reale”. Il capitalismo rapisce all’essere umano l’anima che è il simbolo della forza vitale dell’essere umano come essere spirituale e rappresenta la possibilità elementare di una sua deificazione. Il cataclisma capitalistico annienta la possibilità del cataclisma cristiano: non c’è peccato né redenzione, non c’è il pentimento né il perdono… Il capitalismo ha trasformato il mondo nel suo spazio pubblicitario, e l’essere umano nel fanatico edonista-distruttivo che non ha bisogno di incitamenti validi che siano al di sopra del mondo esistente. I rapporti umani hanno perso la dimensione spirituale ed etica. Il denaro come un nulla spettacolare è diventato il mezzo per annientare i valori spirituali, ed il principio “I soldi non puzzano” è diventato il principio “religioso” supremo. L’apocalisse contemporanea non si basa sulla coscienza religiosa e non ha un carattere illusorio, ma è una realtà sempre più visibile che si fonda sullo sviluppo del capitalismo come ordinamento totalitario distruttivo.

La distruzione radicale del tessuto sociale, e in questo modo la distruzione dell’essere umano come essere sociale, rappresenta un’altra “qualità” del capitalismo. Il capitalismo degenera l’essere umano in quanto essere naturale (erotico) e sociale poiché fa degenerare i rapporti tra gli esseri umani. Esso annienta il bisogno dell’uomo per l’uomo e crea un uomo patologico, in primo luogo perchè dall’infanzia gli annulla il bisogno degli altri esseri umani e in questo modo la possibilità di sviluppare il sentimento umano. Il capitalismo produce un essere umano solitario, perso nella nullità capitalistica, incline alla fuga dal mondo reale verso quello illusorio. Gli esseri umani diventano le monadi di Leibniz tecnicizzate. Ancora peggio, indurre nell’uomo la paura verso l’uomo rappresenta la base della “socialità” capitalistica. Trasformare l’uomo in nemico dell’uomo rappresenta uno dei peggiori delitti del capitalismo. Con la distruzione dell’essere umano come essere sociale mediante la “fabbricazione” di individui atomizzati, in guerra permanente, il capitalismo acuisce il dissidio tra la certezza dell’esistenza immediata dell’essere umano come individuo e la certezza dell’esistenza dell’umanità. Infatti, la certezza dell’esistenza immediata dell’essere umano come individuo in virtù del meccanismo di riproduzione capitalistico, che lo trasforma in un egoista distruttivo, mette sempre più drammaticamente in questione la capacità dell’umanità di assicurarsi l’esistenza. E questo a maggior ragione in quanto l’atomizzazione degli esseri umani è la peggior forma della loro de-politicizzazione.

Il capitalismo produce forme di “socialità” che degenerano l’essere umano in quanto essere sociale. La “socialità” si riduce alla lotta tra gli esseri umani, alla bugia, all’inganno, al delitto… Nel mondo contemporaneo niente distrugge con più efficacia il bisogno dell’uomo per l’uomo che il contatto dell’uomo con l’uomo. Cessano i rapporti autentici tra gli uomini, nei quali l’essere umano può realizzarsi come un essere libero, erotico, emotivo, spirituale e creativo, e i rapporti tra gli uomini assumono un carattere tecnico e distruttivo così come l’essere umano stesso diventa un essere meccanico e distruttivo. Il capitalismo crea un surrogato della socialità nella forma dei “consumatori”, degli “spettatori”, dei “fans”, “del popolo di facebook”… Lo sport è uno dei mezzi più importanti della degenerazione e della distruzione della socialità umana. Gli sportivi sono ridotti a classe quasi-militare adibita al divertimento e al circo, come equilibristi da salti mortali, e il pubblico è ridotto alla “massa dei tifosi”. Gli spettacoli musicali, le feste della birra ed altre sbevazzate, le discoteche, i supermercati ed i centri commerciali, le zone pedonali nei quartieri commerciali delle città eccetera – sono tutte forme di produzione capitalistica di “socialità” privata di ogni naturalezza e sentimento umano. Essa si riduce a quelle ”masse consumistiche” il cui atteggiamento condiziona il processo della riproduzione capitalistica distruttiva, vale a dire una vita del tutto commercializzata. Il capitalismo trasforma l’essere umano da essere sociale in essere consumistico, e la società da comunità di persone emancipate diviene moltitudine di consumatori. Il mega-store è diventato lo spazio sociale più importante, e i “saldi” di fine stagione con la relativa pazza corsa consumistica  sono le forme più autentiche mediante le quali si manifesta la socialità capitalistica.

Per quanto riguarda l’internet, le possibilità sempre più grandi della “comunicazione” tecnica sono diventate sostitutive delle sempre più esigue occasioni di rapporti umani autentici. Invece di instaurare rapporti immediati tra gli esseri umani, si instaurano “rapporti” mediante un’immagine “abbellita” che corrisponde al modello del “volto di successo” secondo i criteri dei valori dominanti, cioè mediante l’auto-degradazione e l’auto-menomazione dell’essere umano. L’anonimato, la possibilità della immediata interruzione del contatto, la possibilità della “trasformazione” e del “ritocco” – tutto questo si frappone alla “comunicazione”. Sullo schermo del computer non appare la vera immagine dell’essere umano, ma la sua maschera. Per il tramite di internet non si instaurano rapporti tra gli esseri umani, bensì comunicazioni tecniche con le quali gli esseri umani vengono “liberati” dalla esistenza sensibile, erotica, emotiva, ovvero dalla esistenza sociale e dalla mediazione sociale. Sullo schermo appaiono immagini che non si possono percepire con i sensi, toccare, guardare negli occhi… immagini senza odore, senza voce, senza calore… Si ha l’impressione di essere “liberati” da quel mondo in cui l’essere umano non può realizzare la sua umanità e questo in modo da ridurre l’essere umano ad una apparizione tecnica mascherata. Il populismo di internet è la forma meno umana di populismo. Apparentemente, chiunque può mostrarsi in “pubblico” – ma è un “pubblico” virtuale, di esseri umani anonimi che si nascondono dietro lo schermo del computer. Inoltre, la maggior parte dei testi pubblicati in internet sono al di sotto di ogni livello culturale e vengono imposti agli altri mediante una sempre più aggressiva “presentazione tecnica” che corrisponde al meccanismo delle campagne pubblicitarie della “società consumistica”. La cosa peggiore è che i giovani accettano di essere precipitati nel mondo virtuale. Questa è la “risposta” conformistica dell’uomo solitario affondato nel fango della disperazione capitalistica. Accettare il mondo virtuale significa, infatti, accettare il mondo esistente dove non c’è posto per la giovinezza, per l’amore, per il futuro… Si tratta, in definitiva, di togliere ogni possibilità agli esseri umani di unirsi e di operare in quanto esseri politici tesi a sradicare ciò che è male.  L’annientamento dell’essere umano come essere sociale mediante la tecnica ed il modo di vita “consumistico” rappresentano la maniera più efficace per la sua de-politicizzazione. Senza alcun legame immediato e  organizzazione degli oppressi basata su di una qualche visione di un mondo futuro per il quale si debba lottare, uscire sulle strade si riduce allo scaricare la frustrazione, il che non contribuisce all’abbatimento del mondo inumano, bensì produce nuove forme di oppressione e sfruttamento.

 

Translated from Serbian by Mirjana Jovanović

Italian translation supervisor Andrea Martocchia

 

La rivoluzione d’ottobre

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Se si parte dalla concezione che ha Marx della storia, la Rivoluzione d’Ottobre ha una sua legittimità storica? Secondo Marx, non tutte le crisi esistenziali del capitalismo possono essere presupposto storico per una rivoluzione socialista, ma soltanto quelle crisi in cui i rapporti produttivi (di proprietà) sono diventati un freno allo sviluppo delle forze produttive e qualora le contraddizioni del capitalismo siano arrivate al limite. Le condizioni sociali sono necessarie, ma non sufficienti come condizione per una rivoluzione. Soltanto quando si sono create adeguate condizioni storiche, la rivoluzione socialista è possibile. Secondo Marx, un’eventuale rivoluzione socialista nella Russia zarista avrebbe avuto legittimità storica se fosse stata la scintilla in grado di accendere i fuochi delle rivoluzioni socialiste nei più sviluppati paesi capitalisti d’Europa. In altre parole, soltanto sotto l’influenza dell’eredità emancipatrice dei più sviluppati paesi capitalisti, che nella rivoluzione socialista avrebbe avuto la sua piena espressione, la rivoluzione avrebbe potuto assumere il carattere di una rivoluzione socialista nei paesi capitalisti meno sviluppati.

Partendo dal concetto che aveva Marx di rivoluzione socialista, nella Russia zarista del 1917 non esisteva alcuna delle condizioni storiche per una rivoluzione socialista, ma esistevano invece le condizioni storiche per una rivoluzione civile ed anticoloniale e le condizioni sociali per un’insurrezione operaia e contadina. Nella Russia zarista la crisi esistenziale non si è determinata perchè i rapporti di produzione erano diventati un freno allo sviluppo delle forze produttive, bensì soprattutto a causa della guerra. Le contraddizioni del capitalismo invece di svilupparsi fino al massimo nella crisi economica causata dall’arresto della crescita capitalistica delle forze produttive, si sono sviluppate sulla base della generale crisi sociale causata dalla guerra. La guerra, come forma massimamente distruttiva dello sfruttamento dei lavoratori e dei contadini da parte dei capitalisti, ha acuito il conflitto di classe a tal punto che esso si è trasformato in una guerra di classe. L’uccisione di milioni di lavoratori e contadini, le sconfitte al fronte, la povertà e la morte di massa causata dalla fame, hanno creato una crisi tale da provocare una sollevazione dei contadini e dei lavoratori, diretta dai bolscevichi nel senso di cambiamenti rivoluzionari. Nella Russia zarista, dilaniata dai venti della Prima guerra mondiale, non c’erano condizioni storiche, ma esistenziali, e su questa base c’erano le condizioni politiche per una rivoluzione sociale.

Non sono stati i bolscevichi a far crollare l’Impero russo. La Rivoluzione d’Ottobre non è stata la causa bensì la conseguenza del crollo dell’Impero russo, così come la Rivoluzione di Monaco di Baviera non è stata la causa del crollo della monarchia tedesca, ma la sua conseguenza. La sconfitta nella guerra contro il Giappone, come anche la Rivoluzione russa del 1905, che i Romanov hanno soffocato nel sangue, hanno preannunciato il crollo dell’Impero russo che si è verificato durante la Prima guerra mondiale ed anche nella Rivoluzione borghese del febbraio del 1917. I bolscevichi non hanno costruito l’Unione Sovietica sulle fondamenta dell’Impero russo, ma sulle sue rovine.

Dal momento che per Marx il criterio più importante per determinare la legittimità storica di un ordinamento sociale sta nel fatto se esso consenta o meno lo sviluppo delle forze produttive, la Rivoluzione d’Ottobre ha una legittimità storica di prim’ordine. Nella Russia zarista il capitalismo non si è  sviluppo autonomamente. La Russia zarista era una colonia dell’Occidente ed il suo sviluppo economico dipendeva dall’espansione economica dell’Occidente. Il carattere anticoloniale della Rivoluzione d’Ottobre è stato di cruciale importanza poichè ha reso possibile lo sviluppo indipendente dell’URSS  e quindi lo sviluppo dell’istruzione, della scienza, dell’economia, dell’ organizzazione militare e dell’industria … Ha reso possibile che l’Unione Sovietica da arretrato paese agrario divenisse ben presto un paese industriale sviluppato. Basandosi unicamente sulle proprie risorse ed in completo isolamento economico, l’Unione Sovietica 20 anni dopo la Rivoluzione d’Ottobre divenne la prima potenza scientifica e la seconda potenza economica nel mondo. Durante la Seconda guerra mondiale (nonostante la perdita di oltre 25 milioni di persone) è stata la più potente forza militare del mondo, che ha distrutto oltre il 75% del potenziale militare della Germania nazista e ha occupato Berlino.

Diventando il capitalismo un ordinamento totalitario distruttivo, la Rivoluzione d’Ottobre assume una nuova dimensione. Se lo sviluppo storico dell’umanità viene considerato nel contesto esistenziale, e se si tiene conto che lo sviluppo del capitalismo si basa sulla distruzione della natura e dell’intera razza umana, la Rivoluzione d’Ottobre ha una legittimità storica di prim’ordine. La sua qualità principale è che ha abolito il capitalismo e dunque il dominio coloniale sulla Russia da parte delle potenze capitaliste più sviluppate, e ha impedito così che in Russia, come in altri paesi ove sotto la sua influenza si è verificata la rivoluzione operaia, le contraddizioni del capitalismo in quanto ordinamento ecocida e genocida si sviluppassero completamente, vale a dire ha impedito che il capitalismo in Russia distruggesse l’ambiente naturale e le popolazioni che vi vivevano. Se non ci fosse stata la Rivoluzione d’Ottobre e non fosse stata creata l’Unione Sovietica con le sue potenzialità economiche, scientifiche e militari, i popoli slavi (ed asiatici) avrebbero dovuto affrontare nel secolo XX la stessa sorte che è capitata agli indigeni del Nord America nel XIX secolo.  Il “Drang nach Osten” di Hitler è stato solo una continuazione della marcia genocida dell’Occidente capitalista verso l’Oriente, iniziata nella seconda metà del XIX secolo con la Rivoluzione industriale in Germania e poi con la Prima guerra mondiale, e continuata a seguito dello scoppio della Rivoluzione d’Ottobre. Le truppe interventiste d’Occidente non hanno “difeso” l’Impero russo, ma hanno usato la sollevazione dei bolscevichi come scusa per fare i conti  con il potenziale creativo del popolo russo (in questo contesto con la borghesia russa) al fine di impedire alla Russia di diventare una potenza in grado di contrastare l’Occidente nella lotta per il dominio globale. Infine, gli stati interventisti non cercavano di preservare lo stato russo, ma di dividerlo in protettorati, proprio come hanno fatto in Cina, nel mondo arabo, in Africa, Sud America e nei Balcani. Il rapporto dell’Occidente nei confronti della Russia si basava sul principio dominante del capitalismo monopolistico: “Distruggi la concorrenza!”, vale a dire che era di natura ecocida-genocida. Così è pure oggi. L’Occidente sostiene in Russia solo le forze politiche che cercano di trasformare la Russia in una colonia delle più potenti corporazioni capitalistiche dell’Occidente, quelle che mirano a distruggere il potenziale biologico, creativo e libertario del popolo russo.

Per quanto riguarda la sua legittimità umanistica, va detto che la Rivoluzione d’Ottobre ha reso possibile l’istruzione gratuita per tutti, il che ha portato alla eliminazione dell’analfabetismo imperante nella Russia zarista che a quei tempi affliggeva oltre l’80% della popolazione; ha portato l’assistenza sanitaria pubblica gratuita; la piena occupazione; la giornata lavorativa di 8 ore e l’umanizzazione delle condizioni di lavoro; la pari valutazione nelle prestazioni lavorative di uomini e donne (cosa che ancora oggi non esiste nei paesi capitalisti più sviluppati); il diritto di voto ed altri diritti politici per le donne; il diritto all’alloggio gratuito… La cosa più importante è che il lavoro minorile – che nella Russia zarista, come anche nell’Occidente, era sfruttato fino a 14 ore al giorno – fu abolito. Durante l’industrializzazione dell’Inghilterra, degli Stati Uniti, della Francia, della Russia zarista e di altri paesi capitalistici, nelle fabbriche e nelle miniere sono morti di esaurimento fisico, di malattie e di fame decine di milioni di bambini. Per quanto riguarda la legittimità umanistica delle rivoluzioni borghesi, i francesi ancora oggi celebrano la Rivoluzione borghese francese benchè in essa il numero di morti sia stato (percentualmente) molto più alto rispetto alla Rivoluzione d’Ottobre, con più di 36.000 membri di famiglie aristocratiche ghigliottinate in pubblico. E cosa dire riguardo alla Prima Guerra Mondiale, provocata dai capitalisti con lo scopo di “superare” la crisi economica del capitalismo, nella quale furono uccisi oltre 20 milioni di lavoratori e contadini ed altrettanti furono feriti, nella quale morirono di fame e di malattie milioni di bambini, e della quale fu diretta conseguenza la “febbre spagnola” che in Europa provocò la morte di oltre 20 milioni di persone? Non è questo un crimine dei capitalisti? Un’altra caratteristica umanistica della Rivoluzione d’Ottobre è stato il fatto che ha tirato fuori il popolo russo dalla carneficina della Prima guerra mondiale ed ha così impedito lo sterminio di milioni di persone.

Lev Trotzkij, il comandante dell’Armata Rossa, ha pubblicato negli anni trenta del XX secolo il libro “Rivoluzione tradita” dove ha messo in dubbio il carattere socialista dell’Unione Sovietica post-rivoluzionaria per essersi essa allontanata dagli ideali della Rivoluzione d’Ottobre. Trotzkij non mette in dubbio la storicità della Rivoluzione, ma fa i conti con il volontarismo politico dei capi del partito che hanno portato all’alterazione degli ideali e hanno compromesso gli obiettivi della Rivoluzione. La Rivoluzione d’Ottobre ha avuto, secondo Trotzkij, una legittimità storica come rivoluzione socialista poichè è stata una rivoluzione di massa dei lavoratori, mentre nel periodo post-rivoluzionario gli obiettivi della Rivoluzione sarebbero stati distorti dai capi del partito che si sono appropriati del potere conquistato dai lavoratori nella Rivoluzione che è diventato  un potere alienato dai lavoratori. Trotzkij non comprende che la natura della Rivoluzione ha condizionato la natura degli sviluppi post-rivoluzionari. Ciò non significa che non c’erano delle idee politiche alternative, ma solamente che non esistevano delle forze politiche abbastanza potenti da indirizzare il corso degli avvenimenti in un’altra direzione. La rivolta dei lavoratori a Kronštadt (nel febbraio del 1921 NdT) ne è un tipico esempio. Osservando quest’evento attraverso una lente non-storica, certi teorici contrappongono al volontarismo dei capi del partito il romanticismo rivoluzionario e trasformano la classe lavoratrice dell’Unione Sovietica dell’inizio del XX secolo in una forza mitologica che incarnerebbe non solo l’eredità emancipatrice della lotta della classe lavoratrice nei paesi capitalistici più sviluppati dell’Occidente, ma anche gli ideali umanistici portati avanti da Marx come idea-guida per i lavoratori. Da questo punto di vista ideale, gli operai e i contadini essendo in grado di vincere la borghesia (e le forze interventiste d’Occidente) erano anche in grado di creare una società socialista. In realtà, la conquista del potere da parte dei lavoratori è stato soltanto un primo passo verso lo sviluppo della  società socialista che sarebbe dovuta essere  il vero risultato della rivoluzione socialista.

Il “culto del Partito” e il “culto del Leader”, che furono  creati durante la Rivoluzione, erano possibili perchè non c’erano le condizioni storiche per una vera rivoluzione socialista. Esisteva un partito rivoluzionario, ma non la classe operaia rivoluzionaria. La rivolta dei lavoratori e dei contadini è iniziata dal “basso”, ma la rivoluzione è stata mossa dall’”alto”. Il fanatismo del volontarismo rivoluzionario si basava sugli sforzi umani necessari per superare il divario che divideva un’arretrata Russia zarista dall’Occidente industrialmente sviluppato. Lenin sostiene che “Il socialismo è l’elettrificazione più l’industrializzazione”. La realtà dell’arretrata Russia zarista, devastata dalla Prima guerra mondiale e dalla guerra civile, doveva essere “adeguata” a quelle condizioni storiche necessarie per la creazione (e la sopravvivenza) di una società socialista. Il socialismo nell’Unione Sovietica non è nato al punto culminante dello sviluppo del capitalismo o come frutto dello sviluppo storico ed, in questo contesto, di un generale sviluppo sociale, ma è stato piuttosto un “progetto” politicamente ideato che doveva essere realizzato dal Partito. La leadership del Partito ha ottenuto letteralmente  lo status di “ingegneri sociali” il cui compito era di “costruire il socialismo” nell’Unione Sovietica mentre le masse dei lavoratori divennero il mezzo per portare a termine questo compito. Una delle più importanti tesi politiche di Lenin di quel periodo è stata che  “dal capitalismo si deve ricavare tutto quello che rende  possibile lo sviluppo del socialismo”. La natura meccanicistica di questo modo di pensare mostra la non-storica natura dell’”instaurazione del socialismo” nell’Unione Sovietica. Il volontarismo della leadership del partito, strumentalizzato nella forma dell’apparato statale, fu, prima di tutto, condizionato dal fatto che il capitalismo non era stato sradicato nella Rivoluzione. La lotta contro la restaurazione del capitalismo è stata un punto di riferimento strategico per l’ordinamento dominante fino al suo crollo.

L’ordinamento dominante nell’Unione Sovietica ha avuto la sua legittimità storica fin quando è stato in grado di sviluppare le forze produttive. Nel momento in cui la proprietà statale è diventata l’ostacolo principale per lo sviluppo economico, esso è diventato un ingombro. Invece di arrivare ad una rivoluzione socialista “correttiva”, in cui i lavoratori avrebbero sottratto il potere alla burocrazia corrotta e quindi assunto direttamente il controllo della produzione e del processo complessivo di riproduzione sociale, quelli che avevano il potere esecutivo effettuarono il colpo di stato che portò alla restaurazione del capitalismo e trasformò l’Unione Sovietica in una colonia dei più potenti paesi capitalisti dell’Occidente. Quello che non è riuscita a fare nemmeno la Germania nazista è riuscita a fare la “borghesia rossa” incorporata nella corrotta ed alienata leadership del Partito comunista: distruggere l’Unione Sovietica. La proprietà privata ristabilita, invece di far crescere le forze produttive, ha portato ad un diffuso saccheggio ed alla rovina economica, scientifica, ecologica e biologica delle ex-repubbliche dell’ URSS. La distruzione dell’URSS e l’”introduzione” del capitalismo senza una opposizione di  massa  da parte della classe lavoratrice è stata possibile perchè, da una parte, la struttura politica dominante era del tutto alienata dai lavoratori ed aveva un potere inattaccabile, e, dall’altra parte, perchè nell’URSS i lavoratori come astratti “cittadini” avevano perso la loro autenticità  di classe e con ciò la possibilità di influire come forza politica organizzata nella vita del paese. Lo smembramento dell’URSS da parte della “borghesia rossa” è stato, infatti, una fatale sconfitta della classe lavoratrice dell’URSS dalla quale tuttora essa non si è ripresa. La distruzione dell’URSS, insieme alla distruzione della Jugoslavia, sono state la fase finale dell’annientamento delle potenzialità emancipatrici dell’ordinamento socialista e la instaurazione di una dittatura capitalista sui lavoratori.

Nonostante le esigenze sempre più radicali di cambiamento, la crescente crisi esistenziale, creata dal capitalismo, distrugge in modo sempre più drammatico qualsiasi visione umanistica del futuro. Tutti sfoderano una spada, chi per uccidere chi per difendersi. Invece dell’essenza, è l’esistenza che diventa un imperativo incontestabile. Le dominanti corporazioni capitalistiche dell’Occidente hanno portato l’umanità sull’orlo di un abisso, e la lotta per la sopravvivenza si sta conducendo sul bordo di un  baratro. Coloro che sono più deboli cadranno per primi nel vuoto e scompariranno per sempre. Questa è la principale ragione per cui in Russia, nonostante i crimini del regime stalinista, si sta ricreando il “culto di Stalin”. La crisi sempre più profonda dell’Occidente e le sempre più aggressive politiche fondate su di essa, indirizzate ad annientare i miliardi in “surplus” e ad impadronirsi di territori stranieri, hanno fatto sì che in Russia una grande importanza viene attribuita a quei personaggi storici che hanno operato per costruire il suo potere economico, scientifico e militare, e per opporsi all’Occidente. Stalin è un simbolo della vittoria, vale a dire innanzitutto è un simbolo del potenziale esistenziale del popolo russo, e questo è ciò che lo rende popolare. Lo stesso avviene per Lenin. Non solo il carattere sociale (di classe), ma piuttosto la natura anticoloniale della Rivoluzione d’Ottobre e le fondamenta del potere economico, scientifico e militare, che sono posti in essa, sono la base della popolarità di Lenin in Russia e nei paesi che stanno lottando contro l’imperialismo moderno. Quando si glorifica la Russia zarista, si pensa piuttosto alle sue potenzialità costruttive dello stato. In questo contesto un significato di prim’ordine lo ha Pietro il Grande.

 

Translated from Serbian by Mirjana Jovanović

Italian translation supervisor Andrea Martocchia

 

La mente vivificante contro l’irrazionalita’ distruttiva

L

Nel diventare un ordinamento totalitario distruttivo, il capitalismo ha messo in discussione il modo moderno di pensare basato sull’apriorismo esistenziale e sulla corrispondente  idea di progresso. In questo contesto, vengono messi in discussione l’umanesimo che ha un carattere essenziale e la critica del capitalismo che parte da criteri essenziali. Distruggendo in modo sempre più intensivo la vita sulla Terra, il capitalismo ha abolito il relativismo ontologico che si fonda sulla certezza esistenziale. Ciò che veramente esiste, viene determinato dall’annientamento capitalistico della vita che ha carattere totalitario. Niente  è più non-essere, il che significa nullità essenziale, ma una  completa  e definitiva sparizione dell’umanità.

E’ necessario sviluppare un modo di pensare tale che renda possibile capire in maniera esatta la dominante tendenza dello sviluppo globale e che, sulla base dell’eredità umanistica, instauri un vasto movimento sociale che potrà impedire la distruzione del mondo. Dal punto di vista storico la mente ha acquisito l’autocoscienza dalla lotta dell’uomo per la libertà. Considerando che il capitalismo in modo sempre più drammatico minaccia la sopravvivenza del mondo vivente, la mente contemporanea può acquisire l’ autocoscienza dalla lotta del genere umano per la sopravvivenza. La critica al capitalismo basata sul relativismo essenziale deve essere sostituita dalla critica che parte dalle provocazioni esistenziali del capitalismo imposte al genere umano. Al posto della dominante irrazionalità distruttiva, che porta alla totale annichilazione, deve essere affermata una mente vivificante capace di creare un mondo umano.

La pratica vivificante come principio universale e totalizzante deve essere il punto di partenza nella lotta contro il capitalismo. Essa acquisisce un concreto significato storico nei confronti del capitalismo come ordinamento totalitario distruttivo e sulla base delle potenzialità vivificanti della natura e dell’essere umano. Pratica vivificante significa ravvivare le potenzialità vivificanti della materia, della natura vivente, dell’uomo, della storia, della società umana… Il risultato più importante della pratica vivificante deve essere la società come comunità di persone libere e creative, e la natura come totalità elaborata e vivificante. Il capitalismo non dà vita, bensì distrugge le potenzialità vivificanti della materia, della natura vivente, della storia… Esso ha strumentalizzato e degenerato le potenzialità vivificanti dell’essere umano: esse servono per creare un “mondo tecnico” nel quale non c’è posto né per la natura né per l’uomo.

La pratica vivificante umana implica la libertà, il che significa superamento della pura naturalezza mediante un attivo e variato rapporto verso la natura e mediante la creazione di un mondo nuovo. Le specifiche potenzialità vivificanti dell’uomo quale più alta forma nell’evoluzione della natura rappresentano un legame tra la natura e l’uomo e sono la base dell’evoluzione dell’uomo in quanto essere naturale peculiare. Trattasi della trasformazione dell’uomo da puro essere naturale in essere libertario. Mediante una elaborata pratica vivificante, l’essere umano si trasforma da essere generico in un essere vivificante emancipato che non riproduce solo la sua capacità vivificante, come succede nel mondo animale, ma plasma il proprio mondo. In questo senso, si deve fare differenza tra la pratica vivificante come creazione di pura vita e la pratica vivificante come creazione di un mondo umano. In altre parole, si deve fare la differenza tra il principio naturalistico di vitalizzazione e quello storico: l’essenza del principio naturalistico di vitalizzazione è il determinismo; l’essenza del principio storico di vitalizzazione è la libertà.

Le potenzialità vivificanti dell’uomo come essere naturale e umano possono essere realizzate nella natura solo in quanto insieme vivificante.  Il rapporto attivo dell’essere umano verso la natura offre la possibilità di superare la pura naturalezza se ciò implica la preservazione e lo sviluppo delle forze vivificanti della natura. Il principio vivificante è il cordone ombelicale che unisce l’essere umano alla natura trasformandoli in un insieme vivificante. La natura vivente non è mera materia, ma una materia formata mediante il processo vivificante dell’evoluzione, ed in questo senso è una materia specifica, e come tale è la base del mondo umano come universo specifico. Essa è organizzata come un tuttoorganico che sviluppa forme di vita superiori, il che significa che è caratterizzata da un attivismo vivificante. L’essere umano è la più alta forma vivificante nell’evoluzione della materia vivente mediante la quale la natura è diventata auto-consapevole e vivificante insieme. La pratica libertaria e creativa dell’uomo è quel potere che dà alla materia una dimensione storica, il che vuol dire che mediante essa un insensato movimento meccanico diventa un sensato movimento storico. L’ universale e creativo essere dell’uomo, che ha illimitate potenzialità auto-riproduttive rappresenta la base del principio vivificante umano. Ogni atto creativo apre nell’uomo un nuovo spazio creativo e così ad infinitum. Il diventare dell’uomo un essere storico auto-consapevole, vale a dire un essere del futuro, rappresenta il risultato più importante della realizzazione delle potenzialità vivificanti della natura, e la capacità di plasmare il futuro rappresenta la più autentica espressione della forza vivificante della società umana.

Il capitalismo in quanto ordinamento totalitario distruttivo non annichilisce soltanto la storia, ma anche l’evoluzione degli esseri viventi, il che innanzitutto vuol dire l’evoluzione dell’essere umano come forma più sviluppata della vita sulla Terra. Si tratta di una mutazione capitalisticamente condizionata dell’uomo che lo riduce alla sua degenerazione come essere naturale, creativo e sociale. Il capitalismo annienta le potenzialità vivificanti dell’essere umano condizionate dalla natura e dalla storia, lo riduce ad una materia tecnicamente organizzata, e riduce la società umana ad un formicaio meccanico.  In questo modo, vengono degenerate ed annientate le potenzialità vivificanti della materia vivente accumulate nel gene umano nel corso di più di tre miliardi di anni di evoluzione del mondo vivente, come anche le capacità creative dell’essere umano che sono il prodotto dello sviluppo storico e che possono realizzarsi soltanto dentro una società come comunità naturale umanizzata. In essenza, il capitalismo svaluta e abolisce l’uomo come essere umano e naturale. La tesi sempre più diffusa secondo cui “l’umanità tradizionale” sarebbe superata e che debba svilupparsi la razza dei cyborgs indica che l’uomo come essere umano e naturale è diventato un ostacolo per il capitalismo, e come tale inutile.

Il ponte che l’essere umano ha costruito durante la sua esistenza storica, che lo porta verso il futuro, ha già cominciato a crollare. Il meccanismo capitalistico di propaganda cerca di impedire all’essere umano di diventare consapevole di questo processo. Ancora peggio, la vita degenerata in modo capitalistico plasma una coscienza di tipo tale da impedire agli esseri umani di capire la natura del pericolo che sovrasta l’umanità. Il capitalismo impone un modo di pensare che non permette all’uomo di cercare risposte a domande che sono di vitale importanza per la sua sopravvivenza e libertà. Allo stesso tempo, il crollo economico del capitalismo, che direttamente espone a pericolo la vita di un sempre più alto numero di esseri umani, marginalizza domande dalle quali dipende l’esistenza dell’umanità e relativizza la loro drammaticità. Che importanza ha la distruzione di boschi e lo sciogliersi di ghiacciai per un uomo che con la sua famiglia sta morendo in povertà? La cosa più fatale è che la sfida esistenziale imposta dal capitalismo all’umanità sta in totale contraddizione con la natura dell’uomo plasmato dal capitalismo. Costui è un piccolo borghese che non sente alcuna responsabilità per l’esistenza del mondo e per il quale la questione della sopravvivenza dell’umanità si riduce alla questione della sopravvivenza personale. La reazione spontanea del piccolo borghese atomizzato alla sempre più reale possibilità di una distruzione globale non è di prevenire la distruzione del mondo, ma di trovare rifugio per sé stesso. Questo a maggior ragione in quanto la preservazione del ponte rappresenta una sfida che supera di gran lunga forze individuali umane e l’uomo come individuo solitario si sente inerme davanti all’imminente cataclisma. Il compito più importante della mente vivificante è quello di indicare l’importanza esistenziale della socialità e di contribuire in questo modo ad accrescere il bisogno dell’essere umano per il suo prossimo. Senza una emancipata e combattiva socialità l’essere umano è condannato ad una solitaria disperazione che lo porta alla morte.

 

Translated from Serbian by Mirjana Jovanović

Italian translation supervisor Andrea Martocchia

 

“Alienazione” e distruzione

&

Quello di “alienazione” è un concetto di base su cui si fonda la critica di Marx al capitalismo, e “dis-alienazione” è una idea-chiave su cui si basano l’intenzione libertaria della sua critica al capitalismo e la sua visione del futuro. Il divenire del capitalismo un ordinamento totalitario di distruzione ha reso il concetto marxiano  di “alienazione” insufficiente ad offrire la possibilità per la individuazione di un punto di partenza adeguato per una critica del capitalismo. La contemporanea alienazione dell’essere umano non ha soltanto un carattere disumano, ma anche un carattere distruttivo. Essa implica la distruzione della natura come generatrice di vita nel suo complesso, dell’uomo come essere umano e biologico, e dell’eredità emancipatrice delle culture nazionali e della società civile, cioè della mente visionaria e dell’idea di novum. Con l’annientamento della coscienza culturale e libertaria, viene distrutta la possibilità per l’essere umano di diventare consapevole della propria alienazione e di mettere in atto un allontanamento dal capitalismo critico e creatore di cambiamento.

Quando il capitalismo è diventato un ordinamento totalitario di distruzione, non solo la proprietà privata, il lavoro e il mercato, ma anche la vita stessa sono diventate un mezzo per l’alienazione dell’uomo dal suo essere naturale e umano. A differenza delle precedenti classi dominanti, la borghesia tende ad includere  i ceti lavorativi  non solo nella propria sfera di valori, ma anche in quella della sua vita. Il lavoratore non è solo un produttore, ma anche un consumatore di merci e, come tale, un creatore del mercato, e cioè uno strumento per la soluzione della crisi di sovrapproduzione. Le distruttive pratiche consumistiche sono diventate l’aspetto dominante dell’attività vitale dell’essere umano ed il modo principale per intrappolare il lavoratore nell’orbita esistenziale del capitalismo e dei suoi valori. Lo stile di vita capitalistico (la “società dei consumi”) diventa un potere totalizzante che non risparmia nessuno e dal quale nessuno può sfuggire. La commercializzazione della vita è la peggior forma di totalitarismo che sia mai stata sviluppata nel corso della storia umana perché subordina completamente la natura, la società e l’essere umano alla macchina distruttiva della riproduzione capitalistica. La sua essenza è codificata nella massima mostruosa “Il denaro non puzza!” che, allo stesso tempo, esprime l’essenza della barbarie capitalistica ecocida.

In Marx, l’umanità – quindi in primo luogo la libertà e la creatività – rappresenta la più importante qualità dell’essere umano, la qualità verso la quale viene applicato il concetto di “alienazione”. Essa è possibile poiché un uomo, nella sua essenza, è un essere umano: l’uomo può diventare inumano proprio perché è un uomo. Secondo Marx, anche se il sentimento umano può essere soppresso e degenerato, esso non può essere annientato. Malgrado la manipolazione e la repressione, detto con le parole di Goethe: “un uomo buono nel suo impulso indistinto è del tutto consapevole del suo retto cammino”. (Goethe: “… ein guter Mensch in seinem dunklen Drange ist sich des rechten Weges wohl bewusst…”) Il concetto di “alienazione” dell’essere umano si manifesta in relazione alla possibilità di una sua “disalienazione”, il che significa che, nonostante la totalizzazione capitalistica della vita, il capitalismo  non può riuscire a cancellare nell’uomo il sentimento umano, così che  questo, in un opportuno momento storico (una crisi economica del capitalismo), si può manifestare sotto forma di coscienza ed esperienza rivoluzionarie. La “dis-alienazione” rappresenta un principio universale ed implica la liberazione dell’essere umano dal ruolo disumano che il capitalismo gli impone. E ‘di fondamentale importanza che l’idea di Marx di “alienazione” si riferisce al fatto che l’uomo sotto il capitalismo diviene alienato dalla propria umanità in quanto viene alienato dal suo autentico potenziale umano, vale a dire, alienato da ciò che egli come essere creativo universale può diventare. Ogni uomo porta dentro di sé un illimitato potenziale di umanità – questo è il più importante messaggio umanistico di Marx e rappresenta la base della sua visione del futuro. Quanto al capitalista, egli, essendo un capitalista, non può diventare un essere umano a meno che, come uomo, non si emancipi dal capitalismo, innanzitutto assicurando la propria esistenza per mezzo del proprio lavoro. L’eliminazione delle differenze di classe e dei rapporti di classe non significa solo il ripristino del lavoratore quale autentico essere umano, ma anche il ritorno del capitalista al proprio stato di uomo. La rivoluzione socialista, per mezzo della quale ha luogo l’eliminazione la società divisa in classi basata sulla proprietà privata dei mezzi di produzione, priva anche i capitalisti della loro disumanità: i capitalisti non esistono senza il capitalismo. Obiettivo della rivoluzione socialista non è quello di sterminare i capitalisti, ma di porre fine alla società di classe e di creare relazioni sociali tali da rendere per ogni uomo possibile la realizzazione, insieme con gli altri, delle sue autentiche capacità umane.

Alla luce della tendenza prevalente nello  sviluppo del capitalismo, invece del concetto marxiano  di “alienazione”, l’idea di distruzione dovrebbe diventare il punto di partenza nella critica del capitalismo. Quest’idea offre l’opportunità di percepire la più significativa e, per l’umanità e il mondo vivente, la più rovinosa potenzialità del capitalismo. Il concetto di distruzione non si limita a definire lo status dell’uomo sotto il capitalismo e il suo rapporto con la natura intesa come oggetto di lavoro e come “corpo inorganico” (Marx) dell’uomo, ma descrive anche la relazione del capitalismo verso il mondo vivente, vale a dire verso la natura come un tutto ecologico e, in tale contesto, verso l’uomo come essere biologico e umano. Il capitalismo non solo aliena il mondo naturale dall’essere umano ma, distruggendola, trasforma la natura in nemico mortale dell’uomo. Non è l’alienazione, ma la distruttività del lavoro che è dominante nel capitalismo; non è la manipolazione ma l’obliterazione della natura, non la soppressione della natura erotica dell’essere umano e il deterioramento dei suoi sensi, ma la degenerazione umana e biologica (genetica) dell’essere umano; non solo il far apparire l’uomo insano di mente ma lo svuotamento della sua mente … Nel diventare sempre più un ordinamento totalitario di distruzione, il capitalismo annulla ogni possibilità di conflitto tra l’umano e l’inumano distruggendo l’umano ed eliminando così la possibilità di alienazione: quanto meno l’uomo rimane uomo, tanto minore è la possibilità di una sua alienazione da sé stesso in quanto essere umano.

Lo sviluppo del capitalismo come ordinamento totalitario di distruzione pone la domanda: può il capitalismo degenerare l’uomo così da eliminare tutte lesue caratteristiche umane?  Considerata la follia distruttiva prevalentemente nei paesi capitalisti più sviluppati, non è irragionevole concludere che il capitalismo ha superato i limiti antropologici immaginati da Marx con il suo concetto di “alienazione”: che sarebbe riuscito solamente a degenerare l’essere umano a tal punto che i suoi “bisogni” distruttivi si sarebbero trasformati nel potere che lo motiva e dà senso alla sua vita. Non si tratta solo dell’alienazione dell’uomo dalla sua essenza umana, ma della sua degenerazione in quanto essere umano e biologico. Il capitalismo non solo disumanizza l’uomo, ma altresì lo snatura, lo priva delle caratteristiche proprie degli esseri viventi. Il capitalismo costringe l’uomo non solo ad agire come una parte meccanica del processo di lavoro industriale, distorcendolo così fisiologicamente, come sostiene Marx, ma lo deforma anche geneticamente e lo mutila in quanto essere vivente. Si tratta di una mutazione capitalisticamente prodotta dell’uomo da essere naturale e culturale a meccanismo lavorativo-distruttivo (consumistico). La “reificazione” dell’uomo da parte del mercato capitalistico è stata anche seguita dalla sua trasformazione da lavoratore e consumatore, a complice nella distruzione del mondo. La distruzione è diventata un autentico bisogno dell’essere umano capitalisticamente degenerato.

La vita basata sul totalitarismo capitalista distruttivo è diventata la causa della degenerazione fisica e mentale tra le persone. La “società dei consumi” costringe l’essere umano ad adattarsi all’ordinamento dominante attraverso la distruttiva attività consumistica, che “risolve” la crisi di sovrapproduzione con una sempre più intensiva distruzione di merci (dinamica di distruzione), liberando così nuovi spazi nel mercato. Ciò condiziona nella maniera più immediata lo stile di vita, la mentalità e l’orizzonte di valori del (piccolo) borghese contemporaneo. La differenza tra il capitalismo “classico” e quello contemporaneo sta nel fatto che il capitalismo contemporaneo sfigura e degenera le persone non solo riducendo ogni necessità umana alla “necessità di possedere” (Marx), ma anche alla necessità di distruggere. “Possedere” implica il possesso permanente e l’utilizzo del patrimonio. La durabilità, che un tempo rappresentava la più alta qualità delle merci, in una “società dei consumi” diventa il più grande ostacolo alla rinnovata richiesta del mercato e alla crescita del capitale. I beni (le merci) non sono più un feticcio, come sostiene Marx, ma è la distruzione, in sé, che è divenuta il feticcio. Il capitalismo trasforma l’energia creatrice di vita (erotica) dell’essere umano in una macchina per la distruzione. In questo modo si distrugge l’ autentica socialità e si crea la socialità distruttiva. Distruggere la più grande quantità di merci nel più breve tempo è diventato l’obiettivo finale per il fanatico capitalista contemporaneo. Durante le vendite di Capodanno 2011, in un centro commerciale a Londra è apparso lo slogan: “Acquisto, dunque esisto”. Questa grottesca parafrasi della massima di Cartesio, cogito ergo sum, indica in modo inequivocabile il carattere della degenerazione capitalistica contemporanea dell’uomo. Il risultato finale e più rovinoso dello sviluppo della “società dei consumi” è la distruzione dell’essere umano quale essere razionale e la trasformazione della comunità umana in una folla di fanatici distruttori capitalisti.

Marx sottolinea che il capitalismo sviluppa bisogni umani universali, e nei Manoscritti economico-filosofici egli sostiene che il capitalismo riduce tutto il bisogno umano al bisogno di possedere: “La proprietà privata ci ha reso così ottusi e unidimensionali che un oggetto diventa nostro solo quando noi lo possediamo, cioè solo quando esiste come un bene per noi o quando è posseduto direttamente, mangiato, bevuto, portato, abitato, ecc, da noi, in una parola, usato. Ma la proprietà privata stessa vede queste realizzazioni dirette di possesso semplicemente come mezzi per vivere, ma la vita per la quale dovrebbero essere strumentali è una vita di proprietà privata, lavoro e capitalizzazione” (…)”Tutte le sensazioni fisiche e spirituali o sentimenti sono sostituite dall’alienazione di tutti quei sentimenti in sentimento di possesso. L’essere umano doveva essere ridotto a questa povertà assoluta al fine di generare una ricchezza interiore all’interno di sé stesso …” Che cosa è questa “ricchezza interiore” che l’essere umano “estrae da sé” quando il capitalismo lo riduce alla “povertà assoluta”? Questo gioco di parole, basato sull’ottimismo libertario  per cui l’umanità diventa un’astrazione, nasconde la verità che il capitalismo può degenerare l’essere umano a tal punto che egli perde la sua umanità, una qualità senza la quale egli non avrà bisogno di giustizia e di libertà e, perciò, non lotterà per un mondo giusto e libero. Marx, tuttavia, avrebbe potuto sviluppare la sua critica fino alle estreme conseguenze, disponendo i problemi in modo tale da concludere che il capitalismo degenera completamente l’essere umano, e quindi elimina qualsiasi possibilità di dis-alienazione, perfino la possibilità stessa che l’essere umano possa creare un nuovo mondo. In questo modo, il limite antropologico sarebbe stato superato e quindi la disposizione a lottare contro il capitalismo sarebbe senza senso. Secondo Marx, malgrado il fatto che l’uomo è alienato da sé stesso, nel profondo del suo essere la fiamma dell’ umanità continua a bruciare e divamperà e pervaderà il mondo intero con la sua brillantezza ed il suo calore incoraggiato dalla lotta comune contro il capitalismo e per un mondo umano. Indiscutibilmente la visione del futuro dovrebbe essere basata sulla fede nell’essere umano, ma anche sulla  consapevolezza che il capitalismo è in grado di distruggere il sentimento umano nell’uomo.

Marx sostiene che l’essere umano sotto il capitalismo è alienato da sé stesso ed è sottoposto a reificazione, che il lavoro lo degenera, eccetera, ma al tempo stesso sostiene che il capitale produce una “universalità”, i cui limiti sono nella stessa natura del capitale. Marx afferma: “L’universalità, verso cui il capitale irresistibilmente tende, trova nella sua stessa natura quei limiti che, a un certo livello del suo sviluppo, si tradurranno nella consapevolezza che esso stesso è il limite maggiore di questa tendenza e sarà, pertanto, costretto alla auto-eliminazione.” Marx non riesce a notare il reale carattere della universalità capitalistica e non distingue l’universalità nel senso tecnico dalla universalità nel senso umanistico. La varietà di forme tecniche di rielaborazione della natura non implica, di per sé, lo sviluppo di capacità creative universali dell’essere umano né alcuna apertura dello spazio di libertà. Il capitalismo non sviluppa bisogni universali dell’uomo, ma forme universali di manipolazione dell’uomo, che sono di carattere essenzialmente disumanizzante e s-naturalizzante. Esso annienta gli autentici bisogni dell’essere umano e la stessa possibilità di avere bisogni propri, e gli impone dei “bisogni” e un modo in cui vanno soddisfatti in maniera tale da degenerare l’essere umano sia biologicamente che mentalmente. Il capitalismo plasma l’essere umano a propria immagine – trasforma l’uomo in un essere distruttivo, e trasforma le sue potenziali capacità creative universali in poteri distruttivi universali. Marx parla dell’”universalità verso cui il capitale tende irresistibilmente”, tuttavia, questo non riguarda lo sviluppo di autentiche esigenze e capacità umane, ma, in fondo, riguarda lo sviluppo di standard consumistici che degradano la qualità della vita e quindi degenerano l’uomo in quanto essere universale creatore di vita. Il capitalismo produce falsi bisogni, repressivi e distruttivi, e trasforma l’uomo in un produttore disumanizzato e in un consumatore distruttivo. Quanto più l’uomo è povero di spirito e quanto più inadeguate sono le relazioni interpersonali, tanto più grande è il suo bisogno di distruggere sia le cose sia tutto ciò che è naturale ed umano. Vi è il rischio concreto che il capitalismo degeneri l’uomo a tal punto che egli non sarà – né vorrà essere – in condizione di opporsi alla distruzione della vita.

Il capitalismo non soltanto priva l’uomo della sua patria storica, ma anche della sua patria naturale. Esso esaurisce la natura come sorgente di materie prime e di risorse energetiche in modo tale da snaturarla, e quindi s-naturalizza e dis-umanizza l’essere umano. Nella stragrande maggioranza dei paesi più sviluppati si vive e si lavora in spazi che sono diventati gabbie tecnologiche ed in città che si sono trasformate in campi di concentramento capitalistici. Al loro interno la degenerazione capitalistica della natura, della vita e dell’uomo ha raggiunto il suo apice: l’uomo è “illuminato” dalla luce artificiale, respira aria inquinata, beve acqua inquinata, mangia cibo tossico, vive una vita che corrode il suo legame con la natura ed il suo essere naturale… Allo stesso tempo, l’annientamento della natura come “corpo inorganico” dell’uomo (Marx) implica una distruzione del corpo quale insieme creatore di vita, dei sensi, del sistema nervoso, del ritmo naturale di lavoro dell’organismo, della sua capacità riproduttiva, del potenziale creativo del corpo…  Il capitalismo crea un mondo pervertito ed un uomo che corrisponde a questo mondo, e che in quanto essere pervertito, non è in grado di discernere ciò che è bene da ciò che è male, quello di cui ha bisogno da quello di cui non ha bisogno…  Il piccolo borghese capitalista è una Alice nel “paese delle meraviglie” capitalisticamente degenerata che non percepisce più le meraviglie in quanto tali perché ha perso la sua capacità di ragionare e con essa la capacità di meravigliarsi. La macchina propagandistica dominante e lo stile di vita capitalistico inducono l’essere umano a percepire il mondo in maniera errata; a sperimentare il mondo in modo erroneo; a pensare in maniera erronea e, di conseguenza, a comportarsi in modo erroneo-distruttivo. Tutto diventa qualcosa di diverso da quello che realmente è e che, in una prospettiva umanistica, potrebbe essere. Le persone che lottano per la libertà diventano “terroristi” e coloro che terrorizzano il mondo intero diventano “salvatori del genere umano”; una insipida Coca Cola diventa “La Cosa Vera!”; farmaci che uccidono le persone diventano “fonti di salute”; è “normale” che le persone siano preoccupate che la loro squadra vinca la partita di calcio, ma non siano preoccupate per la sopravvivenza del genere umano e del mondo vivente… Al tempo stesso, il capitalismo crea mondi virtuali nella mente delle persone. Dalla prima infanzia le persone si identificano con i personaggi degli schermi della TV e dei computer e percepiscono quelle vite falsate e subdolamente imposte come se fossero le proprie. L’essere umano vive nel mondo reale solo attraverso il proprio corpo fisico, e perfino questo corpo è degenerato dal capitalismo.

Il capitalismo non solo non sviluppa bisogni e capacità universali ed umani, ma produce meccanismi per la liquidazione generalizzata di quei bisogni che definiscono l’uomo in quanto tale. Il prodotto più significativo della macchina pubblicitaria capitalistica non è convincere la gente a comprare ciò che è pubblicizzato, ma è la distruzione della loro capacità di ragionare e la loro trasformazione in una folla di consumatori idiotizzata. Una delle principali caratteristiche del piccolo borghese capitalisticamente degenerato è che lui non guarda il mondo con i propri occhi e non pensa con il proprio cervello. Privare l’essere umano della capacità di ragionare non è soltanto di importanza economica, ma anche di notevole importanza politica. Ciò permette all’oligarchia capitalistica di imporre al popolo, attraverso le tecniche della pubblicità, non solo programmi politici ed economici che sono antitetici ai suoi interessi umani, ma anche uno stile di vita che porta alla distruzione dei fondamenti naturali e sociali della sua sopravvivenza. Allo stesso tempo, lo stesso stile di vita consumistico è diventato una forma capitalisticamente degenerata di realizzazione dell’uomo come essere politico. Vivere in modo consumistico la vita è il modo più significativo in cui l’essere umano esprime la sua fedeltà al capitalismo. Ponendo una elementare, ragionevole domanda: “Perché dovrei comprare una cosa che non mi serve?” – l’uomo dimostra che, nonostante tutto, egli continua ad esistere come essere umano autonomo e così scredita il capitalismo come ordinamento distruttivo totalitario.

Vi è un rischio sempre più reale che il capitalismo possa pervertire l’essere umano a tal punto che egli non sarà più in grado di comprendere il mondo e relazionarsi ad esso come un autentico essere umano naturale. Contribuiscono a questo anche il processo sempre più intensivo di impoverimento e la tecnicizzazione del linguaggio che ha degenerato il processo del pensiero e limitato la possibilità di qualsivoglia espressione dell’umano nonché di qualsiasi sviluppo delle relazioni interpersonali. Le persone non sono in grado di distinguere l’apparente dall’essenziale, il falso dal vero, il fondamentale dal marginale, la causa dal fattore scatenante, il passato dalla storia, l’alterità dal novum, l’uguaglianza dall’uniformità, l’intelligenza dalla ragione, il logico-formale dalla dialettica, il progresso dal progressismo, il virtuale dal vero, il reale dall’illusorio, il giusto dal legale, l’utopico dall’utopistico… Allo stesso tempo, il retaggio culturale del genere umano diventa inaccessibile ad un numero sempre maggiore di persone, perché non sono in grado di capirlo e apprezzarlo. Il fatto è che le menti delle persone non sono rimpicciolite, ma piuttosto capitalisticamente degenerate. Questo vale soprattutto per la “intelligenza tecnica” [intellighenzia nel testo originale, ndT] che è la portatrice del “progresso” capitalistico. Infine, si tratta della distorsione della mente delle persone e della loro trasformazione in distruttivi idioti capitalistici.

Nella cosiddetta “società post-industriale”, grazie allo sviluppo della scienza e della tecnica, sono state in gran parte superate quelle forme indebite di lavoro fisico che costringevano l’uomo ad eseguire una attività fisica eccessivamente estenuante e degenerante. Allo stesso tempo, i processi che degradano l’uomo come essere umano e biologico sono stati intensificati, soprattutto con l’avvento dello stile di vita consumistico. L’annientamento del “genere umano tradizionale” è in corso e prevede l’eliminazione di preoccupazioni umane come l’amore, la solidarietà, la simpatia, l’estetica, l’impegno, la saggezza, l’affetto e la cura da parte dei genitori, la storicità, l’essere liberi, l’ autentica socialità… Un prodotto immediato della “società dei consumi” è l’ “uomo-consumatore”, contenuto all’interno del “corpo – consumatore”. Il capitalismo distrugge il corpo umano e lo trasforma in una macchina distruttiva provocando ipertrofia di quelle funzioni corporali che forniscono opportunità per lo sviluppo di processi di consumo ed atrofia di quelle funzioni dell’organismo che non possono essere rese profittevoli. Il capitalismo è diventato un ordinamento distruttivo unidimensionale e, come tale, produce un uomo distruttivo “unidimensionale” (Marcuse). Al tempo stesso, il capitalismo degenera le persone a livello mentale. Decine di milioni di cittadini in Occidente soffrono di depressione, ansia e altre patologie mentali, che sono diventate causa della maggior parte delle forme più gravi di patologia sociale. Lo sport è un settore in cui la distruzione capitalistica dell’umano e del naturale ha raggiunto una dimensione totalitaria e spettacolare. L’individuo che non è disposto ad eliminare il suo “avversario”, insieme al proprio corpo, non ha nulla da cercare nello sport. Lo sport produce gladiatori robotizzati, cascatori ed acrobati circensi, i quali, essendo attori nello show-business dello sport, hanno il compito di privare le persone della loro consapevolezza di sé culturale e libertaria, e di trasformarli in zombie capitalisti. Lo spettacolo sportivo è lo spot commerciale di un mondo capitalisticamente degenerato.

Il capitalismo priva l’essere umano di umanità e naturalità al fine di trasformarlo in un “consumatore ideale” che, senza obiezioni, consumerà quantità sempre più grandi di merci tossiche prodotte dalla macchina capitalistica della morte. In tale contesto la contrapposizione tra il desiderio e la volontà viene eliminata attraverso l’annullamento degli autentici bisogni dell’essere umano e della sua capacità di prendere le proprie decisioni e, quindi, della sua volontà di agire in conformità con le sue reali esigenze e desideri. Il capitalismo trasforma l’essere umano in un consumatore-distruttore, sviluppando i suoi bisogni “normali” fino al livello dell’autodistruzione e generando “nuovi bisogni” al fine della mera espansione del mercato (campi di distruzione). Queste esigenze vengono soddisfatte in modo così tecnico da provocare nell’essere umano la percezione sempre più crescente di sé stesso come essere robotizzato piuttosto che naturale e umano. L’intensità dell’impulso a soddisfare queste esigenze è determinata dalle esigenze del capitale e, in fondo, dalla dinamica della sua valorizzazione ed accumulazione. Il capitalismo annulla la possibilità dell’essere umano di soddisfare i suoi bisogni naturali e umani in modo umano, e sviluppa in lui bisogni artificiali di tipo commerciale che sono, in realtà, presentati come compensazione per l’impossibilità di realizzare i suoi bisogni reali come essere sociale creativo. In tale contesto, il capitalismo non solo produce un eccesso di prodotti con valore d’uso, ma crea sempre maggiori quantità di merci senza alcun valore d’uso. Generare la necessità di ciò che è inutile è il più importante compito del settore pubblicitario. Allo stesso tempo, è necessario creare un interesse per l’effimero, che può essere espresso in forma spettacolare, diventando semplicemente un pacchetto pubblicitario volto a far apparire l’effimero indispensabile, in modo che questioni che sono effettivamente significative per il futuro dell’uomo possano essere marginalizzate e, quindi, eliminate dalla sfera pubblica (politica).

La trasformazione di esigenze distruttive in energia propulsiva per la creazione di mercato e, quindi, per lo sviluppo capitalistico, rappresenta la base per la creazione di un modello normativo da applicare all’essere umano. Tutto viene valutato sulla base di una scala di valori creata dal macchinario propagandistico della “società dei consumi”. Qualunque cosa comprometta lo sviluppo del capitalismo viene eliminata dall’attenzione del pubblico e viene posta in una posizione marginale e distorta, mentre il modello capitalistico di “cittadino esemplare” diventa criterio determinante per il “socialmente accettabile”. Chiunque provi a relazionarsi con il mondo in modo ragionevole, guidato dai suoi autentici bisogni naturali e umani, è disprezzato come “lunatico”. L’immagine dell’ “uomo sano”, in quanto creato dal macchinario propagandistico capitalista, non è quella di un uomo che non ha bisogno di servizi di assistenza medica né medicine, ma è quella di un uomo che consuma una quantità crescente di prodotti farmaceutici sempre più costosi ed è costantemente in cura dai medici. Lo stesso vale per la bellezza. Il concetto di “bello” non è associato a ciò che è genuinamente naturale o spirituale, ma a prodotti e trattamenti medici sempre più costosi. Le donne che non usano i (sempre più tossici) prodotti per il loro corpo e viso e non scelgono di sottoporsi ad interventi chirurgici (che sempre più spesso hanno un esito fatale) diventano incarnazioni di “bruttezza”.

E’ in atto la distorsione degli esseri umani attraverso uno stile di vita consumistico ed un ambiente snaturato. Non è solamente la rovina della salute del lavoratore, di cui scrive Marx, ma una distorsione genetica dell’essere umano. Il capitalismo non solo allontana l’uomo dalla propria esistenza naturale e umana, ma distrugge anche l’uomo in quanto essere naturale e umano. Non è solo “soppressione” di autentici bisogni umani, ma una mutazione dell’uomo indotta capitalisticamente. Il capitalismo produce “bisogni” che hanno un carattere distruttivo e sono “soddisfatti” in modo distruttivo. Trasformare la necessità di vita in esigenza di distruzione è la forma finale della degenerazione capitalistica dell’essere umano. Il capitalismo trasforma l’aggressività vitale intrinseca dell’uomo come essere vivente in necessità di distruzione e consente in tal modo lo sviluppo del potenziale distruttivo del capitalismo. I bisogni di distruzione diventano energia propulsiva per lo sviluppo del capitalismo. Il “bisogno” di distruggere le cose, il “bisogno” di torturare il proprio corpo e di rovinarlo attraverso un regime devastante di allenamento e di doping, il “bisogno” di far soffrire il proprio “partner” per avere un orgasmo; il “bisogno” di abusare di bambini e di indifesi, il “bisogno” di distruggere la natura e tutto ciò che è vivo; il “bisogno” di mangiare eccessivamente e compulsivamente, di bere, di usare narcotici… – queste sono tutte forme distruttive di alienazione dell’essere umano da sé stesso in quanto essere caratterizzato dalla libertà, creativo, erotico, affettivo e sociale. Allo stesso tempo, questi sono i meccanismi compensativi con cui l’essere umano tenta disperatamente di “risolvere” il problema della solitudine, della paura esistenziale, della depressione, della disperazione … – e così facendo può solo esacerbare le cause della miseria umana. Essere un conformista oggi significa adattarsi al capitalismo come ordinamento distruttivo e diventare così un essere distruttivo.

L’oppressione dei deboli è tra le modalità più disumane con cui gli schiavi del capitalismo identificano sé stessi in quanto complici di un ordinamento dominante basato sulla repressione strumentale alla liquidazione di individui. Le immagini di violenza viste in TV ed in Internet tutti i giorni, in cui la violenza è presentata in un modo tecnico-fantastico e spettacolare, contribuiscono a questo. Soppressione, abusi, umiliazioni, torture, omicidi, distruzione… queste sono le scene che si accumulano nel subconscio dalla prima infanzia dell’essere umano e che condizionano inevitabilmente le sue relazioni con gli altri. Allo stesso tempo, le persone sono, fin da bambini, prive d’amore e di rispetto, il che causa la formazione di una personalità patologica e lo sviluppo di un carattere sado-masochistico.

I bambini sono le prime vittime del capitalismo. Il più importante obiettivo strategico dei clan capitalistici dominanti in Occidente è l’eliminazione di miliardi di persone “superflue”. I bambini sono i primi obiettivi. Questa è la prevalente tendenza del capitalismo contemporaneo: uccidere i bambini. Ucciderli in ogni modo possibile: per fame, per disidratazione, con virus, bombe, vaccini, armi, lavoro estenuante, radiazioni, pugnali, bisturi… Più di trentamila bambini muoiono nel mondo ogni giorno. Inoltre la “sovrappopolazione” (cioè: “la proliferazione globale dei poveri”) è presentata come “la causa fondamentale del declino globale”. Perciò i bambini dovono essere uccisi nel più grande numero possibile – spietatamente. Il bombardamento americano di Corea, Vietnam, Iraq, Bosnia Erzegovina, Serbia, Libia, Afghanistan… – utilizzando le tossine, bombe a frammentazione e missili pieni di uranio impoverito – aveva come obiettivo non solo di uccidere milioni di persone, ma anche di contaminare l’ambiente e, quindi, causare la mortalità di massa tra i bambini/neonati e la distruzione genetica della popolazione in generale.

Nei paesi più sviluppati dell’Occidente, la pedofilia ha raggiunto il livello di un’epidemia. Ogni anno milioni di ragazze e ragazzi sono vittime di abusi sessuali. Negli Stati Uniti una ragazza su quattro e un ragazzo su sei vengono violentati, e più di 100.000 ragazze all’anno vengono rapite e costrette a prostituirsi nei bordelli per pedofili (Der Spiegel, 26/6/2012). Perché l’amministrazione americana non elimina questo male che ogni giorno, negli USA, costringe centinaia di migliaia di ragazzine ad essere violentate e ridotte in schiavitù sessuale in speciali bordelli per i bambini? A cosa servono i 3200 agenti dei servizi segreti e milioni di poliziotti, guardie di sicurezza private e soldati, decine di milioni di telecamere, un sistema totalitario di intercettazioni telefoniche e sorveglianza di e-mail – se i cittadini non possono essere protetti e le bande criminali eliminate? Allo stesso tempo, la violenza sessuale nei confronti di bambini con disabilità fisiche e mentali (bambini con menomazioni della vista o dell’udito, e bambini con difficoltà di sviluppo) e orfani ha raggiunto proporzioni orrende. In questi casi, “alti funzionari” della Chiesa cattolica sono i colpevoli principali. Nel febbraio 2012, Der Spiegel ha pubblicato un articolo nel quale si descrive un processo svoltosi a Braunschweig (Germania) a carico di un sacerdote cattolico che ha confessato di aver commesso 223 stupri (!) e 57 altre forme di violenza sessuale nei confronti di bambini, tra il 2004 e il 2011. Dalla seconda Guerra Mondiale fino ad oggi, rappresentanti del clero cristiano in Europa occidentale e negli Stati Uniti hanno violentato centinaia di migliaia di bambini disabili affidati alle loro cure. Migliaia di mostri in abiti canonici non solo sono rimasti impuniti, ma stanno ancora eseguendo i “loro doveri pastorali” in tutta Europa e negli Stati Uniti, continuando ad abusare del loro “gregge”. Che ogni anno decine di migliaia di bambini vengono uccisi da bande appositamente addestrate al fine di “fare il raccolto” dei loro organi vitali per la rivendita sul mercato nero attraverso cliniche rinomate in Occidente, dove medici-mostri li trapianteranno in quei pazienti che possono permettersi di pagare le operazioni, è un fatto che descrive il carattere reale del “mondo libero”. Il rapimento di bambini da parte della Chiesa cattolica (oltre 300.000 casi solo in Spagna), la uccisione di bambini non ancora nati e la rivendita dei loro resti alle aziende farmaceutiche americane ed europee che li trasformano in “creme superfini per la cura della pelle” (Corea del Sud, Albania…); lo sfruttamento spietato di decine di milioni di bambini in tutto il mondo da parte delle aziende americane ed europee; l’abuso mostruoso dei bambini nello sport… – questi sono tutti “dettagli” che indicano la vera natura della “democrazia” occidentale.

La contemporanea “volontà di potenza” (Nietzsche) è diventata la volontà di potere assoluto sui popoli e sulla natura ed è l’espressione della completa privazione dell’uomo di umanità e naturalità. Non si tratta solo della volontà di soggiogare, ma anche della volontà di distruggere le persone ed il mondo vivente. Essa si basa sulla natura del capitalismo in quanto ordinamento totalitario di distruzione e viene strumentalizzata con il potere distruttivo della tecnologia. L’uomo capitalisticamente degenerato fantastica di essere sulla cima della piramide del potere totalitario e distruttivo. Il capitalismo impone la distruzione come modello predominante di comportamento e, in tal modo, plasma la natura (auto)distruttiva dell’uomo e la sua distruttiva “socievolezza”. Il provare “gioia” in eventi sportivi, in cui persone rovinate fisicamente e mentalmente lottano per la vittoria e per i record, rischiando la distruzione dei loro rivali e causando danni irreparabili al proprio corpo, implica la presenza di spettatori similmente sfigurati come esseri umani. Al tempo stesso, l’uomo sperimenta la “libertà” esprimendo brutalmente una non-libertà e distruggendo in tal modo sé stesso in quanto essere libero e sociale. Un esempio tipico è fare il “tifo” negli stadi sportivi. L’essere umano come “fan” è stato trasformato in un membro idiotizzato della “calca” dei tifosi. “Tutto è permesso” non è un’espressione che afferma la libertà dell’uomo, ma un riconoscimento della totale irrilevanza della condizione umana e dell’odierno sprofondare nelle peggiori forme di barbarie.

 

Translated from Serbian by Mirjana Jovanović

Italian translation supervisor Andrea Martocchia

 

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